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Direttore Luca Beltrami Gadola

numero 32
27 ottobre 2009

edizionestampabile

www.arcipelagomilano.org in questo numero Editoriale - LBG - LA COPERTA DI PIOMBO E I GIOVANI Citt John Foot - MILANO FA SCHIFO? RETORICA E REALT Approfondimenti - Guido Marinotti - 10 GRADI KELVIN. IL CALORE UMANO E LA PASSIONEDEL SINDACO MORATTI IN CONSIGLIO COMUNALE. DallArcipelago - Walter Marossi PRIMARIE. NESSUNO CI AVREBBE SCOMMESSO Sanit - Claudio Rugarli - LA TECNOLOGIA HA CAMBIATO LA MEDICINA? Scuola e Universit Giovanni Zanchi MILANO, PICCOLA GRANDE CITTA Urbanistica - Matteo Bolocan Goldstein - PER UN GOVERNO DELLE TERRITORIALIT METROPOLITANE Arte e cultura - Pietro Salmoiraghi - DOVE VANNO I SOLDI PER LARTE? Carneade Admin - ATM. MEZZO SERVIZIO DOPPI INCARCHI Mobilit - Marco Ponti - ULTIME DA MALPENSA le vignetta di giovacomo YouTube ARCIPELAGOMILANO INTERVISTA MARCO ALFIERI Il magazine offre come sempre le sue rubriche di attualit in ARTE & SPETTACOLI MUSICA a cura di Paolo Viola ARTE - a cura di Silvia DellOrso TEATRO a cura di Guendalina Murroni CINEMA E TV a cura di Simone Mancuso

Editoriale LA COPERTA DI PIOMBO SALVA I GIOVANI LBG

Prendendo la parola in Consiglio comunale per difendere il sindaco Moratti che aveva appena concluso il suo scialbo intervento, il capogruppo del PdL Gallera ha detto che Milano una citt difficile da capire: per lui, per loro. La conoscono sempre meno, un po come tutta la classe politica milanese, perch il suo scarso ricambio la rende sempre pi autoreferenziale e chiusa nelle stanze del potere. Leffetto di coperta di piombo che sedici anni di Giunte tra Lega e centro destra hanno steso sulla citt si sta esaurendo: la paura come strumento di pressione e ammansimento o lindignazione per i graffiti sono armi che con landar del tempo si logorano. Questa pesante coperta, come tutte le coperte, inesorabilmente corta e ha tenuto al caldo le generazioni pi anziane ma fortunatamente sta lasciando fuori un po di giovani. E si vedono. Non sono i giovani delle ronde, non sono i giovani del volontariato che il peso della coperta non lhanno proprio sentito ma sono quelli della cultura e del nuovo. Giovani pittori, giovani teatranti, giovani architetti, giovani musicisti, giovani grafici, giovani fotografi, giovani esperti di media e per finire giovani scrittori. Da un podi tempo li si vede in giro, alle inaugurazioni, nei teatri, per strada, nei luoghi che amano di

pi come la Triennale. Si ha la curiosa sensazione di una sottile nuova presenza come se il fuori salone del Salone del mobile ogni volta lasciasse dietro di s una benefica piccola eredit di cultura e di voglia di fare. Questa non certo la Milano della quale parla il sindaco Moratti nella sua recente relazione in Consiglio comunale perch un mondo che si muove assolutamente al di fuori delle istituzioni, che probabilmente ha capito quanto sia rischiosa la contiguit con le istituzioni stesse e colla politica ma non vi si muove nemmeno contro se non con quel tanto o poco di spirito critico che ha da sempre animato la cultura e linnovazione, nemiche organiche delle posizioni conservatrici. Milano ha allora un problema: come lasciar crescere questa giovane citt senza soffocarla con un eccesso di attenzione e senza che le istituzioni e i partiti cerchino di uccelli in gabbia, decretandone la morte culturale. un problema che riguarda soprattutto la parte meno giovane della societ civile, quella che ha arretrato di fonte al berlusconismo, disillusa dai propri partiti di storica appartenenza, quella che comunque ha ancora un bagaglio culturale e di esperienza. Tra lei e i giovani pu saldarsi una sorta di nuova alleanza ma le si richiede una legge-

rezza e una dose di autoironia tutte da trovare. Son solo segnali quelli che avvertiamo? Sono solo pi desideri che realt? Penso di no, anche solo a guardare due realt diverse e mille miglia lontane: le code ai gazebo per la scelta dei segretari del PD e la platea presente una settimana fa al convegno dellOrdine degli architetti sul problema di Expo 2015. I giovani cerano sia qui che l: ai gazebo facilitati dalla bella giornata, allOrdine degli architetti forse spinti dalla curiosit ma cerano. Questatmosfera pu essere colta da un PD provvisoriamente rassicurato da una partecipazione insperata. Le sue prime mosse milanesi e nazionali saranno determinanti con una cautela rispetto a quelli di cui ho parlato sinora: non sono i giovani dirigenti - alcuni solo anagraficamente giovani - ma quelli di fuori, gli altri. Sono come gli uccelli migratori: un gesto sbagliato e se ne vanno altrove, magari passando il confine. Quanto ai meno giovani, perch anche di loro bisogna parlare, domenica hanno dimostrato una tenacia miracolosa dietro la quale non c tanto ladesione ad una forza politica quanto il terrore di un passato che potrebbe tornare, anzi che gi qui. Se ne tenga conto.

Citt MILANO FA SCHIFO? RETORICA E REALT John Foot


Nel 1977 uscito un libro che sintitolava Milano No. Curato da Gigi Moncalvo, che sarebbe diventato (molti anni dopo) direttore della Padania. Il libro raccoglieva interventi su Milano vari aspetti e vari punti di vista. Avevano una cosa in comune: erano tutti commenti negativi. Questa tendenza parlare male di Milano ha una lunga tradizione. Il suo punto pi alto era il feroce ritratto di Luciano Bianciardi della citt in La Vita Agra. Ma la critica anti-Milano continuata quasi senza sosta (stranamente con unaaggiunta che faceva diventare il boom come un periodo doro, guardando indietro). Milano come centro del terrorismo e gli anni di piombo, Milano come capitale del Craxismo e della corruzione organizzata, Milano come Tangentopoli (la capitale immorale) e poi Milano come centro della moda, come una citt di individui e, negli anni Ottanta e Novanta come cuore del progetto Berlusconiano, prima come rivoluzione culturale e poi come progetto politico. Ed tutto vero. Per molte ragioni stato difficile amare questa citt negli ultimi anni. La citt ha dei problemi strutturali profondissimi che nessuno si preso la briga di risolvere: il traffico, linquinamento, la violenza urbana, la totale mancanza di pianificazione al livello micro e macro, una politica fatta contro gli immigrati che invece di risolvere questioni legate allintegrazione e alla povert sposta continuamente gruppi di cittadini disperati da campo a campo, una citt incapace di mettersi daccordo sulla costruzione di un luogo di culto per la religione pi importante del mondo, lIslam. E poi una citt dura, difficile, stancante. Tutti sono arrabbiati, sempre, comunque, senza ragione. Sparita la classe operaia, nessun gruppo stato capace di imporre una politica nellinteresse di tutti. Ognuno fa quello che vuole, e il risultato una citt scontenta e senza spazi pubblici, gestita da anni da un sindaco che la vedeva come un condominio. Il simbolo di questa Milano la zona dei navigli, abbandonati da anni nel


tentativo di costruire un delirante parcheggio sotto la darsena. Ma come con qualsiasi questione storica, la litania Milano fa schifo non ci aiuta a capire la realt. C laltra faccia della medaglia, le minoranze virtuose, il dinamismo che ha sempre fatto s che questa citt sia sempre stata capace di reinventarsi, time and time again. C la Milano del design, molto pi interessante e flessibile e molto meno chiusa della Milano della moda (dove i big sono sempre gli stessi, da anni). La settimana del design un momento dellanno magari lunico momento nel quale lItalia veramente al centro di un mondo dinnovazione e modernit, e la citt si apre a tutti. una settimana in cui i giovani sono i veri protagonisti, ma solo una settimana allanno.

