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FICHTE il primo filosofo che si annovera tra gli idealisti, ed, infatti, lui per primo (seguito poi

i da Schelling e da Hegel) riprender la teoria kantiana criticandola per quanto riguarda la cosa in s (ding an sich), il noumeno, questa misteriosa essenza in conoscibile dallio penso, in quanto finito, che diventa sostanzialmente il principio materiale della natura e del mondo, di cui noi siamo in grado di percepire esclusivamente le manifestazioni apparenti, i cui legami per sono posti dallio penso (principio formale del conoscere) in relazione alle 12 categorie dellintelletto. Fichte, afferma dunque che Kant nella sua filosofia (come gi era evidente dalle nostre critiche) rimasto, pur essendo una grandissimo innovatore, coinvolto nel dualismo presupposto, ammettendo ancora lesistenza di questo ulteriore piano di realt che la cosa in s. Il principale merito dellidealista quello, dunque, di negare lesistenza della cosa in s, dando vita ad una nuova visione dellio: lio puro, lassoluto, che diviene dunque sia principio formale che materiale della conoscenza, che non solo consce la realt, ma la pone, la crea. Venendo meno la cosa in s questo io puro assume una dimensione infinita e possiede una infinita attivit, spontaneit e libert. Quella che dunque in kant era la deduzione trascendentale delle categorie dellintelletto, per Fichte diventa deduzione assoluta dellio puro, ovvero il porre come origine della stessa natura lassoluto, che poi deve conoscere la stessa sua creazione, attraverso una dialettica triadica infinita tra Io e non-Io, tra assoluto e natura, vista come continuo ed infinito superamento dei propri limiti (il non-io) da parte dellassoluto. Questo primo principio che Fichte ricerca e configura con lIo puro, lAssoluto, deve essere incondizionato, ovvero libero da ogni legame con qualsiasi altra cosa, e allo stesso tempo non pu essere dimostrato o giustificato, ma semplicemente evidente e consapevole di s immediatamente e si trova come fondamento di tutto; in questo modo cerca di creare una filosofia che no sia pi amore del sapere quale il suo significato fin dalla Grecia, ma vero e proprio sapere. Non ha nulla a che fare con lindividuo, e non agisce, ma lo stesso atto dellazione. Le leggi dellio sono allo stesso tempo poste, come tutto, dallo stesso io che le crea nella sua libera spontaneit, e lIo stesso non dimostrabile o deducibile, ma viene colto immediatamente. Prendiamo allora il principio pi evidente di tutti cio quello di identit A = A, intendendo con A un fenomeno o un oggetto empirico; a questo punto eliminiamo passo passo tutte le caratteristiche empiriche e i cosiddetti accidenti per arrivare a ci che assolutamente non pu essere ridotto ulteriormente. Dunque la proposizione mi dice che A A, ma in nessun modo mi lascia intendere che A sia, cio esista, possiamo in modo equivalente dire che se A , allora A , che non cambia assolutamente nulla dal punto di vista dellesistenza di A rispetto a prima. Ci sorge dunque il dubbio su cosa ci possa univocamente dire se A esiste o meno, e la risoluzione ci data dal sostituire lA con lIo, che, principio primo pone se stesso e pone in s A. essendo A posto nellIo risulta allora esistente. Quindi una cosa esiste solamente in relazione allio, in quanto lio stesso coscienza di s, ovvero autocoscienza che si pone; se non fosse vera lequazione Io = Io ( con = che ottiene il significato di porre), allora non si potrebbe nemmeno dire che A A, non avrebbe senso, non possederebbe alcun fondamento: lio non pu affermare nulla se non afferma per prima la propria esistenza, cio se non si autocomprende, se non si pone da s. Questo Io di cui si parla diventa dunque secondo il primo principio una attivit autocreatrice infinita che pone s e pone ( secondo principio) la natura. Questa affermazione fondamentale come superamento del dualismo presupposto, cio come pensiero che (coincidendo con lessere) lo pone. Pone questo altro da s, questo non-io, che non significa nulla, pur essendo lIo il tutto, lAssoluto, ma semplicemente ci che lio pone in s stesso come sua propria limitazione (antitesi). Abbiamo dunque lio che pone se stesso (tesi) e lio che pone laltro da s in s (antitesi). Questo non-io il limite che allinfinito lio deve superare in un divenire perpetuo, infinito; la forza dellAssoluto che lo porta a porre questo non-io chiamata immaginazione produttrice, quella che per Kant darebbe origine agli schemi di spazio e tempo. Che senso avrebbe infatti lesistenza di un Assoluto, di un tutto completamente statico e fermo, lio non esiste se non come agire in s e per s come abbiamo detto ma deve essere atto nel superare qualcosa, il non-io appunto. Fichte trasforma la limitazione che quindi Kant aveva attribuito allio penso (lesperienza fenomenica su cui si devono applicare le categorie dellintelletto in quanto

