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Volume : 3 Numero: 58 Data: Gennaio 2012 Sede: Gruppo Alternativa Liguria Di: Asta Paolo, Martini Claudio

Alternativa news
In collaborazione con: Megachip

IN QUESTO NUMERO
1 Riflessioni su alcuni orientamenti tattici e strategici di Alternativa Di: Giulietto Chiesa [ pag. 1/2/3 ] 2 Stanno uccidendo i greci Di: Debora Billi [ pag. 4 ] 3 Lesodo dei Greci in Australia Di: Helena Smith [ pag. 4/5 ] 4 la Corea del Nord dopo Kim Jong II Di: Gabriele Battaglia [ pag. 5 ] 5 Liberi dallEuro e dai vincoli UE Di: Marino Badiale e Fabrizio Tringali [ pag. 6/7/8 ] 6 La Chiesa Greca dona il patrimonio immobiliare alla nazione in difficolt Di: Vergognarsi.it [ pag. 8 ] 7 Fincantieri, aeroporto bloccato. Il Governo convoca i sindacati Di: Repubblica.it [ pag. 8 ]

Riflessioni su alcuni orientamenti tattici e strategici di Alternativa - di Giulietto Chiesa.


(un contributo alla discussione nella II Assemblea Nazionale di Alternativa)

Queste riflessioni intendono mettere a fuoco non tutti i temi di cui dovremo discutere, che
sono tanti e assai ardui, ma quelli su cui, in prevalenza, ci siamo scambiati punti di vista e opinioni, in parecchi momenti anche assai distanti tra loro, in questi mesi densi di cambiamenti. Naturalmente non pretendo che queste mie posizioni esauriscano la discussione e la concludano. Vorrei che la aprissero. Mettere a fuoco significa precisare i temi, in modo che il dibattito sia il pi concreto possibile. Per cui mi scuso in anticipo se schematizzer, quando mi pare che ci aiuti tutti (non solo gli esperti tra di noi) a intervenire. 1 - Uscire dallEuropa? unidea circolata e che circola sia dentro che fuori Alternativa. Considero questa posizione errata , prima di tutto culturalmente, poi politicamente, infine strategicamente. LUnione Europea non nata come la conosciamo oggi. E stata una grande e forte idea, nata dalle riflessioni sulla fine della guerra. Unidea che, alle sue origini, era di pace. E che, se riportata alle sue opzioni originarie, pu consentire la pace tra le nazioni e i popoli europei. La valenza culturale e politica di una parola dordine come quella di uscire dallEuropa , a mio avviso, del tutto negativa. Lancia un messaggio regressivo, di chiusura provincialistica, di ristrettezza culturale, di isolazionismo. Alternativa non pu fare propria una tale linea perch contraddirebbe se stessa nel momento in cui si propone come movimento transnazionale. Per unificare cosa e chi, se noi per primi ci ritiriamo nel nostro orticello nazionale? Il fatto che lo sviluppo storico di questi decenni sia stato guidato dalle forze della globalizzazione anglosassone, e sia stato infine piegato (come avviene ora) aglinteressi del nuovo capitalismo finanziario mondiale, non cancella quanto detto sopra. Definisce, purtroppo, i contorni di una sconfitta politica delle forze di pace, di solidariet e di cooperazione internazionale tra eguali, ma non si vede perch dovrebbe portare allabbandono di quei principi e di quei progetti. Sarebbe come dire che, poich la democrazia liberale ha fallito, noi dovremmo abbandonare gli aspetti positivi della democrazia tout court. Da qui una proposta precisa del tutto diversa, per non dire opposta: noi siamo per una Europa dei popoli, che va ri-costruita attraverso un nuovo processo democratico, dove si rispettino le differenze nazionali, culturali, linguistiche, storiche, le tradizioni e le esperienze, in ogni campo, mentre si procede, di comune accordo, per equilibrare, armonizzare, avvicinare, popoli, paesi e regioni, senza imposizioni, senza forzature. vero che ancora non esiste un popolo europeo, ma lidea di costruirlo unidea alta. E prescinde perfino da una valutazione delle sue concrete possibilit attuali, dati i rapporti di forza esistenti. La tesi opposta quella di restare a contemplare, ignorandone i pericoli, il mosaico storico di differenze, diffidenze e ostilit reciproche. Io credo che la nostra strada maestra quella di proclamare la nostra intenzione di costruire un popolo europeo, cio di individuare le forme e i modi di questa costruzione. Certo questo significa unaltra Europa, radicalmente diversa da quella in cui siamo ora. Ma come fatta questa strada maestra da scegliere? quella di abbattere lUnione Europea? Io non lo credo, prima di tutto perch su quella strada cammineremmo da soli. E, se fosse cos, vorrebbe dire gi che essa sbagliata. Che si tratti di un processo storico che

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richiede tempo evidente a chiunque. Che si respinga e rifiuti lidea stessa di questo progetto opzione estranea alle idee portanti di Alternativa. Meno che mai mi sento di accettare lidea che i paesi europei e i popoli, non abbiano la capacit politica, lunit culturale, la solidariet ideale necessaria per una lotta comune. Sappiamo che questa Europa prevalentemente, elettoralmente, di destra. Ma per essa ha votato meno della met degli elettori. Accettare questo dato come definitivo equivarrebbe ad accettare la narrazione mediatica corrente dellItalia come un paese berlusconiano. Sappiamo che stata una lettura falsa. Accettarla come prova che certifica il carattere reazionario e antidemocratico dei popoli europei, nel loro insieme - e che quindi non c altro da fare che liquidare e distruggere il processo intero, prendendo per un dato di fatto immodificabile che non ci siano legami fondamentali tra i popoli, n tra i loro ceti subalterni, che non c nemmeno il senso di un interesse e di un destino comuni - significa proporre ad Alternativa (e allItalia) un destino autarchico che significa, prima di tutto una rinuncia a ogni possibilit, presente e futura, di combattere per un mutamento del mondo, che invece riteniamo ancora possibile. Perch senza alleati, senza dimensione di scala, senza una prospettiva che ci unisca a qualcuno, ogni lotta inutile in linea di principio. 2 - La tesi, secondo cui nessuno dei programmi politici che Alternativa sostiene possono essere realizzati allinterno di questa Unione Europea, e che, quindi, si dovrebbe operare per uscirne, perfino facendo di questa idea la nostra bandiera, quanto di pi schematico si possa immaginare. In base allo stesso criterio si dovrebbe proclamare la nostra uscita dallItalia. Forse che qualcuno dei nostri obiettivi politici costituenti, fondatori, essenziali, pu essere realizzato nellItalia di oggi? Con quali forze politiche lo si potrebbe fare? Con quali movimenti (a giudicare dallo stato penoso in cui galleggiano le miriadi di nicchie conviviali che ci circondano)? Con quali alleanze? In quali tempi? E, per queste ragioni, dovremmo uscire dallItalia? Bisogna stare attenti a queste posizioni, che finiscono, certo involontariamente, per coincidere con quelle della Padania. Infatti loro dichiarano di volere uscire dallItalia. Si sa come si comincia, ma non come si finisce. Ho visto di persona questi stessi processi nelle vicissitudini che hanno accompagnato e seguito il crollo dellUnione Sovietica. Che Alternativa sincammini su questa strada lo ritengo pernicioso, sia come contenuto che come contesto. 3 - Queste stesse considerazioni concernono la questione della sovranit monetaria. Io non ho dubbi che uno dei modi, degli strumenti, per opporsi alla imposizione tecnocratico-finanziaria proveniente dalla Banca Centrale Europea, nuovo centro reale del potere europeo delle banche, sia quello di riacquistare la sovranit monetaria. Ma di chi? Esistono due sovranit monetarie teoricamente possibili: quella dellItalia, scollegata da ogni connessione europea, e quella europea. A sua volta come perno per fare svolgere a quellaltra Europa che vogliamo un ruolo mondiale di pace, cio allinterno di una battaglia globale per la salvezza del pianeta e dei sette miliardi di persone che lo popolano. Uscire dunque dalleuro per ritornare a una sovranit monetaria italiana? questa la proposta verso cui Alternativa dovrebbe muoversi e caratterizzarsi agli occhi del paese (o di chi ci segue)? Ci sono numerose obiezioni a questa eventualit. Le elenco in ordine sparso. Di quale sovranit si tratterebbe se uscissimo dalleuro e tornassimo alla lira? Quali sarebbero le chances di difendere glinteressi e il tenore di vita dei milioni di persone che da questa decisione sarebbero coinvolti? Rispondere a questa domanda si deve. Rispondere significa, in primo luogo, valutare correttamente i rapporti di forza esistenti. Pensiamo davvero che