Ci sono i progetti nuovi che stanno riimmaginando il centro di Milano che, anche per quelli che sono contro, sono indubbiamente un tentativo di fare qualcosa di nuovo. C lopportunit dellEXPO che potrebbe essere sfrutatta, la massicia attivit della Fiera, istituzioni di eccellenza internazionale come il Politecnico, la Triennale, La Scala, la casa editrice e i negozi Feltrinelli. E ci sono esempi di spazi pubblici straordinari (anche se fuori citt) come il Parco Nord, un fantastico mix di terreni agricoli, paesaggi umani ed ex - industriali, periferie classiche, strade e autostrade, palazzi di una bellezza inaspettata. E poi ci sono, piccoli, ma incoraggianti, segni che ci dicono che non tutto perduto il successo di BikeMi, il progetto per le bici gratis in citt che sta diventando un vero e proprio caso contro tutte le aspettative, ci dice che non tutti i milanesi sono ossessionati dalle loro macchine, e la possibilit di parcheggiare dove e quando vogliono. E finalmente sembra (ma sar vero?) che Milano smetter di costruire alcuni inutili parcheggi sottoterra che nessuno vuole pi. Non basta, quindi, ripetere i vecchi detti Milano No o Milano fa schifo, Capitale Immorale, Milano da Morire. Sopratutto, solo retorica, troppo facile, non ci aiuta a capire questa zona urbana grande e complicata. Bisogna agire dove le cose non vanno, e appoggiare i cambiamenti positivi che sono gi in atto. Non tutto perduto, anche se spesso sembra cosi.

Approfondimenti 10 GRADI KELVIN. IL CALORE UMANO, LA PASSIONE POLITICA, E IL RISPETTO PER LA REALT NELLA RELAZIONE DEL SINDACO MORATTI AL CONSIGLIO COMUNALE. Guido Marinotti E nui passammo e uaie e nun puttimmo suppurt e chiste invece e r na mano s'allisciano se vattono se magniano a citt ( Pino Daniele,1977)
I libri su Milano sono ormai cos numerosi, da costituire quasi un genere letterario; solitamente di natura deprecatoria, o quantomeno interrogativa: Per quale ragione, la ricca e orgogliosa Milano, gi capitale economica del paese (per non toccare lo spinoso tasto della capitale morale) oggi sembra essere una citt infelice, o meglio una citt dinfelici?. Una citt ricca certo, ma popolata da persone insoddisfatte, perse dietro un passato glorioso sfavorevolmente confrontabile con le condizioni attuali. Partiamo, tra i molti, dal classico di John Foot, Milano dopo il miracolo. Biografia di una citt (Feltrinelli, 2001) in cui lo storico inglese immigrato e insediato dalle parti di Piazza Lugano, ricostruisce il passaggio dalla Milano industriale a quella del terziario, visitando con amore etnologico tutti i luoghi del discorso sulla citt (pp. 14-30): dalla nebbia alle case di ringhiera ai danee e Piazza affari, a Piazza Fontana a Scerbanenco a Corso Sempione e Arcore passando per il Palazzo di Giustizia. Non certamente un libro laudativo, ma molto moderato, quasi ottimista, rispetto ad alcune opere uscite di recente che, da vari punti di vista, offrono unimmagine sempre pi drammatica della citt, peraltro riecheggiando quel che si sente dire pi o meno dovunque. Segno comunque che negli ultimi otto anni le cose non sono migliorate. In sintesi John Foot descrive lincapacit della classe dirigente milanese nella gestione della trasformazione da citt prevalentemente industriale a citt a economia terziaria. Questa certamente unosservazione esatta, ma forse quasi tautologica: occorrerebbe fare un passo pi in l e scovare le radici di questa incapacit. Per cercare qualche risposta andiamo innanzitutto a Palazzo Marino, dove dovrebbe trovarsi il cuore di Milano, quel cuore in mano di cui si sempre favoleggiato nellimmagine popolare della citt. Il sindaco Letizia Moratti alle ore 15 un punto del 21 Ottobre 2009, presenta il suo discorso sullo stato dellUnione - prodromo, quasi certamente, alla sua candidatura per un secondo mandato. Il clima nella sala del consiglio comunale gelido: se i consiglieri dellopposizione non fossero l a presidiare listituzione, e anche a cogliere loccasione per fare un bel discorso, il Sindaco di Milano avrebbe subto lonta di doversene andare a casa con la sua cartelletta sotto il braccio, perch ben 13 su 31 (abbastanza per far mancare il numero legale) dei consiglieri di maggioranza avevano disertato limportante occasione. Ma se alziamo un po gli occhi dai banchi del consiglio e guardiamo in giro non sentiamo molti battiti del cuore milanese. Il maggiore costruttore della citt, il noto Ing. Ligresti, ha puramente e semplicemente chiesto che il Sindaco venga mandato a casa e che il Comune di Milano (la grande citt di Milano!) venga commissariato poco importa che si tratti di una mossa tattica