trascendentali e non trascendenti), in limitazione che lio puro stesso crea e che pone in s, ce quindi non posta dallesterno. Questo assoluto quindi assume le sembianze di un divino che non per in alcun modo trascendente, cio al di fuori di spazio e tempo, ma un Assoluto calato nel divenire, un assoluto che dialetticamente diviene nel continuo superamento del non io che egli stesso si pone come limite. In realt lio puro di Fichte posizionato nel tempo, mentre siamo noi che agiamo nello spazio, e questo divino in noi immanente. La dottrina fichtiana una sorta di teologia immanentista che per si manifesta nella storia e non nello spazio, la storia come infinito divenire dellio. Abbiamo una sorta di volont del cosiddetto risarcimento danni nei confronti del pensiero che prima (da Bacone a Kant) non aveva la capacit di pensare lessere e quindi di comprenderlo; qui troviamo una sorta di riconoscimento della superiorit del pensiero rispetto allessere ribaltando quindi il rapporto del dualismo presupposto e trasformandolo nella proposizione il pensiero pone lessere, lo crea pensandolo, c anche un capovolgimento nei confronti della filosofia della coincidenza di essere e pensiero, che voleva lessere apparire al pensiero; troviamo come il ribaltamento di questo rapporto crei una nuova visione dellessere subordinato al pensiero che lo fonda, diventandone quindi il cespite ontologico. Dunque lio acquista consistenza e validit con laltro da s, come per Kant lio penso doveva essere applicato allesperienza per poter avere un significato; la differenza , come abbiamo visto, che Fichte afferma che lIo pone in s stesso il non-Io con cui si confronta e grazie a cui acquista spessore e senso esistenziale. Visto che lassoluto attivit pura contraddittorio il fatto che non divenga, e quindi deve porre qualcosa su cui agire che quindi limiti lIo e ne consenta una infinita dialettica. Gi qua comprendiamo quale sia il pi grande errore di Fichte, ovvero il considerare sia lIo che il non-io infiniti, questo perch lio non potr mai finire di superare i propri limiti, perch raggiungerebbe uno stato di staticit di mancata attivit venendo meno al suo carattere di azione perpetua, di dialettica continua. Ma non possibile che esistano due infiniti (non possibile che lio ponga il non-io nellio in modo assoluto), perch equivarrebbe a dire che Io e no-Io sono la stessa cosa, coincidenti; questo non-io pare dunque avere una caratteristica di realt extramentale, ancora qualche influenza di tipo dogmatico. Infine la sintesi la stessa situazione del mondo, cio vediamo come lio risulta limitato dal non-io, esattamente come il non-io lo dallio: si configura la situazione della realt di tutti i giorni che vuole lopposizione tra un io che non lio assoluto ed infinito ma bens lio finito, lindividuo, lessere umano, che si contrappone alla realt, al non-io, o meglio alle manifestazione del non-io. Quindi il terzo principio pu essere interpretato come lIo che oppone nellIo Puro ad un io divisibile (e cio molteplice e finito) un non-io divisibile (molteplice e finito). In sostanza vediamo che nella realt la dialettica non direttamente tra Io Puro e Non-Io, ma tra i vari molteplici Io finiti e i loro corrispondenti limiti, i non-io finiti, attraverso un superamento continuo di questi limiti che contribuiscono al divenire dellIo stesso. Tornando alla posizione del Non-Io Fichte la interpreta come dovere, come imperativo categorico per cui il non-io posto perch dovere dellio lessere attivo, lessere diveniente e il completarsi allinfinito nel comprendere questo non io, che inconsciamente pone, come parte di s. Ma dunque cos che ci permette di scegliere tra una filosofia cosiddetta dogmatica ed il suo opposto, lidealismo? Ci che per il filosofo idealista ci permette questa scelta la nostra stessa personalit, il nostro carattere, praticamente la nostra forma mentis, e consiste nel saper dire se giusto sacrificare lautonomia dellio nei confronti delle cose (dogmatismo) o quella delle cose nei confronti dellio (idealismo). La sua prima affermazione (che poi negher lui stesso cadendo in un errore non indifferente) riguardante lincapacit della ragione, della razionalit di farci operare la scelta, quindi apparentemente i due percorsi filosofici paiono teoreticamente congruenti tanto che non si possa in alcun modo venire a capo di questo dubbio dellopzione. Ci dice dunque che lunico modo attraverso cui possiamo decidere larbitrio, ovvero la libera scelta, che chiaramente sar diretta da una preferenza nelluna piuttosto che nellaltra direzione e questa scelta data, dice, dallinclinazione e dallinteresse. Gi da questo punto evidente limpronta etica che prender poi il suo idealismo, dicendo fin da ora che ci che ci permette di decidere su quale possa essere la migliore alternativa la nostra morale cio il cosiddetto interesse per noi stessi. il nostro grado

di libert e di autonomia di autodirezione e non di eterodirezione, la nostra capacit di non ritrovare la nostra personalit esclusivamente nella rappresentazione delle cose; il nostro grado di indipendenza, di mancata eccessiva tenerezza per i fenomeni e per la scienza che ci permette di scegliere lidealismo piuttosto che il dogmatismo. evidente lattualit delle affermazioni fichtiane a questo proposito che si configurano con la societ consumistica odierna della standardizzazione e degli status symbol, gli oggetti da cui per nulla al mondo ci potremmo separare. Interessante linterpretazione delle cose che riflettono la personalit di questi uomini, o meglio gli uomini che si realizzano solo negli oggetti che sono anche rappresentativi del loro io e se ne venissero privati ne sarebbe profondamente mutato e addirittura annichilito il loro io. Dunque questi non possono fare a meno delle cose sensibili, e quindi non faranno altro che rimanere vincolati allesperienza (evidente la critica molto dura a Kant che effettivamente viene piuttosto ridimensionato), perch la loro personalit si formata proprio in relazione esclusivamente al mondo esteriore. Al contrario coloro che si sono formati da se stessi, ovvero senza essere vincolati al mondo esteriore, che quindi consapevole della propria autonomia da esso, non necessita di questa tenerezza nei confronti dei fenomeni, anzi, i fenomeni risultano vincolanti la medesima autonomia, e portano quindi lindividuo a scegliere lidealismo. Leternonomo si vede realizzato nella propria soggettivit, solo in relazione agli oggetti ( sbagliato che questi diventino surrogati