saremmo noi (e quelli come noi, che sono pochi), a gestire questa sovranit riconquistata? Non vedo cosa ci dia questa certezza, che infatti non pu esserci. Che interesse abbiamo noi a chiedere una sovranit che sar gestita comunque da classi dirigenti ottuse, che ci sono ostili, che hanno il potere nelle loro mani, e che si troverebbero nella pi ideale delle situazioni (cio in piena autonomia e con le mani libere) per attuare le pi selvagge repressioni contro gli oppositori, cio anche contro di noi? Se c stato un tema su cui lEuropa andata pi avanti della media degli stati che la compongono stato sulle libert civili. Solo su questo sintende, mentre le libert sociali sono state schiacciate dal Trattato di Lisbona. Ma isolandoci dallEuropa dei diritti civili, noi saremmo meno tutelati di quanto non lo siamo in Italia nemmeno ora che Berlusconi stato (provvisoriamente forse) messo da parte. Altro conto se questa Europa sia stata coerente su questo tema (non lo stata affatto) , ma un fatto che, per esempio, le uniche ostilit contro Berlusconi sui problemi dellinformazione siano venute dal Parlamento Europeo. 4 - Una sovranit monetaria italiana, isolata dal contesto europeo potrebbe essere realizzata a vantaggio delle classi lavoratrici in queste condizioni? Neanche a bocce ferme, cio oggi e domani, ci sarebbe probabile. Nel quadro di turbolenze mondiali che si annunciano io ritengo questa prospettiva addirittura senza senso. Aumenterebbe la forza contrattuale dellItalia in Europa e nel mondo? La mia risposta nettamente negativa. Una tale situazione porrebbe lItalia, come paese, in condizioni di isolamento e di minorit, in tutte le direzioni. Una Europa frazionata in 35 o 40 nazioni significherebbe la fine della possibilit di fare fronte comune ai colossi mondiali che agiscono sulla scena internazionale: a quelli vecchi, come gli Stati Uniti e la Russia, e a quelli nuovi, come la Cina, la Turchia, il Brasile, lIndia, lIndonesia. Sarebbe lequivalente di una nuova forma di colonizzazione, o di protettorato. Peggio, di auto-colonizzazione. Ci troveremmo nella stessa situazione del Montenegro, o della Croazia. Come resistere di fronte a pressioni di ogni tipo, a ricatti, a minacce, economiche e perfino militari (che in un contesto mondiale come quello che si prevede, sarebbero, pi che probabili, inevitabili)? Ho gi assistito allassenza totale di lungimiranza dei dirigenti sovietici, quando decisero di far crollare il paese senza rendersi conto della lunghissima serie di ripercussioni mondiali (quasi tutte imprevedibili e incontrollabili) cui avrebbero dato la stura. Una tale posizione, se lassumessimo, sarebbe reazionaria. Le forze dominanti, che ci sono ostili, potrebbero tranquillamente farla propria, se pensassero che conviene loro. Ma lerrore che commetteremmo sarebbe anche quello di ignorare che esistono, tra le forze dominanti, posizioni capaci di guardare a unEuropa autonoma rispetto alla stessa Alleanza Atlantica. Queste forze che sono parte (il cui peso dobbiamo valutare) del sistema di potere della finanza - si stanno muovendo da tempo per evitare di rimanere avvinghiate alla barca pericolante degli Stati Uniti. Il rifiuto di Angela Merkel di andare alla guerra in Libia un segnale netto che queste forze esistono. Ovvio che esse attentano al tenore di vita delle popolazioni, e che quindi ci sono nemiche, ma vogliono riservarsi un margine di manovra su scala internazionale, in attesa di eventi che in parte sono in grado di prevedere. Possiamo ignorare questo fatto? Io credo che uno dei precetti di realismo ai quali dovremmo attenerci di fare unanalisi reale delle forze reali, in ogni frangente. Ignorare che esistono potenziali alleati temporanei, anche se velenosi, e procedere come se vivessimo nel vuoto pneumatico non una linea politica. E unavventatezza. 5 - E siamo sicuri che la parola dordine uscire dallEuropa e uscire dalleuro sia cos popolare come sembrano credere alcuni tra di noi? Io ho molti dubbi al riguardo. Abbiamo gi molto discusso sul tema di chi sia il nostro target. E molto dovremo riflettere nella