in un gioco di ricatti, liniziativa la dice lunga sullo stato delle cose. Un altro importante costruttore, Zunino (che una volta mi disse io per meno di un milione - o forse erano 10? - di mq non mi muovo neppure) che aveva avviato il progetto Santa Giulia con grandi architetti e fanfare di ogni genere, che prospettavano una sorta di Gold Coast milanese, finito in un totale sfascio, creando in luogo di una gated community per ricchi, un altro terrain vague, solo in parte riscattato dalle brave cooperative. Limpresa incaricata delle bonifiche di Santa Giulia (e molte altre) subisce unincursione della magistratura e delle forze dellordine che arrestano importanti personaggi della maggioranza lombarda con accuse pesanti, profilando una rete di corruzione profonda e quasi senza speranza. Sulla questione della speranza lascia poche illusioni, Il crollo delle aspettative, il titolo di un altro libro di Luca Doninelli (Garzanti, 2005) che scrive: L'emblema di questo crollo si trova in quello che io chiamo il grande sterro: un'area piuttosto limitata, popolata di erbacce, sottoponti, locali fighetti, ritrovi per giovani rampanti, cavalcavia pedonali da periferia sperduta, ristoranti modaioli, nella quale si pu toccare con mano il tiepido abisso in cui l'assenza forzata di un progetto credibile e la quasi impossibilit - culturale e storica - di reperirne uno in tempi ragionevoli ha sospinto una delle citt pi importanti e, purtroppo, pi complicate d'Europa. l'area che comprende le ex Varesine, la stazione di Porta Garibaldi, fino alla porta omonima, che include il brevilineo Corso Como. Qui una Milano da happy hour si scontra, nel giro di pochi metri, con tutto ci che avrebbe dovuto essere, e che la parola centro direzionale, espressione dal meaning ormai pesantemente nostalgico, riassume alla perfezione. Cito solo altri due titoli, uno che va letto perch presenta con grande maestria la faccia di una Milano oscura, a volte feroce e anche sordida, che si contrappone alla vulgata di una Milano solare, La citt degli untori, (Garzanti 2009) che ho gi commentato altrove (Il Corriere, 21 Agosto 2009) e un secondo che non raccomando di leggere se non a un lettore disposto a una lunga avventura in un mare di dettagli, peraltro assai utili per rico-

struire i fatti, Milano da morire, di Luigi Offeddu e Ferruccio Sansa (RCS, 2007; ne approfitto per elevare una sommessa protesta alleditoria italiana. Come si fa a stampare un libro di questo tipo che quasi un data-base, senza lindice dei nomi? Tanto pi oggi che con i word processors loperazione facile). Dalla Milano dopo il Miracolo alla Milano da morire il piano inclinato evidente. Sentendo questo vento il Sindaco di Milano cerca il rilancio: Vogliamo una citt nuova, capace di darsi una nuova configurazione, di assumere un nuovo ruolo sulla scena nazionale e internazionale. di valorizzare le sue mille anime. Vogliamo rafforzare un nuovo orgoglio della citt, un nuovo (come ha detto qualcuno) patriottismo milanese basato sulla valorizzazione delle sue mille anime. Motore di questa trasformazione sono soprattutto le donne di Milano. Di l dal linguaggio ormai quasi obbligatoriamente vacuo (nuova configurazione, le mille anime, la citt nuova, Ssee! E i vecchi dove li mettiamo?) sorprende che il Sindaco Moratti nella sua carriera di laureata in Scienze politiche non abbia mai inciampato sulla frase di Samuel Johnson (attribuitagli da Boswell) Patriotism is the last refuge of a scoundrel resa famosa, in anni pi recenti, da Stanley Kubrick, nel battibecco finale tra Il generale George Broulard (Adolphe Menjou) e Il colonnello Dax (Kirk Douglas) in Orizzonti di gloria. Ma cosa voleva dire Sam Johnson? Ricordava semplicemente che chi tira in ballo la patria, o dio, o la lotta di classe o qualsiasi altro grande valore, spesso e volentieri lo fa per creare una situazione emotiva in cui poi chi dissente viene immediatamente bollato come antipatriottico, cio nemico di tutti. Se critichi sei un traditore. Probabilmente un altro autore che i docenti di Via Conservatorio si sono dimenticati di far studiare alla loro allieva Karl Mannheim, che spiega molto bene come questa sia la tendenza della classi padronali che interpretano ogni critica come una pugnalata alla schiena (Dolchstolegende). Mi remano contro, Non disturbate il manovratore dicevano ai tempi del Crapone: e s visto. Nei vecchi avanspettacoli, quando il pubblico languiva, lempresario attaccava Per le strade, per le vie di Trieste e via con le ballerine in pedana con il tricolore e anche il Sindaco Moratti ha cercato di mandare in pedana le ballerine chiamando a raccolta le donne di Milano. Al di l della grana grossa dellinvocazione di maniera (ci sar stato il solito guru che avr sicuramente detto, mi raccomando faccia riferimento alle donne! Fa sempre effetto) non si capisce davvero il senso di questa sviolinata. Quali donne? Le badanti e le badate, che rappresentano un bel pezzo della realt milanese? Le insegnanti delle scuole che devono portare da casa la carta igienica? Le colf senza permesso di soggiorno che hanno paura di prendere i mezzi pubblici per non essere rastrellate da una polizia locale che, anche nel vestire, assomiglia ogni giorno di pi agli scherani di Doctor No? Oppure le rappresentanti del sciurettismo milanese che si trovano a prendere il t dal SantAmbroeus? Credo che uno dei risultati pi certi nellimmagine del sindaco Moratti sia stato quello di far sembrare umano il Sindaco Albertini. Ma al di l della vicenda morattiana, che forse rappresenta il punto di massimo distacco tra politica e polis finora raggiunto a Milano, dobbiamo chiederci di nuovo cosa non funzioni in questa ricca e infelice citt. Ci da una mano linteressante libro di Marco Alfieri (La Peste di Milano, Feltrinelli, 2009) che ci aiuta capire come mai il Sindaco Moratti che stato indubbiamente molto capace nella mobilitazione che ha portato alla vittoria di Milano al BIE, il giorno 28 marzo 2008 abbia cominciato a perdere terreno praticamente dal giorno dopo. In generale io credo che il tipo di stile politico impersonato dal nostro Sindaco uno stile di chi riesce bene, a vendere ma non altrettanto a consegnare. Pi nel dettaglio, se seguiamo il racconto che fa Alfieri, ci sono probabilmente due importanti fattori. Primo la vittoria di Parigi stata un gioco di squadra nel quale, con un efficace DAlema agli Esteri (ma non solo con lui), il centrosinistra ha appoggiato onestamente e generosamente liniziativa Morattiana. Si pu dibattere a lungo sulle ragioni, ma cos stato senza alcun dubbio. Visto quel che successo dopo c da domandarsi seriamente se un governo Berlusconi avrebbe fatto altrettanto. Io dico di no, per una ragione molto semplice: Berlusconi non avrebbe


mai giocato da spalla a Moratti. Non solo, ma non appena si profilata la possibilit che la cometa Moratti si alzasse troppo sullorizzonte, magari con una traiettoria rivolta al centro del sistema e sostenuta dalla maggiore presentabilit sul piano internazionale, sono partiti i razzi intercettori contro lExpo non diversamente da quel che sta accadendo in questi giorni con Tremonti. (Vedi il mio Avere a cuore le cariche, Golem lindispensabile, 1 Maggio 2008) E nella natura del potere monocratico di Berlusconi, di non rischiare di essere appannati da un competitore interno al proprio schieramento: Bossi va bene perch di nicchia. Laltra causa risiede nella filosofia stessa del Sindaco e del suo gruppo. Tutti i politici sono attenti allimmagine, va da s, ma questo sindaco totalmente conquistato dallidea che lopinione pubblica possa essere manipolata ad infinitum. Quel che conta la comunicazione, l'intendance suivra. E quel che Marco Alfieri chiama, a ragione, uno stile padronale, ma che di derivazione bonapartista o gollista: le riunioni non si fanno in Consiglio comunale o in giunta; lamministrazione comunale una mucca da mungere in termini di sistemazione dei propri fedeli (come viene spiegato in pagine e pagine documentatissime -pp. 15 e sgg.- da Offeddu e Sansa), in barba alla meritocrazia famosa sventolata dal gi Ministro Moratti a ogni pi sospinto. Ma qui si capisce che manca alla Signora Brichetto Moratti e ai suoi la conoscenza di un teorico importante che si chiama Amartya Sen, che spiega molto bene come le situazioni monocratiche siano assai meno efficienti