dellanima), mentre la persona libera si realizza nel rapporto con laltro, con il suo non-io, che non visto come semplicemente il fenomeno ma bens come laltro da s, un altro individuo grazie a cui, con il reciproco riconoscimento della propria realt ed esistenza nel comportamento morale, si partecipa del divenire dellAssoluto; in questi termini evidente labbandono della teoria robinsonista (da Robinson Crusoe; lidea che lindividuo non si realizzi nel rapporto con laltro, bens nella vita solitaria immerso nella natura), che gi in Fichte ha un grande oppositore e che sar completata dalla dialettica schiavo padrone di Hegel, nella Fenomenologia dello Spirito. Quindi fondamentale fin da qua la moralit delluomo, che sar base dellintero idealismo fichtiano. Solo una personalit libera (libera dal punto di vista faustiano, romantico) in grado secondo il filosofo di scegliere lidealismo, e in questa decisione il pensiero non prende parte; questa ultima affermazione evidentemente povera di contenuto, ma viene poi ripresa nel paragrafo successivo (fotocopia p. 7 5), in cui si parla della superiorit anche dal punto di vista teoretico dellidealismo, il quale partendo dal pensiero spiega lessere, contrapposto invece al dogmatismo che partendo dallessere non in grado di spiegare il pensiero. Se partiamo dal pensiero, dallintelligenza, dallAssoluto, possiamo evidentemente dire che questo esiste per se stesso, visto che lui stesso a porsi; ci che lintelligenza lo per se stessa. Ma se invece partiamo dalla cosa, senza considerare lesistenza dellio non possiamo in alcun modo dire che essa esiste per qualcosa che ha in s, ma bisogna per forza pensare unintelligenza in funzione della quale la cosa suddetta esista. Quindi se partiamo dallintelligenza siamo in grado di spiegare in funzione di che cosa le cose esistano, mentre se partiamo dalle cose dobbiamo per forza ricorrere allespediente dogmatico di inventarci una intelligenza. La critica al kantismo, come abbiamo gi visto, imperniata sulla cosa in s, sul noumeno di cui Kant non ha potuto fare a meno, e questo errore dato dal suo errato punto di partenza, e cio il non partire dal soggetto (che lo avrebbe portato alla spiegazione di tutto senza ricadere nel dualismo presupposto), ma dal tentativo di giustificare la legittimit della scienza e la necessit delle leggi fisiche che lo hanno portato ad individuare le categorie, traendole semplicemente da ci di cui lui aveva bisogno, ovvero delle leggi che potessero riassumere i rapporti tra i fenomeni, i legami allinterno del materiale grezzo delle impressioni sensibili, che in realt erano limitate alla sola scientificit. Gli viene criticata laffermazione di leggi dellintelligenza, escludendone per lestrazione dallintelligenza stessa, riducendosi quindi alla limitazione per quanto riguarda i fenomeni e alla conseguente delegittimazione della metafisica; la critica sta proprio qua: come si pu essere certi che effettivamente le leggi (le 12 categorie kantiane) siano proprie del soggetto, se noi ci limitiamo a constatare quali di queste ci interessano, partendo proprio da queste e non dal medesimo soggetto? La seconda critica mossa a Kant infine la sua

frammentazione troppo netta, la sua destrutturazione del soggetto tra le tre critiche che individuano ognuna una specie di differente lato dellio, quello teoretico, quello pratico e quello estetico. Il compito delluomo, come quello dellAssoluto di cui luomo parte, il superamento dei limiti contribuendo in questo modo al divenire dellIo puro, ma siccome i limiti sono ci che ci separano dagli altri, agire per superare i limiti significa anche agire per il bene comune e per il rendere lintera umanit un tuttuno nellAssoluto, che si configura quindi come divenire storico dellumanit intera. Lattivit dellio riconoscere il non io come parte di s, quindi lIo autocoscienza. Il continuo superamento di questo non-io diventa per un dovere morale dellindividuo, delluomo, dellio finito, che deve agire nel superamento dei propri limiti, nel superamento del non-io, per poter partecipare alla storia, che vista come abbiamo gi detto come linfinito processo di miglioramento dellAssoluto. Quindi lio esiste ed agisce per il rispetto della propria natura di divenire infinito, e questo non-io posto perch deve essere posto, necessario perch lio divenga, e dunque lesistenza dellio (teoretica) subordinata alla sua azione (pratica), si pu quindi riassumere la filosofia fichtiana dicendo che lio pratico, lio che agisce, superiore ed fondamento dellio teoretico, cio che conosce; se lio smettesse di divenire non esisterebbe pi, ed quindi necessario che continui ad agire nel superamento del non-io che per DOVERE pone in se stesso. Dunque anche luomo che lio finito della sintesi deve agire per esistere, deve agire nel miglioramento di s e quindi nel miglioramento dello stesso Assoluto, rimanendo allinterno del mondo che quindi esistente unicamente per rendere possibile lazione delluomo il cui fine ultimo ricongiungersi con questo assoluto nellazione morale. Dunque linfinit dellio puro in realt data dalla moralit pura, dallideale etico cui sempre noi, insieme allassoluto, tendiamo. Ecco per quale motivo si definisce lidealismo di Fichte come esigenziale o etico. La libert delluomo come gi si poteva notare dalla introduzione circa la scelta tra idealismo e dogmatismo data dalla certezza morale che acquista quindi un valore teoretico, ovvero la conoscenza esiste solo in funzione dellazione morale. Infine necessario dire come si debba agire, cio come e attraverso quali mezzi luomo debba compiere la sua azione morale: questa si configura come azione secondo una massima che sia universalizzabile, cio che possa valere anche