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nostra Assemblea Nazionale. Ci siamo detti che il web non il mondo, ma qualcuno ha detto che, al momento attuale, il web il nostro mondo. In parte, forse, cos. E, per questa parte, io aggiungo purtroppo. Ma in altra parte non stato cos e cos non . In ogni caso sar bene non dimenticare che le idee che corrono nel web non sono affatto quelle che circolano nel paese. Possiamo non tenerne conto? Io credo che, con una parola dordine come quella, noi ci mettiamo fuori dal contesto del paese con il quale dobbiamo dialogare. Altro che proporci come orientamento e guida! Gi il nostro messaggio difficile da comunicare. Vogliamo renderci odiosi? Non mi sembra saggio ragionare in questo modo. In sintesi: partendo dallanalisi, tecnica - giusta - dei punti cardine che hanno portato alla perdita di sovranit nazionale (e monetaria), cio lanalisi delle cause e conseguenze del Trattato di Maastricht, poi artatamente formalizzato nel Trattato di Lisbona, si introduce un errore concettuale fondamentale. Cio pensare di uscire fuori dalla trappola invertendo il meccanismo tecnico. Ci hanno costretto dentro leuro? Ebbene, noi usciamo (dichiariamo di voler uscire) dalleuro. Come se la questione fosse di ingegneria finanziaria, ovvero monetarista! Ma cos? In realt non cos e cos non si va da nessuna parte, perch la nostra soluzione non pu essere monetarista. Luscita dalleuro, proclamata specularmente, basata sullillusione che il ritorno alla sovranit monetaria (condizione squisitamente politica) possa essere un effetto di una decisione tecnica. Ora, poich lintroduzione delleuro (disciplina sovranazionale imposta) fu il risultato di un concreto rapporto di forze politiche, evidente che rovesciare la situazione significa rovesciare il rapporto di forze politico. La proposta di cui sopra scambia leffetto con la causa proponendo di sostituire leffetto senza guardare alla causa. Errore che implica molte conseguenze: non individuare il problema; non tenere conto dei rapporti di forze; porre Alternativa in rotta di collisione con larga parte dellopinione pubblica, facendola identificare (incolpevole) con i responsabili del disastro che si annuncia; mettere Alternativa, almeno potenzialmente, al servizio di qualcuno dei contendenti che, dietro il paravento, stanno decidendo come uscire vincitori. Per giunta le voci, circolanti sempre pi insistentemente, che sarebbero in corso preparativi per il ritorno alle monete nazionali, ci avvertono che potremmo trovarci allimprovviso scavalcati dalle decisioni dei poteri finanziari che realizzano, a nostro discapito e sulle nostre teste, il ritorno alle monete nazionali. Solo che - e sar utile tenerlo presente, in ogni caso - non avremo alcuna nazionalizzazione della Banca Centrale Italiana. Avremo invece una Banca Centrale Italiana con i poteri attuali della Banca Centrale Europea, privata e, essa s, sovrana, ma a nostro danno, sopra di noi, sopra la politica, contro di noi. Con lo scorno di avere gridato ai quattro venti che eravamo noi a volere quello che loro ci imporranno. Possiamo riflettere su una sovranit monetaria europea, che passi per il ripudio di Maastricht e di Lisbona, per una nazionalizzazione della BCE, per linizio di un nuovo processo costituente europeo fondato sulla partecipazione dei popoli sovrani, da approvare attraverso referendum in ciascuno dei paesi membri? Questa una strada da esaminare con attenzione. Certo, come dice Franco Cardini, questo pu apparire un progetto folle, la cui realizzabilit ha probabilit infime di esistenza. Tuttavia tutte le soluzioni a questa crisi (quelle che noi possiamo immaginare) sono scarsamente probabili. E dunque non ci resta che scegliere tra quelle che abbiano dignit e che siano fondate su alti valori morali e culturali. 6 - Strategicamente, un tale approccio, ancora pi sbagliato sul piano internazionale. Segnali numerosi indicano lesistenza di un

grande scontro tra limperialismo finanziario anglosassone (in questo momento Wall Street e la City) e quello tedesco (Berlino in primo luogo, insieme ai satelliti dellEuropa Orientale). Come sia rappresentabile la configurazione di questi due schieramenti e come lo siano i loro piani non facile, al momento, decidere. Non abbiamo gli elementi conoscitivi essenziali per farlo. Certo che decidere, semplicemente e avventatamente, di disinteressarci dellesito di questo scontro di una miopia e di un provincialismo inaccettabili. Non propongo, naturalmente, per queste ragioni, di scegliere la Germania contro gli Stati Uniti. Questa sarebbe un banalizzazione totale, e fuori tempo, anche perch penso che non sia pi utile esaminare i contorni delle collisioni in atto come puri e semplici scontri tra Stati. Siamo di fronte a schieramenti inediti. Sar bene studiarli con attenzione prima di trarre le conclusioni. In questo momento la linea tedesca, per esempio, essenzialmente quella di lacrime e sangue che propone la Merkel e che Monti incarna. Anchessa, io credo, conduce al collasso. Ma non si pu non vedere che, in questa fase, i gruppi dirigenti tedeschi e in parte europei (situazione molto differenziata) non sono daccordo con la linea di Wall Street e temono laltro collasso, quello finanziario internazionale che implicito nelle scelte insensate di Washington. Di fronte a questo quadro non ha alcun senso prendere posizioni che hanno un altissimo tasso di probabilit di essere ridicolizzate dagli sviluppi che altri stanno progettando. Siamo un laboratorio politico, dunque studiamo. 7 - Infine, su questo punto, c il pericolo di una guerra, anzi di alcune guerre, intermedie, nelle quali gli europei potranno essere trascinati, molti stati europei loro malgrado. La Germania, sotto questo profilo, come ho gi ricordato, stato lunico paese europeo a non avere accettato la guerra di Libia. Esistono i margini per una politica di pace europea? Esistono i margini per una politica distensiva verso la Russia? Non mi sfugge il fatto che potremmo trovarci di fronte allalleanza tra un autoritarismo russo e un neo imperialismo autoritario e orwelliano tedesco. Ma ignorare questi elementi di analisi cosa metodologicamente e politicamente, oltre che strategicamente, errata. Dunque, dove non sappiamo, studiamo. Per tutte queste ragioni io ritengo che la parola dordine uscire dallEuropa e dalleuro sia sbagliata. Dobbiamo rovesciarla in positivo. Noi siamo per una Europa dei popoli, per un nuovo processo costituente europeo che restituisca agli stati la sovranit monetaria, che nazionalizzi la BCE e le banche centrali, che cancelli Maastricht e Lisbona, che si basi su referendum popolari in ogni stato. Noi siamo per non pagare questo debito e per lintroduzione - in una prima fase, demergenza - di un nuovo sistema di regole finanziarie che sottragga lEuropa al ricatto dellattuale finanza mondiale e i popoli europei alla trappola di un debito illegale e iniquo. A me pare che, su queste coordinate, Alternativa possa muoversi agevolmente, distinguersi, fare politica, trovare interlocutori a diversi livelli, produrre egemonia e consenso.

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Stanno uccidendo i greci - di Debora Billi.


In Grecia ci sono gi bambini che hanno fame, e malati che non hanno medicine. A pochi mesi dall'inizio della crisi, a pochi chilometri dalle nostre coste.