di quelle democratiche, soprattutto in tempi di crisi. Certo la democrazia un po pi costosa per i leaders, che devono dedicare molto tempo a parlare con tutti (chi ha la mia et ricorda bene le ore che Aniasi e Tognoli passavano a ricevere nel loro ufficio ogni genere di persone, senza escludere il comune cittadino). Ma il leader che disprezza questa attivit e che scambia il Comune per unaltra delle sue aziende avr poi quasi sempre delle brutte sorprese. Loperazione chiave della buona amministrazione, come suggerisce il sociologo Michel Crozier (altro studioso che evidentemente non sinsegnava in via Conservatorio) lcouter, ma si deve ascoltare per capire e per venire incontro, non per manipolare come fanno i drogati dei sondaggi. Il politico Zelig, come Berlusconi, che fa lamicone di tutti, a un certo punto deve rientrare nel castelletto delle promesse. Limpressione generale che Moratti sia molto brava a promettere, ma non altrettanto brava a mantenere e che la differenza tra ci che fa e ci che dice sia molto forte. Gi ai tempi del MIUR era stata pubblicamente tacciata di bugiarda da Walter Tocci, per la sua fantasmagorica abilit di far girare cifre senza fondamento - unaccusa che stata ripresa da Marco Travaglio di recente. LECOPASS un esempio clamoroso: venduto come la panacea per molti mali stato realizzato in un turbinio di compromessi, furbatine allitaliana, stemegnerie alla genovese e improntitudini alla milanese. Risultato: tanti soldi spesi e un pugno di mosche in mano (vispe nonostante linquinamento). Eppure era, in principio, una misura che aveva trovato un buon consenso anche di l da una stretta cerchia di sostenitori del sindaco, anche se con la feroce opposizione di altri gruppi che la ritenevano contraria ai propri interessi e le perplessit di molti esperti che si rendevano benissimo conto che una soluzione di facciata si sarebbe risolta in un gigantesco spreco di soldi. Emb? Sento dire, questa la condizione normale della politica locale e pi in generale della politica. Vero, verissimo, ma non nei problemi che sta il baco (i problemi di Milano sono pi o meno quelli di tutte le grandi citt) bens nelle soluzioni proposte. La politica sempre una attivit di compromesso o meglio di composizione tra interessi e posizioni diverse, ma non pu fermarsi allo scambio di favori tra gruppi diversi, un tot a me e un tot a te pesati sui bilancini dei sondaggi (contro linteresse della mia professione raccomanderei un anno bisestile senza sondaggi i cui pericoli sono ben raccontati da Paolo Natale, Attenti al sondaggio, Laterza 2009). Se ci si limita alla pure e semplice logica del do ut des si cade rapidamente nel dilemma del prigioniero, che esattamente la situazione della politica milanese, in cui la razionalit dello scambio puro porta allo stallo. La leadership politica deve fornire una sintesi, una visione, deve proporre idee, non vacue parole o promesse. Come diceva Bernard Shaw (o Bertrand Russell o qualche altro, non importa, andatevelo a cercare su Google) se io scambio una mela con te, alla fine ognuno dei due avr una mela (vale esattamente anche per le parole mercificate), ma se scambio unidea, alla fine ognuno di noi avr due idee.

DallArcipelago PRIMARIE. NESSUNO CI AVREBBE SCOMMESSO Walter Marossi


Diciamoci la verit: nessuno avrebbe scommesso una lira su una partecipazione cos ampia alle primarie del PD. Quindi il PD pi forte e strutturato di quanto non pensino i suoi stessi dirigenti e viene riconosciuto dalla pi parte degli elettori che ritengono inaccettabile Berlusconi and friends come una alternativa, magari pi necessaria che credibile, ma comunque reale. Se dopo una netta sconfitta elettorale alle europee, in una consultazione scarsamente affascinante per il dibattito, scarsamente operativa visto che in fondo si scelto un leader che non sar necessariamente candidato premier, scarsamente comprensibile nelle dinamiche interne, votano tre milioni di persone su 8 milioni di voti presi alle europee, questo significa che il partito c. A m di paragone giova ricordare che nella prima re-


pubblica nessun partito superava un rapporto iscritto/voti nelle aree pi densamente militanti di 1 a 5, qui parliamo di un rapporto di 1 a 2,6, mentre il rapporto voti iscritti di 1 a 10. La infinita transizione della cosa finita. Mancher di identit, mancher di strategia, mancher di leadership ma non manca di una solida solidissima base, e scusate se poco. Di partiti fortemente identitari, di strategie bellissime, di leader pseudo carismatici pieno il mondo; di partiti con 3 milioni di aderenti ce ne sono pochi. Anche il risultato dei contendenti un risultato significativo. Prodi, Veltroni si erano misurati in competizioni un po farlocche, gi scritte (non credo che siano stati in molti a pensare che Scalfarotto o Panzino, Adinolfi o Gawrosky fossero serie alternative) Bersani invece vince delle primarie combattute, la sua maggioranza una maggioranza conquistata non scontata. Ma la vittoria di Bersani non il solo risultato certo, laffermazione di Marino dimostra che la base elettorale del PD nettamente pi orientata in senso laico di quanto non lo sia la sua classe dirigente, la preannunciata fuoriuscita di Rutelli non ne che la logica conseguenza. Le primarie danno una dimensione quantitativa alle sensibilit interne come mai prima era successo. Tutto cio premesso vediamo altri dati meno brillanti.