per tutti gli altri,c he possa aiutare anche gli altri alla liberazione dai propri limiti, e risulta quindi evidente che lazione non pu essere compiuta da un io solo, ma bens dalla relazione tra gli uomini che renda cio possibile il raggiungimento per entrambi di una libert maggiore; c la necessit della presenza di un tu che si contrapponga allio, unaltra persona con cui relazionarsi, diventando liberi nel rapporto di reciproca liberazione dai propri limiti, quindi evidente che il perfezionamento delluomo pu avvenire solo in societ, nella comunit di persone e non deve essere una liberazione dai limiti imposta dallalto ma un progressivo miglioramento consapevole, lautoritarismo, anche se usato in modo positivo nel tentativo di migliorare le condizioni delle persone cui ci si impone, non pu essere considerato lazione di una persona in grado di agire liberamente; il miglioramento, il superamento dei limiti non deve essere imposto dallalto perch totalmente inutile, ma comunicato attraverso esempi; il tentativo risulterebbe chiaramente vano ed inutile perch solo con il proprio lavoro e con la propria fatica che si pu essere in grado di rendersi pi liberi. La missione delluomo, in quanto umanit e non in quanto semplice singolo, linfinito auto-perfezionamento, quindi lunificazione la missione delluomo nella societ, ovvero la comunicazione e la comprensione tra tutti i membri, la perfetta comunione che si realizza solo con un pari grado di libert per tutti, grado di libert che infinitamente da ricercare, per non ricadere nella staticit della semplice contemplazione di noi stessi. Il singolo mortale, certo, ma la sua morale, la sua massima (che deve valere per s e non per qualcosa al di fuori di s che lo influenzi) ad essere infinita ed immortale in un perenne avvicinamento con lassoluto. Libero colui che abbia come proprio fine la liberazione di tutti coloro che lo circondano rendendo pi unito il genere umano. Lumanit vista come un specie di trascrizione del regno dei fini kantiano, in cui lopera di tutti rimane immortale nel tempo e aiuta coloro che verranno a partire da un grado di libert pi alto, dunque una sorta di paese armonico, una dimensione in cui lazione di ognuno si uniforma innalzandola allazione dellaltro in modo da raggiungere in un tempo infinitamente lontano una

libert sempre pi grande. Dunque se io agisco in modo moralmente retto, la mia azione continuer allinfinito ad esistere in tutte quelle persone che grazie a me potranno permettersi di iniziare ad agire da un punto pi alto, cosicch insieme alla mai opera anche io esister allinfinito, anche quando la mia esistenza fisica cesser, ecco come luomo in questo modo diventa immortale in modo affascinante nella sua opera che non potendo finire rende lesistenza stessa dellindividuo infinita: anche se il mio corpo fisico cesser di esistere la mia volont esister allinfinito, ecco levidente romanticismo di Fichte che riceve evidente influenza dalla tematica del sublime di Kant e dalla metafora della canna di Pascal, nonch dallesaltazione romantica, werteriana, delluomo. Ed ecco infine la funzione del dotto, ovvero luomo colto, il cui compito leducazione del genere umano, conducendo gli uomini a comprendere quali siano i loro bisogni e quindi i loro limiti, aiutandoli in questo modo a riconoscerli e a superarli; il dotto ha una sorta di privilegio, possiede la capacit d vedere nel futuro, portando luomo sulla retta via, insegnando al genere umano il fine ultimo della propria esistenza (la coesistenza pacifica di tutte le nazioni sulla Terra) in modo da rendere loro pi facile il raggiungimento del fine e soprattutto rendendo nulli i momenti di inerzia, di staticit o addirittura di retrocessione verso un grado minore di libert, stimolando dunque luomo ed educando in questo modo lumanit intera. SCHELLING Anche Schelling ci propone, come Fichte, il partire dallAssoluto, per poter negare la cosa in s kantiana, senza cio ricadere nello stesso errore del dualismo presupposto, e per questo lo troviamo daccordo con la filosofia fichtiana inizialmente, attribuendo infatti a Fichte di essere stato in grado di riprendere la corrispondenza di essere e pensiero come reale. Per di scosta dallinterpretazione di Fichte affermando che il filosofo ha assolutizzato il soggetto, ha dato al pensiero una maggiore dignit rispetto a quella che ha dato allessere e per questo ricaduto nellerrore che abbiamo evidenziato, ovvero la impossibilit dellinfinit, dellassolutezza sia dellIo che del Non-Io, che risultano quindi sia differenti (perch lIo assoluto che pone il non-io in s), sia coincidenti (perch il non-io essendo infinito andrebbe a configurarsi come stesso io, non essendo possibili due infiniti differenti contemporaneamente); critica dunque lesagerata importanza che Fichte assegna alla dialettica, al divenire come infinito processo di opposizione, affermando al contrario che per lui essere e pensiero non solo corrispondono, ma sono esattamente la stessa cosa e quindi non esiste alcuna dialettica tra luno e laltro, sono esattamente coincidenti e come risulta evidente la sua filosofia sar di impronta chiaramente spinoziana, ovvero di tipo sostanziale, con un sostrato immutabile che la natura a cui il pensiero immanente. Per Schelling lantidoto allipertrofia del soggetto fichtiano lidentit di io e non-io, ma come abbiamo detto rischioso il ricadere in una metafisica di tipo panteistico e adialettico, puramente statico, come era configurata la filosofia di Spinoza, da cui Schelling effettivamente affascinato. Vuole creare un sistema metafisico in cui per non si ricada nellerrore ipertrofico n dal punto di vista del soggetto (Fichte) n dal punto di vista delloggetto (Spinoza), configurando un Assoluto non riducibile esclusivamente n alluno n allaltro. Schelling si dimostra molto pi tenero nei confronti della natura, non vedendola come il puro nulla di Fichte teatro dellagire umano, ma (nel tentativo di salvare larte strettamente collegata alla natura) la configura come vita anchessa, quindi con un ampio valore. Quindi lAssoluto schellinghiano non n soggetto n oggetto, ma identit, indifferenza (appiattimento come criticher Hegel) di essere e pensiero, di soggetto e oggetto, di spirito e natura. In conseguenza deriva da questa affermazione due possibili direzioni della filosofia, quella della natura e quella dello spirito, cio la filosofia naturale e quella trascendentale i cui compiti sono ben distinti e mirano a dimostrare, luna che la natura spirito visibile, e laltra che lo spirito natura invisibile. La dialettica della natura, che esiste essendo la natura spirito visibile come vedremo, costituita non sul divenire degli opposti, ma sul contrapporsi di misteriose forze. La Natura Spirito non consapevole di s, identit di conscio ed inconscio in cui per assume maggiore valore linconscio; mentre lo Spirito conscio e partendo dallo Spirito stesso non possiamo ricondurci alla natura se non attraverso larte che diventa dunque per luomo mezzo attraverso cui possiamo

conoscere la realt della natura, larte come succedaneo della scienza nel cogliere la natura. La sua filosofia si discosta dal razionalismo, o dogmatismo, che intende spiegare la natura con leggi di tipo meccanicistico, senza, per essere poi in grado di spiegare la propria stessa intelligenza attraverso cui in grado di comprendere le stesse leggi, e contemporaneamente anche dalla filosofia della trascendenza tipica della metafisica classica, rivolgendosi verso unimpostazione dorganicismo finalistico e immantentistico (ogni parte ha senso solo in relazione al tutto ed alle altre parti, e luniverso non meccanicistico ma possiede una finalit, che non deriva da un intervento esterno ma immanente la natura). Cinvita dunque a cogliere nella natura i legami armoniosi tra gli esseri viventi e tutto ci che parte della natura (cos come gi Kant aveva affermato nella critica del giudizio) dunque la natura un tutto le cui parti sono organizzate dallo Spirito immanente la Natura in unarmonia che luomo coglie solo attraverso larte. La vita delluomo per Schelling segue tre principali stadi, quello TEORETICO, quello PRATICO e quello ESTETICO, che si susseguono proprio come evoluzione delluomo stesso, come tre fasi nelle quali luomo gradualmente sempre pi consapevole dellarmonia e dellidentit di essere e pensiero, di spirito e natura, che culmina con larte attraverso cui in grado di comprendere questincredibile armonia. Luomo assume la funzione di osservatore, la totalit dellassoluto si configura come un immenso ciclope di cui luomo locchio. La natura umana ricalca i grandi passi dellevoluzione della Natura stessa nella sua progressiva comprensione della propria natura spirituale diventando conscia della propria natura solo con larte. La Natura vista come preistoria e come odissea dello spirito, un quindi quel processo di progressiva materializzazione della materia e lemergere proporzionale dello spirito che trova il culmine di s nella propria pi alta creazione: luomo che ricalca le epoche naturali. Il rapporto tra natura e spirito allinterno dellassoluto dunque questo: la natura spirito inconscio allinterno dellAssoluto ed regolata da unintelligenza ordinatrice, lo Spirito. La Natura trova la propria realizzazione nella figura del genio, lartista che esempio della capacit produttrice della stessa natura. Ora lartista ha la grande facolt di produrre il bello, mentre la maggior parte degli uomini non in grado, sebbene abbia la fondamentale capacit di fruirne, luomo cio in grado di cogliere la bellezza naturale ed artificiale nellarmonia della parti, e il processo si configura come interiorizzazione ed in parte riproduzione interna dellopera bella. Prendendo in analisi le tre epoche delluomo, che ricalcano quelle della natura, si pu notare che, sia nel periodo della conoscenza (teoretico), sia in quello dellattivit morale (pratica) non si in grado di cogliere larmonia dellidentit di essere e pensiero, di natura e spirito, di soggetto ed oggetto, solo nella fase estetica che luomo in grado di cogliere la fusione di essere e pensiero lidentit di natura e spirito, e questa arte, questa grande capacit umana si configura come la stessa filosofia, Dio stesso la capacit massima di rappresentazione artistica, un poeta ed un artista. Il divenire della natura poi e quindi i fenomeni che sono la loro rappresentazione sono sostanzialmente gli errori che la natura compie nel tentativo di comprendere se stessa e di raggiungere la consapevolezza di essere Spirito invisibile, inconscio, cosa che si realizza con luomo, la pi alta creazione della natura, il quale nella comprensione della natura attraverso larte coglie la profonda indifferenza di essere e pensiero: attraverso larte si diviene consapevoli di qualcosa di inconscio. Lerrore sostanziale per di Schelling quello di aver inteso Essere e Pensiero non come uniti, ma come identici, eliminando in questo modo qualunque possibilit di dialettica tra luno e laltro, rendendo la natura statica: aveva criticato Fichte per aver assolutizzato il divenire, ma lui stesso sbaglia nel ridurre la natura a staticit per cui poi per spiegare i fenomeni costretto ad introdurre il magnetismo, il chimismo e lelettricit, come misteriose forze; il suo errore la sostanzializzazione dellopposizione tra spirito e natura in una unit statica che crea dunque una dimensione priva di divenire, cio priva di spiritualit.