Quando ho letto questa notizia pensavo fosse l'esagerazione di qualche blog catastrofista, tanto mi sembrava incredibile.
Invece l'ANSA. Vi riporto qualche estratto: Parlando con il sito online Newsit.gr, la donna ha affermato che nelle ultime settimane "sono stati registrati circa 200 casi di neonati denutriti perche' i loro genitori non sono in grado di alimentarli come si deve", mentre gli insegnanti delle scuole intorno all'istituto da lei diretto fanno la fila per prendere un piatto di cibo per i loro alunni che non hanno da mangiare. Il ministero della Pubblica Istruzione, che in un primo momento aveva definito la denuncia come "propaganda", si e' visto costretto a riconoscere la gravita' del problema. Come hanno detto alcuni insegnanti al quotidiano To Vima, il problema di denutrizione esiste e viene individuato piu' facilmente nelle scuole a pieno tempo: "Molti ragazzi vengono in classe senza il pranzo e dicono di averlo dimenticato a casa perche' si vergognano di dire la verita'". E non mancano nemmeno i casi di pazienti che, dopo essere guariti, non vogliono lasciare l'ospedale perche' non hanno dove andare a dormire. Stanno uccidendo i greci, e non solo con la fame. L'Unit, qualche settimana fa: I ricoveri nelle strutture private sono crollati del 30% tra il 2009 e il 2010, mente quelli negli ospedali pubblici sono aumentati del 24%. Contemporaneamente, gli ospedali pubblici hanno subito tagli per il 40% del loro budget, molti lavoratori sono stati licenziati e quindi il personale carente. Le code per una visita o per un ricovero sono diventate lunghissime, tanto da scoraggiare i pazienti e da alimentare il sistema delle bustarelle elargite a medici e infermieri. Inoltre, cominciano a scarseggiare alcuni medicinali. Molte ditte farmaceutiche hanno infatti deciso di sospendere l'approvvigionamento di farmaci agli ospedali greci perch le fatture non venivano pagate da anni. Un esponente della Roche ha dichiarato sempre al Wall Street Journal che il gruppo svizzero ha interrotto la fornitura di alcuni farmaci anticancro, Novo Nordisk ha smesso di mandare insulina e Leo Pharma non spedisce pi un farmaco anticoagulante e uno contro la psoriasi. Questo blog si occupa di Grecia da tempo. Nel dicembre 2008, tre anni fa, sapevamo gi che i greci sarebbero stati "i primi". E Pietro cominci a seguire da vicino la Grecia nel gennaio 2010, due anni fa. Malgrado ci, sono stupita dalla rapidit con cui la situazione si sta deteriorando. Non possiamo fare altro che assistere inorriditi alla tragedia che si consuma a poche ore di navigazione dalle nostre coste, con la sempre pi ineluttabile consapevolezza che i prossimi saremo noi.

Lesodo dei greci in Australia


di Helena Smith - guardian.co.uk.

Per i giovani dei paesi europei pi colpiti dalla crisi economica, l'altro emisfero una terra promessa piena delle opportunit che mancano in patria. E Melbourne si trova a rivivere il boom migratorio del dopoguerra. Nel cuore di Melbourne, al portone di un grande edificio ubicato in Lonsdale Street, da parecchi mesi bussa un flusso ininterrotto di giovani, uomini e donne, appena sbarcati da aerei decollati dalla Grecia. Lisolato, risalente agli anni quaranta, ospita il quartier generale della pi grande comunit greca in Australia. Uomini e donne viaggiano e si spostano da una parte allaltra del pianeta alla ricerca di una vita migliore, come avvenne nella corsa alloro a cavallo del XX secolo. A differenza dei greci di un tempo, tuttavia, i migranti odierni hanno un livello di istruzione considerevole e diplomi di laurea nelle discipline pi impegnative. Sono tutti laureati, in ingegneria, in architettura o in meccanica. Ci sono insegnanti, bancari e persone disposte a fare qualsiasi lavoro, dice Bill Papastergiades, presidente e rappresentante legale della comunit. La disperazione tra di loro tangibile. Siamo tutti sgomenti. Spesso arrivano con un solo bagaglio a mano. Le loro vicende personali sono sconvolgenti e a ogni nuovo aereo che atterra ne veniamo a conoscere di nuove
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Lesodo solo uno dei tanti drammi umani in corso in Grecia. Da giugno i responsabili della comunit di Melbourne affermano di essere stati sommersi da migliaia di lettere, email e telefonate da greci desiderosi di partire quanto prima alla volta di un paese che al riparo dalle turbolenze dei mercati globali considerato ormai una terra promessa. Soltanto questanno 2.500 i greci si sono trasferiti in Australia, e le autorit di Atene fanno sapere che altri quarantamila avrebbero manifestato interesse a fare lo stesso. Nella capitale greca nellottobre scorso si tenuta una fiera dei talenti organizzata dal governo australiano per 800 posti di lavoro: vi hanno preso parte tredicimila candidati. Con la prospettiva di un quinto anno di recessione, la disoccupazione che ha toccato la cifra record del 18 per cento e circa il 42,5 per cento dei giovani greci senza lavoro, si prevede che la fuga di cervelli continuer ad aumentare. Leconomia australiana, per contro, nel 2012 dovrebbe crescere del 4 per cento. C chi dice che non vuole che i suoi figli crescano in un posto simile, dice Papastergiades. Laltro giorno ho ricevuto una telefonata da un idraulico greco disoccupato da otto mesi: ha tre figli da mantenere ma cos disperato che ha pensato di suicidarsi. Tessie Spilioti tra quelli che si sono gi trasferiti in Australia: Non c nessun posto al mondo come la Grecia: mi manca

ogni giorno, come mi mancano i miei amici, dice Spilioti, cresciuta in Australia prima di stabilirsi ad Atene 27 anni fa. Ma lAustralia un paese dove si vive bene. la terra dellabbondanza e c la sensazione che loccasione giusta sia dietro langolo. Questo manca del tutto in Grecia: l la gente impaurita, latmosfera cupa, lumore nero e la sensazione quella di essere sotto assedio. Non avevo mai pensato di andarmene, ma lo stress della sopravvivenza aumentava ogni giorno". Secondo le previsioni con la crisi economica in Grecia andranno perdute due generazioni. La nuova diaspora coinvolger i greci pi giovani e meglio istruiti, quelli che parlano pi lingue ma non sono pi in grado di sopravvivere in un paese la cui economia in caduta libera, in parte per le rigide misure di austerity che il governo greco stato costretto a varare in cambio degli aiuti. Dimenticati da Atene Un recente studio delluniversit di Salonicco ha dimostrato che la grande maggioranza dei greci che vogliono emigrare appartiene alle generazioni pi giovani, e si dirige in paesi come Russia, Cina e Iran. Gran parte degli intervistati non aveva neanche provato a cercare lavoro nel proprio paese, perch non vede prospettive in uneconomia che dovrebbe stringere la cinghia per i prossimi dieci anni almeno. In Australia lafflusso di migranti ha sconcertato altri greci costretti in un recente passato negli anni cinquanta e

sessanta a intraprendere la stessa strada a causa della povert e della guerra. Per anni la diaspora stata ignorata dai governi succedutisi ad Atene, che si sono rifiutati perfino di concedere il diritto di voto ai greci allestero anche a quelli che vivono a Melbourne, che pu vantare una florida comunit greca di oltre trecentomila persone. Veder arrivare in massa dalla madre patria una simile ondata di giovani di talento per altro disposti ad accettare anche umili mestieri manuali stato un brusco impatto con la realt. La nostra comunit sconvolta da questa marea di sogni infranti, dice Litsa Georgiou, 48 anni, trasferitasi a Sydney lanno scorso con una bimba piccola e il marito. Molti speravano di rientrare in Grecia, ma da quello che si sente raccontare da chi ha intrapreso un viaggio di 22 ore di aereo per arrivare fino a qui, terribile anche solo immaginare che alla Grecia occorreranno oltre dieci anni per iniziare a risollevarsi.