1) se si fosse votato anche sui candidati alle regionali si sarebbe dato un impulso significativo alla campagna elettorale dei prossimi mesi che invece purtroppo sconter ulteriori ritardi e divisioni 2) lambiguit della vocazione maggioritaria, leit motiv veltroniano ancora non chiarita: vogliamo o non vogliamo alleanze e con chi? Il congresso non ha chiarito mentre le leggi elettorali regionali approvate o proposte da un partito apparentemente oggi meno incline alla vocazione maggioritaria, nella sostanza lo sono invece pi di quanto lo siano le berlusconiane leggi elettorali nazionali ed europea 3) durante la consultazione si chiesto da pi parti che gli iscritti debbono contare di pi rispetto al popolo delle primarie, richiesta che a fronte di questo risultato di partecipazione appare grottesca ma che tuttavia dovr essere affrontata perch il modello partito appare del tutto irrisolto 4) Le differenze regionali si confermano. Al sud vi un partito obeso di tessere: in Campania un iscritto ogni 5 voti, in calabria uno ogni 4, in Lombardia uno ogni 24, mentre se dagli iscritti si passa alle primarie questo divario si riduce drasticamente, come a dire che vi sono nel PD due partiti: quello delle tessere e delle clientele e quello dopinione. Difficilmente possono conciliarsi. 5) Il divario tra il voto degli iscritti e il voto dei primaristi senza essere sconvolgente alto sopratutto se si guarda alle liste Marino, questo significa che vi in settori degli iscritti la tendenza a correre in soccorso del vincitore, a prescindere dallopinione degli elettori. Insomma il partito c ma le sue regole e il suo funzionamento restano confusi, si evincono pi dai dati che dagli statuti, che infatti sono stati spesso bypassati. Per la Lombardia lanalisi dei numeri ancora impossibile, non essendo reperibili i dati, tuttavia si pu dire che qui si sia gi realizzato il partito dopinione. I voti raccolti in Lombardia alle europee sono circa il 14% del totale nazionale; gli iscritti in Lombardia corrispondono al 5,6% del totale nazionale, al voto nei circoli hanno partecipato in 29000; i votanti alle primarie sono oltre 320 000. Nel milanese addirittura si supera in valori assoluti il numero di partecipanti alle primarie veltroniane. Ergo il rapporto voto elettorale/voto iscritti/ voto primarie delinea un partito in cui gli apparati (se mai esistono) hanno un peso trascurabile, dove lunico rapporto che conta quello tra eletto ed elettore, dove gli organismi dirigenti hanno solo un compito organizzativo. Ripeto un perfetto partito dopinione, il che a mio modo di vedere un fatto positivo che chiude con le storie organizzative dei partiti del secolo scorso.

Sanit LA TECNOLOGIA HA CAMBIATO LA MEDICINA? Claudio Rugarli


La tecnologia ha sicuramente molto cambiato la medicina e questo sotto gli occhi di tutti, ma non tutti sono daccordo sul fatto che la abbia cambiata in meglio. Generalmente si accusa la moderna medicina tecnologica di avere disumanizzato la pratica clinica e di avere indotto i medici a trattare i pazienti come oggetti, ossia di avere distrutto una secolare tradizione di rapporti tra medici e pazienti. C del vero in questo, ma si tratta solo di un aspetto di un problema pi complesso, che ha degli aspetti tecnici che sfuggono ai non medici, che addirittura, talvolta, tendono ad aggravarlo. Comincer con due aneddoti che mi sembrano istruttivi. Il primo riguarda il caso di una ragazza che da pi di un anno accusava una febbricola resistente ai comuni antitipiretici (per intenderci farmaci simili allaspiririna) e anche a cicli di antibiotici e di cortisonici. Gli esami di laboratorio e strumentali di questa ragazza, che erano stati praticati ripetutamente e in un largo ambito, erano sempre stati perfettamente normali ed escludevano uninfezione o una malattia immunologica, n davano adito ad alcun sospetto di malattie pi gravi. Dopo averla accuratamente visitata, non ebbi difficolt a diagnosticare una forma funzionale, ossia legata pi a fattori psicologici che a malattie organiche. Forme di questo tipo non sono rare tra i giovani e si trattano piuttosto con un rapporto umano che con farmaci. Quello che mi colp per in questo caso fu che la ragazza, pienamente convinta della mia conclusione e molto disposta a cooperare, mi rese noto che in tutto il tempo della sua malattia io ero stato il primo a visitarla.


Si pu obiettare che al giorno doggi esistono tali e tante indagini cliniche da rendere la visita medica superata, unanticaglia dei vecchi clinici del passato. Ma proprio cos? Anni fa fu ricoverato nel reparto clinico che allora dirigevo un uomo che era, come si usa dire nel gergo ospedaliero, in appoggio, ossia che aveva problemi specialistici che non erano quelli di competenza del mio reparto, ma erano, seppure non gravi, problemi cardiologici e non era andato dritto in cardiologia perch in quel reparto non cerano posti, ma era destinato a trasferirvisi al pi presto. In sostanza, era un ammalato di passaggio. Ma i miei assistenti erano abituati a visitare gli ammalati e cos uno di loro fece con quel paziente, trovando la milza ingrandita, reperto del quale fino ad allora nessuno si era reso conto perch, concentrandosi sul cuore, nessuno gli aveva messo una mano sulla pancia. Lammalato fu trattenuto da noi, furono fatti accertamenti e si constat che era affetto da un linfoma non Hodgkin, termine tecnico che indica un tumore maligno del sistema linfatico. Furono messe in atto le terapie necessarie e dopo un non breve periodo nel quale altern trattamenti in regime di ricovero e ambulatoriali (durante i quali furono anche risolti i suoi problemi cardiologici) lammalato fu dichiarato guarito. Forse lesito sarebbe stato differente se la diagnosi avesse tardato a essere fatta. Ho raccontato questi due aneddoti per dire che visitare gli ammalati non una pratica obsoleta, ma sempre utile e che importante non solo per stabilire un corretto rapporto tra medico e paziente, ma anche per la diagnosi. Infatti, lesame fisico, che il termine tecnico per indicare la visita medica, ha anche il pregio di stabilire una certa familiarit tra curante e curato e di facilitare la comunicazione tra di loro, come avvenne, proficuamente, con quella ragazza della prima storia. E questa non solo questione di essere gentili e umani, ma anche di svolgere bene la propria professione. C anche una domanda alla quale rispondere: ma non esistono indagini cliniche che possono supplire allintervento del medico con lesame