HEGEL La filosofia hegeliana improntata secondo due fondamentali principi che si uniscono alle cinque fondamentali tesi della sua intera filosofia che sono lANTIINDIVIDUALISMO ed il rigoroso IMMANENTISMO, che pervadono lintera sua filosofia e si configurano nella sua visione della storia come divenire dellassoluto allinterno di una dialettica di tipo triadico. La filosofia hegeliana si definisce idealismo logico, come ontologia dellAssoluto come Idea, e si configura come una sorta di storicismo panlogistico. I CAPISALDI DEL SISTEMA LA FILOSOFIA COME SAPERE CONCETTUALE La critica principale su cui si argomenta questa tesi hegeliana quella rivolta al romanticismo, unita a quella che Fichte e Schelling rivolgevano al razionalismo illuministico, e quindi afferma che il suo obiettivo, che definir limpronta logica del suo idealismo, quello di conciliare il sapere filosofico con quello scientifico, in modo da trasformare definitivamente la filosofia in vero sapere e non solo amore per il sapere come definito dalla interpretazione classica. Prende dunque le distanze sia dallintellettualismo illuminista sia dal romanticismo, affermando che il primo astratto, cio svincolato dalla sua realt, ab+tractum, cio tolto, separato dal proprio contesto e quindi privo di realt. Critica alla filosofia romantica poi di essere vincolata eccessivamente al sentimento e non al CONCETTO (cio il pensare), lAssoluto non viene concepito ma sentito, non viene conosciuto teoreticamente ma solo esteticamente. La verit che si ricerca la verit di tipo filosofico e il suo valore logico dato dalla scientificit. Afferma che nel suo periodo, o meglio quello appena precedente (il romanticismo), il concetto (cio lamore per il pensiero) diventato fuori moda, e dobbiamo quindi recuperare questo particolare, ribadendo quindi limportanza della logica. Lo troviamo daccordo con i romantici nella critica allilluminismo, che ha fallito (massima espressione n Kant) nella legittimazione della metafisica come sapere, riducendola ad una semplice necessit; ma allo stesso tempo lo troviamo opposto al romanticismo per aver delegittimato il pensiero esaltando il sentimento, e li accusa di aver stemperato nel sentimento stesso ogni tipo di conflitto dialettico. Quando parla di rappresentazione si riferisce a quella del romanticismo e si pu comodamente riscrivere come corrente romantica o ancora pi efficacemente mantenendosi vicini al pensiero hegeliano, come moda, vera e propria tendenza comune; il romanticismo definito dunque come una corrente presuntuosa e desiderosa di notoriet, visto che pretendono di spiegare la realt con spiegazioni molto povere ed oltretutto pretendono che la loro spiegazione sia esaustiva e valevole per tutti essendo loro depositari della verit. Infine parla di Schelling criticandolo duramente per quanto riguarda la sua filosofia dellappiattimento di essere e pensiero in un unico Assoluto, affermando che ha avvolto nella nebbia la terrena variet della sua determinata esistenza e del pensiero; Schelling criticato in primo luogo per non aver compreso che la filosofia un sapere di tipo concettuale avendola invece fondata sullintuizione estetica ed in secondo luogo per aver ridotto alla staticit, alla stagnazione la dialettica necessaria per lesistenza (la filosofia di Schelling detta da Hegel del colpo di pistola, che pretende cio di cogliere con unintuizione immediata lindifferenza degli opposti). LASSOLUTO COME MEDIAZIONE E SVOLGIMENTO La critica riguardante questa categoria interpretativa principalmente rivolta ancora una volta ai romantici e a Schelling che non sono stati in grado di comprendere quanto la dialettica sia fondamentale per lesistenza, per la realt. In particolar modo fondamentale il momento dialettico del negativo, questo potere del dolore, della sofferenza, del travaglio, che permettono leffettivo elevarsi verso lalto della tesi, cos come vedremo pi chiaramente a riguardo della dialettica. Lerrore dei romantici quello di stemperare il dolore ed il travaglio del momento dialettico negativo nel sentimento, ed in questo modo, privando la realt (lAssoluto, la storia)

della sua dialettica lhanno fatta precipitare in una dimensione puramente estetizzante, con lesaltazione dellarmonia a prescindere dai contrasti senza veramente comprendere larmonia ed il processo formativo dei contrasti stessi. Manca ai romantici la forza della razionalit dialettica, manca quella magica forza che trasforma (nel momento della sintesi) il negativo (lantitesi) in essere, in verit. Pensando lAssoluto come spiritualit attiva evidente che il suo divenire lo porter non a ricadere, a piombare e ad essere assorbito dal momento del negativo, ma a farlo proprio, e in questo modo comprendersi; si vedr stimolato al superamento del suo limite: questa la magica forza che volge il negativo nellessere. LAssoluto non evita il negativo, non che non se ne curi, ma lo supera e lo fa proprio, ritrova se stesso, la propria verit solamente nel superamento della negativit assoluta, della pi profonda opposizione: lo spirito sa soffermarsi presso il negativo; questo soffermarsi la magica forza che volge il negativo nellessere. Possiede quindi questa forza di MEDIARE i contrasti, superandoli in questo modo, riuscendo a ritrovare se stesso nella negazione della negazione, nel momento successivo alla pi profonda opposizione ed in questo modo DIVIENE. La verit, lAssoluto non si pu certamente vederlo, ci dice, come una sostanza, un sostrato che si avvicini allAssoluto statico di Schelling, o alla Sostanza di Spinoza, ma va considerato come Soggetto (teoria ripresa evidentemente da Fichte, con le dovute modifiche, atte a non ricadere nei suoi stessi errori che gi Schelling aveva