La Corea del Nord dopo Kim Jong Il - di Gabriele Battaglia


n erede troppo giovane e il peso del fattore militare Un Kim dopo Kim. Dopo la morte di Kim Jong Il, il suo terzogenito Kim Jong Un dovrebbe prendere il suo posto, ma la transizione non appare semplice. Facciamo un bilancio dei 17 anni di leadership del defunto "caro leader" e ipotizziamo qualche scenario futuro con Rosella Ideo, coreanista ed esperta di Asia orientale. Chi era Kim Jong Il? Diventa delfino del padre, Kim Il Sung, con un lungo processo di successione, durato circa quindici anni: un passaggio di consegne preparato facendo piazza pulita di tutti gli ostacoli alla sua scalata al potere. Kim Il Sung muore nel 1994, dopo un "regno" di trentadue anni. Era stato uno dei leader pi amati del Novecento: aveva creato lo Stato nordcoreano su basi di eguaglianza, una cosa che in Corea non si era mai vista. Negli ultimi dieci anni della sua vita, c'era stata una diarchia di fatto, in cui padre e figlio lavoravano a stretto contatto. Quando il potere passa a Kim Jong Il nel 1994, la situazione politica sostanzialmente stabile, mentre quella economica e sociale invece molto grave, tant' che nel 1995 scoppia una carestia che inaugura in un certo senso il nuovo "regno" e che colpisce un Paese di fatto industrializzato e con un alto livello di scolarizzazione. Nel frattempo c' anche la prima crisi nucleare, che viene ricomposta ancora dal vecchio Kim e da Jimmy Carter, con accordi informali ma precisi che verranno poi rispettati dalla presidenza Clinton. Kim Jong Il non riesce per a gestire l'emergenza economica. La sua preoccupazione principale diventa allora quella di consolidare il potere della propria famiglia all'interno, tenendo alta l'allerta internazionale. Questa strategia, che dura anche negli anni delle due amministrazioni Bush, punta paradossalmente a garantirsi proprio l'appoggio degli Stati Uniti, attraverso una pace bilaterale sulla testa di Seul. Con l'arrivo di Obama, il "Caro Leader" capisce che questa strategia non ha funzionato. All'attivo di Kim Jong Il non c' molto, se

non il successo nel mantenersi al potere e nel conservare intatte le strutture fondamentali dello Stato nordcoreano, progettato dal padre. In Occidente circolano voci che Kim potrebbe essere morto per cause non naturali. Si parla per esempio di un interesse di alcuni ambienti militari a una sua uscita di scena per forzare la mano verso le riforme. plausibile? Non lo ritengo probabile. Era molto malato dai tempi dell'ictus del 2008, che lo aveva fatto sparire dalla circolazione per tre mesi. La sua sorte era segnata. Le voci circolano come in tutti i casi in cui c' un regime di cui si sa poco o nulla. Di fatto, potrebbe essere tranquillamente morto per un secondo ictus. Va detto che era nell'interesse di tutti che lui vivesse, garantendo una situazione tutto sommato stabile. Cosa succede adesso? Le incognite sono molte. Dobbiamo vedere le prossime mosse delle forze armate. L'erede giovane, il processo di successione incompleto, perch Kim Jong Un stato nominato delfino solo un anno fa. un personaggio di cui si sa poco, perfino l'et anagrafica controversa: 27 o 28 anni? Si sa solo che ha studiato in Svizzera. L'anno prossimo, nel 2012, ricorre il centenario della nascita di Kim Il Sung. Sar un evento importantissimo per cui lo stesso Kim Jong Il stava preparando festeggiamenti imponenti. Vedremo in che condizioni ci arriveremo, per il momento necessario tenere d'occhio le forze armate e il tutore, il mentore di Kim Jong Un, cio suo zio Jang Song Taek: vicepresidente della commissione nazionale di Difesa - il cui presidente era il defunto Kim - quindi figura potentissima. Seguir le volont di Kin Jong Il? Agir in proprio, per il potere personale, o sar un fedele tutore del giovane senza esperienza? Si aggiunga anche che in un Paese confuciano come la Corea del Nord, ci sono preclusioni verso la leadership incarnata da un giovane. E le forze armate, da parte loro, manifesteranno una fedelt personale a Jang Song Taek oppure continueranno a essere fedeli alla dinastia del Kim, che negli ultimi anni non ha garantito un livello di sussistenza neppure minimo ai nordcoreani? Ci sar un "si salvi chi pu"?...

Tutto possibile. Una soluzione "alla cinese" all'orizzonte? Qual oggi lo stato dei rapporti tra Corea del Nord e Cina? Negli ultimi anni, la Cina stata l'unico puntello diplomatico della Corea del Nord, nonch l'unico Paese che l'ha aiutata concretamente attraverso la fornitura di materie prime, soprattutto petrolio. Da questa posizione, Pechino ha sempre cercato di spingere Kim Jong Il in direzione di riforme "alla cinese": non c' mai riuscita. Nelle poche visite che Kim ha fatto in Cina, sempre stato portato a visitare poli industriali, Zone Economiche Speciali, affinch si rendesse conto della necessit di avviare riforme verso la modernizzazione. La Cina ha fatto anche investimenti in Corea: nel 2009, Wen Jiabao ha visitato il Paese per confermare i legami e per spingere il Paese verso riforme strutturali. I rapporti con la Cina sono molto buoni, perch i cinesi a differenza degli americani sono sempre stati molto vicini ai nordcoreani. Hanno sempre usato un linguaggio diplomatico felpato sia verso il Paese sia verso Kim Jong Il. una vicinanza "intelligente", perch ha anche permesso alla Cina di comprendere i reali equilibri di potere all'interno della leadership nordcoreana. Per Pechino, non ne ha mai fatto mistero, c' anche un chiarissimo interesse nazionale, perch la destabilizzazione della Corea del Nord sarebbe un problema enorme: milioni di profughi passerebbero il confine tra i due Paesi, destabilizzando le regioni nordorientali della Cina, dove vive tra l'altro una fortissima minoranza coreana. Anche la Corea del Sud ha gli stessi problemi. Quindi sia Pechino sia Seul monitorano con attenzione la situazione nordcoreana.

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Liberi dall'euro e dai vincoli UE