fisico? Per molti reperti cos. Per esempio, unecografia addominale avrebbe potuto mettere in evidenza la milza ingrandita dellammalato della seconda storia. Ma le indagini strumentali e di laboratorio che si possono eseguire in un ambiente adeguatamente attrezzato sono moltissime e non possono essere eseguite tutte in ogni ammalato. Hanno, infatti, un costo non solamente economico, ma anche in termini di tempo sprecato e di possibili effetti collaterali (non questo il caso dellecografia), mentre palpare un addome pi rapido e meno dispendioso. Perci meglio fare in tutti lesame fisico. E certamente vero che con le indagini cliniche si possono ottenere una quantit notevole di informazioni che lesame fisico non pu dare. Ma, come abbiamo detto, non si possono fare tutte le indagini possibili e quindi ci si limita a quelle suggerite da ragionevoli ipotesi. E per fare questo, occorre parlare con gli ammalati e visitarli. Credo che, quando si parla di contenimento delle spese sanitarie non si tenga conto che il problema anche tecnico e culturale. Questo problema che ho qui sollevato si collega con un altro pi vasto che quello del ruolo nella pratica medica attuale delle specializzazioni, che sono poi le depositarie della tecnologia. Premetto che queste sono utilissime perch il sapere medico oggi cos vasto che nessuna mente umana pu contenerlo in tutti i suoi dettagli, n immaginabile che vi sia qualcuno in grado di cimentarsi con tutte le attivit manuali che occorrono per tecniche chirurgiche o strumentali. Ma il problema se la medicina nel suo complesso sia solo la somma di tutte le specializzazioni finora esistenti o se le specializzazioni, in realt, debbano sovrapporsi a una consapevolezza medica di base che le attraversa tutte. Io sono di questa seconda opinione e penso che questo valga per qualsiasi specialista, ma non sono sicuro che tutti gli specialisti e, pi ancora, tutti i pazienti condividano questidea. Io, infatti, credo che uno specialista che si trova di fronte a un problema che non rientra nella sua specializzazione, non debba limitarsi a dire che questo non di sua competenza e, eventualmente, indirizzare altrove il paziente, ma debba essere stimolato a pensare e a fare ipotesi. Molti fanno cos. Questo, oltre ad essere intellettualmente gratificante, anche utile per inquadrare lambito dei problemi dellammalato e a indirizzare il paziente allo specialista appropriato. Sono ben note le storie di ammalati che girano da uno specialista a un altro senza riuscire a risolvere i propri problemi. Certamente, lintervento dello specialista va meglio se viene dopo quello di un generalista o di un internista. Vale la pena di ricordare che ci sono ottimi medici di medicina generale (generalisti, non generici) che si dedicano estensivamente a quella conoscenza medica che alla base di tutte le specializzazioni. E ancora precisare che la medicina interna non la stessa cosa, ma una specializzazione che coltiva il metodo clinico ed specifica per i problemi complicati nei quali non chiara la specializzazione di competenza. Ma anche per la medicina interna ci sono dei problemi che cercher di spiegare. Nel 1996 fu pubblicata su una rivista americana una position paper della American Medical Association nella quale si discuteva del ruolo del general internist. A parte il fatto che questo ruolo era valutato positivamente, questo documento spiegava che esiste anche un internista specialista, che cio dedica particolare attenzione a problemi propri di una certa specializzazione, e che esistono varie posizioni intermedie tra questi due orientamenti... E questo sicuramente il caso dei professori universitari che, per lo statuto della loro posizione, si dedicano anche alla ricerca. Ma non possibile fare ricerca efficace se non in un campo ristretto che poi quello di una specializzazione. Questo fa s che questi internisti siano anche specialisti. Il problema che emerge come fare in modo che la loro sapienza specialistica non vada a detrimento della loro visione panoramica, ossia che non si convertano da internisti in altri specialisti essi stessi. Questo un problema non ancora risolto e che una sfida intellettuale della medicina contemporanea.

Scuola e Universit MILANO, PICCOLA GRANDE CITTA Giovanni Zanchi


Milano non una citt universitaria e tanto meno una citt per giovani. Ma perch? Una domanda che sorge spontanea poich questa metropoli sembrerebbe avere tutti i numeri per essere allavanguardia in Europa e nel mondo. Per essere un punto di riferimento al quale guardare con ammirazione e spirito di emulazione, per diventare una meta ambita dai ragazzi al pari di Berlino, Madrid, Londra. Purtroppo, al momento, Milano ben lontana dal modello rappresentato dalle principali citt europee. Risulta inospitale, aggressiva, poco stimolante e triste. Il problema che queste impressioni le suscita in chi la vive. In questo senso emblematica la situazione universitaria di questa grande citt. Come caratteristiche potrebbe essere una delle pi affascinanti citt universitarie dItalia e del vecchio continente. Basti guardare i numeri. Stando ai dati pubblicati sul sito del Ministero della pubblica istruzione del 31 gennaio 2009, infatti, si scopre che Milano ha le carte in regola per essere tutto il contrario di una citt inospitale, aggressiva, poco stimolante e triste. Gli studenti iscritti alle facolt dellUniversit degli Studi sono 61039 (compresa la sede di Sesto San Giovanni); al Politecnico gli iscritti sono 34331; in Bicocca 29966; in Cattolica gli studenti sono 37084; i bocconiani 12634; gli iscritti allo IULM sono 4109; al San Raffaele si contano 1887 studenti. Per un totale di 181500 giovani universitari. Numeri da grande citt non c dubbio. Nonostante questi dati, per, Milano non percepita come un grande polo universitario. Ma perch? Come mai la forza di questi numeri non riesce a plasmare lo spirito della citt? Di risposte ce n pi duna. Manca la cooperazione tra queste universit. Mancano dei progetti condivisi che coinvolgano gli studenti, che facilitino lo scambio didee, che permettano ai giovani - che dovrebbero essere i veri protagonisti della vita universitaria - di avere soddisfazioni immediate a livello professionale e umano. La politica, che tutti questi prestigiosi atenei promuovono, del tutto autoreferenziale. Il loro nome viene prima del bene degli studenti. Lapparenza di gran lunga pi importante della sostanza. Un altro elemento da non trascurare, lelevatissimo prezzo degli affitti che, di conseguenza, tiene lontani da Milano chi, per comodit, ci vivrebbe volentieri, ma che costretto anzitempo a fare una vita da pendolare. Anche in questo caso la situazione drammatica. Vivere in citt quasi impossibile senza un consistente aiuto delle famiglie, che nella maggior parte dei casi si fanno gi carico delle spese universitarie. Trovare una soluzione a meno di 350 euro (spese escluse) pare unimpresa titanica, di solito la soglia alla quale ci si accontenta si aggira attorno ai 450 euro, tutto il resto per chi se lo pu permettere. Molti padroni di casa chiedono cifre esorbitanti per una camera doppia e, spesso, il resto della casa a dir poco fatiscente o situata in una zona poco raccomandabile. Per riuscire a vivere da soli a Milano, a ventanni, bisogna avere tanta fortuna, tanti soldi o una fitta rete di conoscenze nel campo immobiliare. Eppure a Madrid possibile andare a vivere a Sol (quartiere in pieno centro) e non spendere pi di 300 euro, la stessa cosa succede a Lisbona nel Bairro Alto, a Barcellona dal centro alle zone periferiche facile trovare stanze singole che vanno dai 160 euro ai 250, o a Berlino, nel quartiere centrale Mitte, in cui si arrangiano intere abitazioni (!) a 300 euro. Il confronto deprimente, anche perch, chi ha avuto il piacere di passare qualche giorno in una di queste citt, si sar facilmente reso conto dellincredibile divario esistente anche a livello culturale. Le metropoli in questione sono vissute dai propri abitanti a ogni ora del giorno e della notte. A Milano ultimamente, dopo una certora, sembra in vigore il coprifuoco. Nelle grandi citt europee si aspetta il fine settimana per impossessarsene, per viverle fino in fondo, per farne parte attivamente. A Milano si aspetta il fine settimana per scappare, per dimenticare, per far finta di non essere milanesi. In Europa gli spazi pubblici sono sfruttati, occupati ed esaltati dalla popolazione che li abita. A Milano gli spazi pubblici vengono recintati, chiusi, transennati. In linea con la tendenza assunta dal Paese in questi ultimi anni, la grande Milano, invece di attrarre, spaventa e mette in fuga. Chi ci abita la vive poco e male. ora di cambiare questa tendenza, ora di dare fiducia ai giovani e di pensare al bene comune. il momento di voler bene nei fatti a questa citt. Bisogna che Milano torni a essere motivo di orgoglio, e che le sue potenzialit siano sfruttate appieno. Si comincia a essere stanchi di parlare male di Milano.