evidenziato). La realt come la intende Hegel divisibile in realt in senso debole (Realitt) e realt in senso forte (Wirklichkeit), realt che lui chiama effettuale. Il Soggetto effettuale solamente se attivo e se non dunque sostanza immutabile, pu essere considerato wirklichkeit solamente se, mediando tutti i contrasti, pone se stesso: A (inconsapevole) si nega non-A che negato nuovamente da A (consapevole di non essere non-A). Questo processo il divenire della coscienza umana (volksgeist) che solo in seguito, in un momento di maggiore gradi di consapevolezza, si trasformer nel divenire dellAssoluto (weltgeist). Il Pensiero, lIdea, conosce progressivamente se stesso nel divenire altro da s, nellalienazione, lestraniazione dello Spirito da se stesso. Bisogna senza errare considerare i tre momenti della dialettica in questo modo: solo la sintesi CONCRETA (il particolare visto in relazione con il Tutto, il risultato della capacit di sopportare la propria scissione), cio vera, mentre tesi ed antitesi sono ASTRATTI, cio tolti dal loro contesto; non bisogna per errare nel dire che sono tre momenti cronologicamente successivi luno allaltro, ma necessario affermare che gi nella tesi presente, usando una terminologia aristotelica, la sintesi in potenza, ma il raggiungimento di questa avviene solo con il superamento della contraddizione; in realt lo spirito si auto-estranea in se stesso, prende conoscenza della sua concretezza dopo essere passato da un momento di astrazione, ad uno di negazione analitica per arrivare alla comprensione di s nel momento negativo razionale. Astratto : concreto = intelletto analitico : ragione dialettica = logica analitica : logica dialettica. La ragione pone se stessa nel superamento degli errori di astrazione dellintelletto: il tizzone viene tolto dal braciere, viene astratto (tesi), quindi si spegne, trapassa cio nella propria completa negazione (antitesi) ed infine attraverso il superamento dellastrazione viene reinserito nel braciere, sollevato ad un grado di maggiore comprensione di s, non distrutto dal fuoco, ma contribuendo con la propria auto-comprensione alla comprensione di s da parte dellAssoluto. Come abbiamo visto solamente il momento sintetico della dialettica quello in cui possiamo riconoscere la verit, questo perch il terzo momento la ricostituzione della tesi, ma con la maggiore consapevolezza di se stesso della Ragione; lunico momento veramente concreto (= vero). Per comprendere come i tre momenti della dialettica siano da non considerare come svolgimento cronologico, cio pensando la sintesi come un post hoc, basta pensare alla maggiore triade dialettica: Logica (tesi), Natura (antitesi), Spirito (sintesi). inconcepibile che dalla natura, la contraddizione per eccellenza, possa nascere lo Spirito, se non pensando che necessariamente i tre passaggi possano essere distinti ma non separati e ordinati cronologicamente, e soprattutto rendendo necessario il fatto che sia lo stesso Spirito a presenziare lintero sviluppo, trovandosi in potenza gi nella tesi; si

ricadrebbe nellerrore della filosofia schellinghiana, che pretende che con un colpo di pistola ci sia svelata la verit, passando attraverso la semplice contemplazione dellarmonia naturale, stemperando nel sentimento lopposizione, senza comprendere larmonia della opposizione stessa e la grande forza della sintesi; la Logica si configura quindi come una specie di spirito astratto. Lintero processo dialettico la presa di coscienza dellAssoluto, che dopo essere passato nel momento della negativit (sar evidente nella dialettica schiavo-padrone di cui si parla nella parte dedicata alla vera e propria Fenomenologia dello Spirito), si eleva comprendendosi concretamente come Ragione. Dunque la verit anche Divenire, inteso come quel processo in cui fin dallinizio presente la fine (conclusione), intesa come proprio fine (causa della propria realizzazione) e questo processo acquista valore di verit effettuale, come wirklichkeit, solo nel proprio SVOLGIMENTO. Questo passaggio fondamentale perch se prendiamo in analisi luomo, il singolo (come determinazione particolare del Tutto) possiamo vedere nella dialettica, cio nella concretizzazione, il confronto delluomo con gli altri e grazie al rapporto e alla relazione con loro supera le proprie contraddizioni. In terzo luogo poi la verit lIntero, inteso come unit di essere e pensiero (non come identit o indifferenza schellinghiana, cio come appiattimento). Lintero lo Spirito che si completa nel suo divenire, lAssoluto come risultato della conclusione del processo dialettico; effettuale solo nel momento in cui c la MEDIAZIONE degli opposti, il passaggio cio dal negativo al positivo con una seconda negazione (la sintesi). Infine il vero Spirito, visto come spirito che diviene, che si realizza, che ottiene il suo pi alto grado di verit, appunto, con loggettivazione in contrasto con la realt, intesa come essere, come natura: la verit non la troviamo dunque n nellipertrofia dellessere (estraneo al pensiero) n nellipertrofia del pensiero (estraneo alla natura), ma in questo Spirito che nel confronto con la negativit (la natura) si comprende. Come immediata conseguenza (cosa che sar molto pi esplicita nel discorso sullidentit di reale e razionale) si ottiene che solo ci che posto dal pensiero (come ragione e quindi razionale) reale e viceversa tutto ci che wirklichkeit, realt effettuale obbligatoriamente posto dallo spirito ed quindi razionale. LA DIALETTICA COME LOGICA DEL CONCRETO Innanzitutto cosa significa logica del concreto? La logica (scienza del pensiero) quel ramo della ricerca che comprende lontologia, ma lontologia la scienza dellessere nel suo processo di completamento, quindi di ci che vero