di Marino Badiale e Fabrizio Tringali Sull'intervento di Giulietto Chiesa Chiesa ha fatto molto bene ad aprire una discussione pubblica sul tema Euro/UE. Si tratta di un tema fondamentale nelle dinamiche politiche odierne, per motivi noti a tutti. Su questo tema non c' in Alternativa una posizione comune, e questo rappresenta certamente un limite per la nostra azione politica. Il modo migliore per superarlo quello che ha scelto Giulietto Chiesa: aprire una discussione aperta, franca e priva di pregiudiziali. Alternativa ha messo al centro della propria identit la necessit di un pensiero razionale e critico, e con tale premessa chiaro che l'unico modo per affrontare un dissenso, e per evitare personalismi, proprio quello del dibattito pubblico e aperto. proprio avendo in mente la necessit di una discussione di questo tipo che riteniamo corretto intervenire subito evidenziando quelli che ci sembrano punti deboli del ragionamento di Giulietto Chiesa. Non svilupperemo qui un discorso del tutto compiuto. In parte esso stato svolto in nostri scritti precedenti, in parte esso contenuto nel testo che segue le presenti note (che stato scritto da Fabrizio Tringali prima dell'uscita dell'intervento di Chiesa) ma, soprattutto, esso verr svolto in uno scritto attualmente in preparazione. Le presenti note rappresentano un'anticipazione di tale scritto. In questa discussione occorre, a nostro avviso, cercare di tenere presenti i punti fondamentali. Le tesi di chi sostiene la necessit di uscire da euro e UE sono di due tipi: 1. Per quanto riguarda l'euro, vi sono precise argomentazioni che mostrano come il meccanismo della moneta unica imponga a tutti i Paesi europei di realizzare le stesse politiche di contenimento salariale che hanno costruito la competitivit tedesca. Non c' via di uscita: in regime di moneta unica, questa maggiore competitivit si traduce in avanzi commerciali per i Paesi del nord e disavanzi commerciali per i paesi deboli (i famosi PIGS). Il risultato la spoliazione dei PIGS da parte dei paesi del nord: la politica di contenimento salariale di questi ultimi impedisce la creazione di una domanda sufficiente a sostenere la loro produzione, ed essi vengono quindi a succhiare domanda nei paesi PIGS. Il deficit commerciale di questi ultimi deve essere finanziato in qualche modo (con debito privato o debito pubblico) e alla fine, data l'insostenibilit di tale meccanismo, tutto si traduce nelle politiche antipopolari e recessive messe in atto dall'attuale governo di tecnocrati. Siamo cio di fronte ad una situazione nella quale si configura un processo di terzomondizzazione dell'Italia che si avvia, assieme agli altri PIGS, a diventare il Terzo Mondo della Germania, un Terzo Mondo di tipo nuovo, ovviamente. Dunque la prima questione fondamentale da mettere a fuoco che questo meccanismo implicito nell'euro. Chi sostiene che l'Italia deve rimanere nell'euro deve spiegarci come sia possibile restare nella moneta unica evitando gli esiti che abbiamo rapidamente prefigurato (e che vengono ripresi nel testo che segue queste note). Giulietto Chiesa non lo fa. 2. Per quanto riguarda l'UE, la tesi di chi vuole uscirne semplice: l'Ue costruita su una serie di trattati che ne fanno uno spazio giuridico di totale adesione alle politiche neoliberiste che ci hanno portato al disastro attuale. Queste politiche cio non sono la scelta di particolari ceti politici, ma sono l'essenza dell'UE, la definiscono come entit politica-giuridica. Stefano D'Andrea ha dimostrato, in modo che a noi sembra irrefutabile, che in campo economico le politiche liberiste UE sono sovraordinate rispetto ai principi della nostra Costituzione. Alternativa dichiara che la difesa e la realizzazione della Costituzione della Repubblica un punto decisivo della propria

Giulietto

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essenza. evidente che c' qui una contraddizione. Se restiamo nell'UE, la Costituzione Italiana non pi la nostra Legge Fondamentale. Nella gerarchia delle fonti essa stata scalzata dalla normativa comunitaria. Chi in Alternativa vuole rimanere dentro l'UE deve o confutare tutto questo, oppure dichiarare che viene meno la centralit della Costituzione della Repubblica. Giulietto Chiesa non affronta il problema, e questo ci sembra un grave limite del suo scritto. Si potrebbe obiettare che l'UE pu essere cambiata, che pu essere trasformata in una realt completamente diversa. Si tratterebbe cio di lottare per costruire un'altra Europa. Sappiamo che questo quanto propone tutta la sinistra da circa un ventennio. Abbiamo gi fatto notare, in uno degli scritti sopra citati[4], che da vent'anni questo slogan ripetuto in tutte le salse senza il minimo risultato positivo, e che questo semplice fatto dovrebbe indurre i suoi sostenitori a qualche riflessione non superficiale. A nostro avviso questa impotenza pratica solo il risultato di una contraddizione di fondo. L'UE quella cosa l. quello che : uno spazio di puro liberismo economico ed un impedimento all'intervento statale se questo di ostacolo alla libera circolazione dei capitali. Volere rimanere al suo interno per cambiarla in qualcosa di completamente diverso una contraddizione in termini, che appare completamente insensata soprattutto in questo momento, cio mentre la UE sta s cambiando, ma per inasprire ulteriormente il suo carattere antidemocratico. Una volta realizzate le modifiche ai trattati che sono in cantiere, chiunque voglia difendere i ceti medi e popolari non potr che lottare per la violazione dei trattati stessi, cio per l'abbandono dell'Unione Europea. L' Europa dei popoli - unita e pacifica certamente un alto ideale, del tutto condivisibile. Ma addurre alti ideali, senza considerare quanto sopra esposto, vuol dire scollegare gli ideali dalla realt. In questo modo si rischia di proporre slogan ridotti a parole vuote, piuttosto che argomentazioni razionali. Queste sono dunque, in forma molto stringata, le argomentazioni di chi in Alternativa favorevole all'uscita da euro e UE. La discussione iniziata. Per essere proficua, sarebbe auspicabile superare alcuni punti deboli che spesso emergono nei ragionamenti intorno alle questioni euro/UE, e che affiorano anche nelle considerazioni di Giulietto Chiesa. Ne elenchiamo alcuni, citando passi dall'articolo sopra menzionato. Punto debole n.1: La valenza culturale e politica di una parola dordine come quella di uscire dallEuropa , a mio avviso, del tutto negativa. Lancia un messaggio regressivo, di chiusura provincialistica, di ristrettezza culturale, di isolazionismo. Alternativa non pu fare propria una tale linea perch contraddirebbe se stessa nel momento in cui si propone come movimento transnazionale. Un argomento di questo tipo avrebbe valore se la politica internazionale fosse nata vent'anni fa assieme all'UE, e prima di essa ogni Stato sulla Terra, in tutta la storia umana, fosse stato una monade isolata dagli altri. Ovviamente non cos. Ovviamente ci sono sempre state relazioni internazionali, alleanze, scambi. Se uscisse dall'UE e recuperasse la sovranit nazionale, l'Italia farebbe la sua politica internazionale, farebbe alleanze, farebbe scambi, come ha sempre fatto nella sua storia. altrettanto ovvio che uscire dall'UE non in nessun modo in contrasto con il carattere transnazionale di Alternativa. Il punto debole sta nel fatto che l'argomento di Chiesa richiede un'assunzione implicita, cio quella, appunto, che l'UE sia l'unico modo di fare politica internazionale, e sostenere l'UE l'unico modo di essere una organizzazione transnazionale. Appena tale assunzione resa esplicita, appare evidente l'errore. Punto debole n.2: Io credo che, con una parola dordine come quella [dell'uscita dall'euro], noi ci mettiamo fuori dal contesto