Urbanistica PER UN GOVERNO DELLE TERRITORIALIT METROPOLITANE Matteo Bolocan Goldstein


La questione del governo metropolitano si pone ogniqualvolta un tema di rilevanza pubblica dallintegrazione delle reti della mobilit alla gestione dei servizi ambientali, dalla pianificazione dei parchi di cintura alla programmazione dei servizi di welfare evidenzia dimensioni e dinamiche territoriali che entrano in tensione con la partizione dei confini amministrativi, impedendo un soddisfacente trattamento di un problema collettivo allinterno di un singolo territorio comunale. Il caso dellarea milanese in questo senso esemplare, essendo il comune dominante spazialmente costretto, ma partecipe di una vasta formazione urbana regionale caratterizzata da una fitta rete di comuni minori, alcuni dei quali rilevanti per


storia, peso demografico e tradizione civica. Nel corso del Novecento, questa dimensione orizzontale delle relazioni politiche nello spazio ha prodotto conflitti anche aspri, mostrando in diverse occasioni la tendenza della citt centrale a pensarsi in proprio, scaricando le contraddizioni della propria crescita allesterno sul pi ampio contesto territoriale: si pensi alla fase di pi intensa urbanizzazione del secondo dopoguerra, nella quale la dilatazione progressiva della citt si scontra con la crescita urbana dei comuni di corona e le dinamiche urbanistiche valicano i confini delle singole amministrazioni imponendo il tema di una pianificazione intercomunale (si ricordino i vari progetti e tentativi di collaborazione territoriale allinterno del Pim, piano intercomunale milanese, durante gli anni sessanta ma anche la perenne riottosit del comune di Milano nel mettersi in gioco); si pensi alla fase del decentramento suburbano di certe funzioni, la stagione dei cosiddetti comprensori tra gli anni settanta e ottanta, e al dibattito apertosi sulla nobilt - vera o presunta - delle attivit da insediare oltre i confini della citt centrale (non solo carceri e inceneritori, infatti, ma anche scuole, ospedali, centri direzionali...). Malgrado alcune sporadiche conquiste, la storia del governo delle territorialit metropolitane assai problematica, riproponendo nel tempo quella dialettica cooperazione/competizione che pervade sia i rapporti tra citt centrale e comuni

dellarea milanese, sia quelli esistenti tra le varie localit della regione urbana (si pensi alla recente stagione dello sviluppo locale e ai vari tentativi di progettazione integrata del territorio) e, per certi versi, anche i rapporti tra i governi locali e il variegato mondo degli enti che gestiscono specifiche funzioni settoriali, da cui il nome di autonomie funzionali: dagli enti fieristici a quelli universitari, alle diverse agenzie preposte alla gestione di servizi in rete quali i trasporti pubblici, ferroviari e aeroportuali, o le reti energetiche e dellacqua, solo per citarne alcuni. Il tema delle autonomie, del loro profilo e rafforzamento, stato a lungo centrale nel dibattito dellItalia repubblicana, portando il legislatore a individuare e normare un ulteriore livello di governo: le citt metropolitane, appunto, tardivamente introdotte con la legge 142 del 1990 e, in seguito, improvvidamente costituzionalizzate con la riforma del Titolo V. Tale riduzione amministrativa della complessit geografica, parafrasando una felice definizione di Bruno Dente, ha mostrato tutta lastrazione di provvedimenti legislativi apparentemente validi sulla carta, ma del tutto inefficaci rispetto alleffettivo funzionamento delle reti decisionali e ai processi che sintendeva regolare. Una volta emancipato il tema del governo metropolitano dallillusoria introduzione di nuove istituzioni di livello superiore, esso ripresenta tutte le sue urgenze: e ci essendo la frammentazione dei poteri un tema reale e un vero rompicapo per ogni tentativo concreto di governo dei processi territoriali. Tali considerazioni sono ampiamente confermate dallesperienza nel campo delle politiche urbanistiche. Si pensi al nuovo progetto di Piano di governo del territorio (Pgt) presentato in queste settimane dal comune di Milano: da un lato esso avanza uninsolita tematizzazione della citt attraverso una significativa apertura territoriale (si parla di metropoli a rete e di popolazioni al plurale, di citt multicentrica e di rottura del radiocentrismo); daltro lato, una serie di obiettivi dirimenti - ad esempio quello della densificazione urbana e dellinversione dei processi di consumo di suolo - sono giocati a una scala del tutto inadeguata e tale da comprometterne seriamente ogni credibilit pubblica. In questo senso, la reputazione di uno strumento di governo fa tuttuno con la reputazione della classe dirigente che lo ha partorito e che deve interpretarlo concretamente nelle scelte politiche e amministrative quotidiane. Nella realt milanese, questo aspetto riporta con forza al tema del governo metropolitano e alla necessit di rilanciare una stagione dimpegno e sperimentazione affinch la regione urbana milanese non rimanga unevocazione retorica e descrittiva ma si qualifichi in termini di cooperazione territoriale alle diverse scale: Pgt ed Expo 2015 sono in tale prospettiva occasioni da non perdere.

Arte e cultura DOVE VANNO I SOLDI PER LARTE? Pietro Salmoiraghi


Qualche giorno fa - precisamente il 28 settembre - grazie allinteressamento e allo spirito organizzativo di Emilio Battisti ho potuto partecipare a un interessante incontro dedicato alla Metropolitana di Napoli: presentavano i lavori, davvero degni del massimo rispetto, alcuni rappresentanti di MetroNapoli S.p.A. (societ del Comune di Napoli che gestisce il trasporto su ferro in citt) e dellAmministrazione, gli architetti Aulenti e Mendini e alcuni artisti. Sono state illustrate alcune delle cos dette Stazioni dellArte: nate da un progetto promosso dallAmministrazione Comunale per rendere pi attraenti i luoghi della mobilit e offrire a tutti la possibilit di un incontro con larte contemporanea. Gli spazi interni ed esterni delle stazioni hanno infatti accolto, sotto il coordinamento artistico di Achille Bonito Oliva, oltre 180 opere di 90 tra i pi prestigiosi autori contemporanei, costituendo uno degli esempi pi interessanti di museo decentrato e distribuito (Bonito Oliva parla di Museo Obbligatorio) sullintera area urbana: un museo che non spazio chiuso n luogo di concentrazione delle opere darte, ma percorso espositivo aperto, per una fruizione dinamica del manufatto artistico. La realizzazione delle stesse stazioni, affidata ad architetti di fama internazionale, ha rappresentato un momento di forte riqualificazione (e proprio qui sta la parte forse pi interessante dellintervento) di vaste aree del tessuto urbano: edifici, vie e piazze interessate dalle nuove stazioni. Lincontro ha costituito unimportante occasione di approfondimento, dibattito e confronto che anticipa quella