ed effettuale, ovvero il concreto. La dialettica si divide in tre momenti (tesi, antitesi e sintesi) che a loro volta corrispondono a tre capacit, propriet umane (intelletto astraente, razionalit negativa, razionalit positiva). Lintelletto quella capacit di vedere i legami tra i fenomeni sensibili, lo stesso intelletto kantiano che pone i legami allinterno del materiale grezzo delle impressioni sensibili, e per questo motivo astrae, cio toglie, i fenomeni dal Tutto: interpreta qualcosa di astratto come totale e considera la conoscenza che ne ricava come esaustiva (metaforicamente parlando la mano che toglie il tizzone ancora incandescente dal braciere della totalit slegandolo dal suo contesto). Abbiamo poi il momento dialettico tra tesi ed antitesi che il classico passaggio nella contraddizione che non porta ad alcuna risoluzione, il momento del sopprimersi da s di quelle determinazioni astratte che permanevano nel momento intellettuale, nei legami tra i fenomeni sensibili (dal punto di vista metaforico il trapassare del tizzone nel suo opposto con lo spegnimento). Ora ci sono due tipi di critiche rivolte da Hegel ai filosofi precedenti a riguardo di questo secondo momento della dialettica. Il primo errore che si pu compiere nellerrato intendere lantitesi quello di assolutizzare la contraddizione, e in questo modo ritrovarsi a cadere nello scetticismo, ovvero quella filosofia che pretende non ci sia alcuna possibilit di oltrepassare la contraddizione e che quindi tutto nel mondo sia contraddittorio e precario, nulla sia spiegabile attraverso la razionalit umana. lerrore di chi si ferma a considerare la dialettica in questo punto non vedendo il terzo passaggio, ed anche lerrore che Fichte ha compiuto, assolutizzando questo divenire infinito tra opposti, ricadendo per forza in contraddizione e

divenendo ai suoi occhi una sorta di pessimista; ci dice che se non si configura un concetto con la negazione del suo opposto si portati a credere che il suo opposto sia la realt, vedr dunque il concetto trasformato nel suo stesso opposto. Non bisogna dunque assolutizzare questo conflitto ipostatizzandolo e non riuscendo a vederne lAufhebung. Il secondo errore che si pu poi commettere nel momento antitetico quello in cui Kant stesso ricaduto: leccessiva tenerezza nei confronti dei fenomeni non ritenendo possibile un momento dialettico negativo, compiendo cio un errore per difetto, mentre quello degli altri per eccesso. Kant considera dunque la dialettica non necessaria, eliminando questo punto della negazione che fondamentale per la libert (come pi avanti si vedr), rimanendo troppo vincolato ai fenomeni, essendo limitato dalla sua volont di giustificare esclusivamente la scienza e declassando in questo modo la metafisica ad una semplice necessit per il quieto vivere delluomo; ha considerato la medesima scienza come dialettica, mentre in realt il momento della logica da intendere come logica dellerrore. Ora dai primi due momenti della dialettica possiamo vedere come questo secondo passaggio sia la logica dellerrore e che quindi ci che si riferisce al finito astratto dal tutto contraddittorio. Il terzo momento della dialettica, poi, la sintesi, il tollere latino, lelevare cio ci che astratto alla concretezza, rimettendo cio il tizzone nel braciere grazie alla sofferenza e al travaglio del negativo. La sintesi la magica forza che muta il negativo in essere, che cio eleva lastratto al concreto, che riporta lantitesi in se riconoscendola come contraddittoria; quel passaggio che, essendo una seconda negazione della tesi, o meglio una negazione dellantitesi, ci permette di raggiungere un grado di maggiore consapevolezza. La nostra stessa dialettica necessario che avvenga in relazione con gli altri individui (cio in relazione con il tutto, in modo quindi concreto e non astratto) e in questo modo siamo dunque in grado di superare le nostre contraddizioni, le nostre antitesi: questo il compito della filosofia, cio di aumentare la consapevolezza di s di ogni uomo che come conseguenza porta la maggiore consapevolezza di s del volksgeist e quindi del weltgeist; ci riconciliamo in questo modo con la storia stessa, lAssoluto (il nostro compito non cambiare il mondo ma comprenderlo, ecco dove un po scade la filosofia hegeliana che ci invita a comprendere e a contemplare rendendoci consapevoli, piuttosto che ad agire). Non c dunque pi una dialettica di tipo antinomico come quella kantiana o perennemente conflittuale come quella fichtiana, ma troviamo una struttura triadica. Ci sono infine, ci dice Hegel, due modi errati di intendere la sintesi cui abbiamo gi accennato precedentemente. Innanzitutto sbagliato considerare la dialettica in generale come una successione cronologica di eventi concatenati e che sono luno stretta conseguenza dellaltro; questo perch necessario asserire che il momento della sintesi si trovi in una sorta di forma degradata gi nella tesi e nellantitesi come una specie di forza che muova lintero processo per poi sbocciare alla fine nella consapevolezza (notare che possibile distinguere le differenze tra i tre momenti tenendo per sempre ben presente che non sono luno conseguenza logica, cronologica e soprattutto ontologica dellaltro, perch se cos fosse non si spiegherebbe come dalla completa negazione dellantitesi possa nascere questo momento magico della sintesi). In secondo luogo poi necessario ricordare come non si possa considerare (ed questo lerrore di Schelling) lunit degli opposti come identit e indifferenza degli stessi, cio come appiattimento delluno sullaltro. LIDENTIT DI REALE E RAZIONALE LIDENTIT DI LOGICA E METAFISICA

LA FENOMENOLOGIA DELLLO SPIRITO

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