del paese con il quale dobbiamo dialogare. Altro che proporci come orientamento e guida! Gi il nostro messaggio difficile da comunicare. Vogliamo renderci odiosi? Non mi sembra saggio ragionare in questo modo. Appare poco consistente l'idea che proporre l'uscita da Euro e UE equivalga a diventare odiosi agli occhi dell'opinione pubblica italiana. A rendersi odiosa la UE, e lo sar sempre di pi con il procedere della crisi e con il concretizzarsi della recessione. Ma al di l di questo, per Alternativa il problema capire quale battaglia sia corretto ingaggiare. Applicando lo stesso ragionamento di Chiesa dovremmo abbandonare l'idea della decrescita, perch essa certamente impopolare oggi come un anno fa, e sar, probabilmente, sempre pi difficile sostenerla in presenza di una recessione economica. La risposta a questi argomenti sta nella semplice osservazione che una forza politica deve decidere le sue linee strategiche in modo autonomo, con una discussione sul merito. Del resto per porsi come orientamento e guida necessario proporre idee che inizialmente appaiono come impopolari o poco diffuse, e tramite la loro correttezza teorica e pratica conquistare il consenso che in partenza non si ha. Come si pu invece porsi come orientamento e guida se si propongono idee gi diffuse e ampiamente condivise? L'orientamento e la guida saranno coloro che quelle idee hanno promosso prima che si diffondessero! Noi riteniamo che, in coerenza con i principi che abbiamo enunciato sin dalla nostra nascita, la battaglia da assumere sia quella per l'uscita da Euro e UE. Con l'avanzare del tempo si concretizzeranno le scelte impopolari che la UE impone nel campo del lavoro, dei diritti, dei beni e servizi comuni. La recessione produrr i suoi effetti sempre pi devastanti, e cio che oggi popolare (cio l'euro e la UE) diventer odiato, e ci che oggi sembra impopolare (l'uscita da UE ed Euro) diventer popolare. Se si considera sbagliato questo, allora corretto non ingaggiare la battaglia che proponiamo. Se invece lo si considera giusto, corretto assumere le posizioni contrarie all'euro e alla UE indipendentemente dall'ampiezza attuale del consenso su queste idee (che non da noi misurabile). Il consenso arriver per coloro che avranno avuto la capacit di indicare le ragioni della crisi (nella sua fase attuale, cio della cosiddetta crisi dei debiti sovrani dell'eurozona) e le forze contro le quali concentrare l'opposizione. Il problema allora discutere nel merito, confrontarsi sulla giustezza o meno delle argomentazioni favorevoli all'abbandono della moneta unica europea e della UE, e della loro coerenza con le idee-guida di Alternativa, a partire dalla decrescita. Punto debole n.3: La tesi, secondo cui nessuno dei programmi politici che Alternativa sostiene possono essere realizzati allinterno di questa Unione Europea, e che, quindi, si dovrebbe operare per uscirne, perfino facendo di questa idea la nostra bandiera, quanto di pi schematico si possa immaginare. In base allo stesso criterio si dovrebbe proclamare la nostra uscita dallItalia. Forse che qualcuno dei nostri obiettivi politici costituenti, fondatori, essenziali, pu essere realizzato nellItalia di oggi? Con quali forze politiche lo si potrebbe fare? Con quali movimenti (a giudicare dallo stato penoso in cui galleggiano le miriadi di nicchie conviviali che ci circondano)? Con quali alleanze? In quali tempi? E, per queste ragioni, dovremmo uscire dallItalia? Il punto debole di questo ragionamento si comprende chiaramente da quanto detto sopra. Nell'UE le politiche alternative sono impossibili in base ai trattati stessi che definiscono l'appartenenza all'Unione. Non possono proprio essere realizzate perch farlo violerebbe i trattati. Non affatto cos per l'Italia, dove le politiche che richiede Alternativa sono non solo possibili, ma

completamente aderenti al dettato della Costituzione della Repubblica. Scrivere quanto scrive Giulietto Chiesa significa confondere la linea politica di un governo o di una maggioranza con la Costituzione di un paese. Appare quindi del tutto fuori luogo la critica per cui le posizione contrarie alla UE finiscono, certo involontariamente, per coincidere con quelle della Padania. Coincidono anche con quelle di gruppi di destra, che di tutto possono essere accusati fuorch di voler mettere in dubbio l'unit nazionale. E coincidono con le riflessioni di gruppi e intellettuali di area opposta, oppure vicini al pensiero della decrescita, da Costanzo Preve a Serge Latouche. Punto debole n.4: LUnione Europea non nata come la conosciamo oggi. stata una grande e forte idea, nata dalle riflessioni sulla fine della guerra. Unidea che, alle sue origini, era di pace. E che, se riportata alle sue opzioni originarie, pu consentire la pace tra le nazioni e i popoli europei. Non cos. Le idee relative all'Europa unita sono sorte nel dopoguerra. Ma l'Unione Europea non affatto un'idea. L'Unione Europea una ben precisa realt giuridica, nata vent'anni fa esattamente nei termini nei quali la conosciamo oggi, perch in quei termini stata definita dai trattati che la costituiscono. Prima di essa vi era non l'UE ma idee di Europa che naturalmente potevano essere pi o meno attraenti o convincenti. Quelle idee non si sono tradotte in realt, mentre ci che stata realizzata l'attuale UE, che l'unica UE che esista e sia mai esistita, ed con questa UE, non con le idee di Altiero Spinelli, che oggi ci dobbiamo confrontare, perch questa UE che sta oggi uccidendo il popolo e la democrazia di questo paese. Punto debole n.5: Una tale posizione [uscita da euro e UE], se lassumessimo, sarebbe reazionaria. Le forze dominanti, che ci sono ostili, potrebbero tranquillamente farla propria, se pensassero che conviene loro. Ma lerrore che commetteremmo sarebbe anche quello di ignorare che esistono, tra le forze dominanti, posizioni capaci di guardare a unEuropa autonoma rispetto alla stessa Alleanza Atlantica. Queste forze - che sono parte (il cui peso dobbiamo valutare) del sistema di potere della finanza - si stanno muovendo da tempo per evitare di rimanere avvinghiate alla barca pericolante degli Stati Uniti. Il rifiuto di Angela Merkel di andare alla guerra in Libia un segnale netto che queste forze esistono. Ovvio che esse attentano al tenore di vita delle popolazioni, e che quindi ci sono nemiche, ma vogliono riservarsi un margine di manovra su scala internazionale, in attesa di eventi che in parte sono in grado di prevedere. Possiamo ignorare questo fatto? Io credo che uno dei precetti di realismo ai quali dovremmo attenerci di fare unanalisi reale delle forze reali, in ogni frangente. Ignorare che esistono potenziali alleati temporanei, anche se velenosi, e procedere come se vivessimo nel vuoto pneumatico non una linea politica. E unavventatezza. Qui pi che una critica, si impone una domanda: cosa vuol dire quanto scritto? Si considera la Germania attuale, con i suoi attuali ceti dirigenti, un alleato potenziale oppure no? Giustamente la si definisce nemica, ma si accenna anche a possibili alleanza temporanee: ma il tempo di una alleanza temporanea sarebbe il tempo presente, cio adesso. Mentre proprio la Germania, come giustamente viene detto, a guidare la UE nel progetto di massacro sociale in atto, che assolutamente inevitabile finch resta in piedi la moneta unica. La contraddizione evidente, cos come evidente che rifiutare l'alleanza con la Germania non significa certo procedere come se si vivesse nel vuoto pneumatico (su questo valgono le argomentazioni di cui al punto successivo). Nelle condizioni attuali, un'alleanza con la Germania (o con parte dei ceti dirigenti tedeschi) in funzione anti-USA, significa l'asservimento e l'immiserimento del popolo italiano, la sua riduzione a plebe da Terzo Mondo, per favorire la potenza tedesca. Questa prospettiva

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va combattuta da Alternativa con la massima intransigenza. Punto debole n.6: Strategicamente, un tale approccio, ancora pi sbagliato sul piano internazionale. Segnali numerosi indicano lesistenza di un grande scontro tra limperialismo finanziario anglosassone (in questo momento Wall Street e la City) e quello tedesco (Berlino in primo luogo, insieme ai satelliti dellEuropa Orientale). Come sia rappresentabile la configurazione di questi due schieramenti e come lo siano i loro piani non facile, al momento, decidere. Non abbiamo gli elementi conoscitivi essenziali per farlo. Certo che decidere, semplicemente e avventatamente, di disinteressarci dellesito di questo scontro di una miopia e di un provincialismo inaccettabili. Anche qui la debolezza del ragionamento abbastanza evidente. Chi propone di uscire da Euro e UE non propone certo di disinteressarsi delle dinamiche internazionali. Tutt'altro: proprio dando per scontata la permanenza nella UE che si preclude all'Italia un ruolo di impulso a politiche di pace e di alleanze inedite a livello europeo ed extraeuropeo. L'uscita dall'Italia da Euro e UE provocherebbe la fine dell'uno e dell'altra e aprirebbe uno scenario del tutto nuovo dove l'Italia potrebbe proporsi come aggregatore di Paesi economicamente vicini e simili (guardando al mediterraneo e anche all'est). I quali avrebbero tutto l'interesse a dialogare. Dunque una scelta di rottura da parte dell'Italia avrebbe certamente conseguenze nei rapporti internazionali, alcune positive, altre negative. Ma comunque privo di fondamento ritenere che l'esito debba essere necessariamente l'isolamento del nostro Paese. Al contrario, escludere a priori questa opzione vuol dire costringere l'Italia a partecipare a dinamiche dirette da altri (siano gli USA o la Germania) con effetti distruttive per la stragrande maggioranza delle popolazioni. Ci fermiamo qui. Vorremmo per che fosse chiaro il senso di questa elencazione di punti deboli. Essa ci parsa necessaria per rendere evidente un fatto: impossibile difendere l'appartenenza a euro e UE e contemporaneamente i principi fondamentali di Alternativa. Come ulteriormente argomentato nell'articolo di Tringali sui cambiamenti della UE, le proposte di soluzione della crisi e di salvataggio della moneta unica non possono che condurre ad un attacco alle condizioni di vita dei ceti popolari e medi senza nessun precedente. Pian piano in molti se ne stanno rendendo conto, compresi esperti e personalit che certamente consideriamo vicini. In considerazione delle argomentazioni fornite, confidiamo che la prossima Assemblea Nazionale di Alternativa possa far proprie le posizioni che abbiamo proposto.

La chiesa greca dona il patrimonio immobiliare alla nazione in difficolt Da: Vergognarsi.it La chiesa ortodossa greca sarebbe pronta a cedere parte del suo
vasto patrimonio immobiliare per aiutare il paese a contrastare la grave crisi economica.Questo il seguito: A rendere nota la proposta non e stato un prelato piu o meno titolato da un balcone, o da uno scranno messo su per loccasione, ma il ministro delle Finanze ellenico, Evangelos Venizelos, al termine di un colloquio con il larcivescovo Ieronymos II, massima autorita spirituale della nazione. Discrezione e concretezza.Gia la nazione. Insomma i greci hanno ancora una nazione, e un prelato va dal ministro e gli dice, questi sono i nostri beni e sono a disposizione della nazione. Il prelato ha detto al ministro di essere anche molto ottimista sulle possibilita di cooperazione con la chiesa su strumenti pratici per alleviare le sofferenze dei piu bisognosi.Il religioso ha detto infine che le trattative sono molto costruttive e ha promesso che la chiesa continuera a combattere per la gente in questi momenti cruciali.Parole semplici, fatti. E da noi? Un fiume di denaro va dallo stato alle confessioni religiose: ad es. cio che va alla Chiesa cattolica deve essere impiegato per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettivit nazionale o di paesi del terzo mondo.Di che cifre parliamo? Nel 2008 di 1002 milioni di euro (fonte Wikipedia, Otto per mille), che nel 1990 erano 398, ovviamente ripartite fra le varie religioni. Non conosco le proporzioni, ma e facile ipotizzare, dati i rapporti numerici, che vada quasi tutto alla Chiesa cattolica.Ora, questultima ha anche un patrimonio immobiliare, infatti, secondo una stima di Franco Alemani del gruppo Re, si sa che Il 20-22% del patrimonio immobiliare nazionale della Chiesa. (Asi) Si tratta di donazioni, lasciti (erano proibite nellOttocento in vari stati europei), e quindi spessissimo di rendite che vanno ad aggiungersi ai contributi dello Stato (perche l8 per mille e sottratto alla fiscalita generale, non e qualcosa in piu che i contribuenti danno).Che fara la Chiesa, o le Chiese di fronte al grande debito nazionale e alle sofferenze che ci attendono?Tremonti intanto, in attesa che si faccia vivo qualcuno, sullesempio della Grecia, si prende tutto quel riesce a prendere ai poveri risparmiatori. Ma di questo abbiamo parlato ampiamente e per ora soprassediamo.

Fincantieri, aeroporto bloccato - Il governo convoca i sindacati


Da: Repubblica.it

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Dopo lo stop di sei ore, il ministero accoglie la richiesta degli operai e convoca le organizzazioni sindacali per marted. "Chiediamo certezze". Pullman di passeggeri "riprotetti" su Milano e Pisa. Authority scioperi: "Tutelare i diritti dei cittadini-utenti" Dopo sei ore di blocco dell'aeroporto, arriva la notizia: il governo convoca le organizzazioni sindacali per un colloquio sulla crisi della Fincantieri. Il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera parler con i sindacalisti tra una settimana, marted 10. Gli operai rientrano in fabbrica: "Domani si torna al lavoro, luned di nuovo in cantiere e marted tutti a Roma con i pullman". Gli operai avevano iniziato l'occupazione dell'aeroporto alle dieci del mattino. Protestano contro il piano di riorganizzazione del Gruppo le tute blu. Hanno bloccato i varchi dei controlli. Il volo per Roma delle 11.40 partito con quasi un'ora di ritardo e solo con 8 passegggeri, coloro che avevano completato le operazioni di imbarco prima della manifestazione; gli altri 70 sono rimasti a terra. Il volo per Monaco delle 11.55 ha subito due ore di ritardo. Cancellato il volo per Trieste. Centinaia di passeggeri sono stati accompagnati con pullman agli scali di Milano e Pisa per proseguire il viaggio. Mentre la Commissione di garanzia sugli scioperi chiede informazioni sull'agitazione sindacale che "rischia di ledere i diritti costituzionali dei cittadini-utenti, i lavoratori, oltre un centinaio, hanno esposto davanti ai banchi del check-in uno striscione con cui chiedevano "certezza" per il loro futuro.

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