che si sta pensando di organizzare per fare il punto sulla situazione del trasporto pubblico di massa a Milano in vista dell'Expo 2015. Ma non solo: si pensi alla quantit di opere pubbliche che verranno poste in essere per loccasione. Anche relativamente allinserimento di interventi artistici; in senso lato, in grado di qualificare gli interventi anche sul piano . Vale la pena di ricordare che esiste ormai da decenni una legge in merito (originariamente la 717, che nel 49 ripropone alcune norme gi contenute nella cosiddetta legge Bottai, ministro delle corporazioni e ministro dell'educazione nazionale, legge del 1939 sulla tutela delle cose d'interesse artistico e storico): legge che (nonostante sia stata oggetto nel febbraio 2006 di minime varianti e, soprattutto, di Linee Guida per la corretta applicazione) tuttora vigente, anzi, fatta propria di recente anche da molte regioni (in Lombardia si veda il D.g.r. 16 sett. 2009, n 8/10167), dallo stesso Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (decreto 23 marzo 2006) e via discorrendo. Appare ancora nel Disegno di Legge sulla qualit architettonica approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri il 19 novembre 2008. Si tratta, come appare chiaramente, di una legge di fondamentale importanza per la promozione e il finanziamento dellarte contemporanea: legge quasi sempre disattesa o malamente applicata (anche perch - afferma qualcuno - manca un apparato sanzionatorio efficace). Pure, sotto il profilo sanzionatorio, la Legge molto esplicita: pesante nei suoi risvolti applicativi. Laddove per esempio, afferma che (Articolo 2bis (nota 8): Nelle operazioni di collaudo delle costruzioni di cui alla presente legge, il collaudatore dovr accertare sotto la sua personale responsabilit ladempimento degli obblighi di cui allart. 1 - ovvero la destinazione del 2% per opere dinteresse artistico -: in difetto, la costruzione dovr essere dichiarata non collaudabile, fino a quando gli obblighi di cui sopra siano stati adempiuti o lAmministrazione inadempiente abbia versato la somma relativa alle opere mancanti maggiorata del 5% alla Soprintendenza competente per territorio, la quale si sostituisce alla Amministrazione per ladempimento

degli obblighi di legge. Inoltre altrove si prescrive che (legge 109/1994 Merloni e D.P.R. 554/99) i quadri economici degli interventi sono predisposti ove previsto includendo le spese per opere artistiche e, al contempo (Articolo 2, nota5) La scelta degli artisti per lesecuzione delle opere darte deve essere effettuata, con procedura concorsuale, da una commissione composta dal rappresentante dellamministrazione sul cui bilancio grava la spesa, dal progettista della costruzione, dal soprintendente per i beni artistici e storici competente e da due artisti di chiara fama nominati dallamministrazione medesima. Che significa in pratica tutto ci? Che riscontrabile da sempre un enorme disinteresse, certo, da parte dei progettisti (che fin dal progetto preliminare devono prefigurare le modalit dell"intervento artistico: quale esso sia) ma, soprattutto, la totale inadempienza da parte dei Responsabili del Procedimento e, in particolare, dei collaudatori. Capiamo il disagio che un direttore dei lavori e un progettista (e, in epoca pi recente, un responsabile del procedimento) possano essersi trovati e si trovino ad affrontare: ovvero una procedura concorsuale che si sovrappone allappalto dei lavori e che coinvolge un soggetto nuovo, qual lartista, senza un adeguato supporto sia tecnico amministrativo, che culturale. Ma che dire dei Soprintendenti alle gallerie e per i beni artistici e storici piuttosto che delle associazioni degli artisti: che non decidono di far valere i propri diritti? Viene un certo malessere. Tutti i collaudatori, i progettisti, i RUP (quali? quanti?) di opere pubbliche che non hanno ottemperato alla normativa configurano un comportamento lesivo? Perseguibile? In quale modo? Reati prescritti? E via discorrendo: dove sono finite le cifre corrispondenti? Certo, le critiche ci possono essere: il pericolo (ma mi pare remoto) di tentare di imporre una sorta di arte del regime, quello di straniamento dellopera darte e coartazione della libert dellartista Pensiamo per, in questo stato dinadempienza formale e sostanziale, quante occasioni si sono perdute (Scuole, Ospedali: ma anche Aeroporti, Stazioni ferroviarie, opere per lAlta Velocit, Autostrade. Nonostante, infatti, esista la legge 241 sulla trasparenza degli Atti Amministrativi, non sempre facile per noi comuni cittadini verificare la corretta applicazione di tutti gli adempimenti che una normativa prevede. soprattutto, tra laltro, per limpossibilit di reperire bandi di concorso per alcune grosse opere della Lombardia) E quelle che rischiamo di perdere nelloccasione dellEXPO (anche se, ovviamente la questione nazionale: e non solo locale). Anche perch - come avvenuto a Napoli - si potrebbero introdurre (allargando la nozione di opera da realizzare in situ) momenti di forte riqualificazione di vaste aree del tessuto urbano. Per fare un esempio si potrebbero citare le aree circostanti le nuove stazioni della cintura ferroviaria milanese riqualificata e con valenze metropolitane interessate. Bene, in questa situazione di marasma (del tutto silenti Comune di Milano e contermini, Provincia/e ecc.) sola e isolata si fa udire la voce dellassessore regionale alle Culture, Identit, Autonomie della Lombardia Massimo Zanello (peraltro leghista) che mercoled 30 aprile 2008 in un comunicato dichiara: Circa dieci milioni di euro in pi nei prossimi anni per i giovani artisti e larte contemporanea. E il risultato voluto e ottenuto oggi in giunta regionale dallassessore alle Culture, Identit e Autonomie della Lombardia Massimo Zanello. Regione Lombardia destiner lo 0,2 per cento della spesa sostenuta per le opere pubbliche alla realizzazione e allacquisto di opere darte. Tale 0,2 per cento sar ulteriormente incrementato di uno 0,1 per cento allanno sino al raggiungimento della soglia del 2 per cento. La cifra di dieci milioni di euro stata ottenuta facendo un calcolo approssimativo che considera gli investimenti in infrastrutture pubbliche gi stanziati e gli investimenti in progetto nei prossimi tre anni. Intendiamo cos dare concreta applicazione alla Legge 717 del 1949, che regola le norme per larte negli edifici pubblici - spiega lassessore Zanello norme che fino ad ora sono state totalmente dimenticate dalla maggior

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parte delle amministrazioni pubbliche statali e locali. Regione Lombardia stabilisce oggi invece le regole di un progetto culturale a lungo termine, che d ai giovani artisti e allarte contemporanea la possibilit di crescere e ottenere i riconoscimenti che merita. Questa decisione riguarda anche gli investimenti previsti per lExpo e gli investimenti in opere pubbliche degli altri enti locali lombardi, in primis provincie e comuni il primo e pi importante appuntamento sar con la nuova sede di Regione Lombardia.

Perch? In base a quali ragionamenti, scelte e norme? Quale la delibera regionale? Una sorta di sanatoria per il passato? O - ci che pi dovrebbe preoccuparci - una dubbia ipoteca sul futuro? Ho cercato di fissare con lui un appuntamento ma, non essendo un giornalista accreditato, sono stato evasivamente quanto fermamente eluso gi a livello dalle segreterie. Qualcosa da fare a me pare ci sia: a tutti noi buon lavoro!

P.S.: non vorrei che ci si dimenticassero gli interventi progettuali di Rossi, Gardella, Canella, Albini, Noorda per MM. Cos come sin dora mi scuso con tutti coloro (vere mosche bianche!) che hanno profuso le proprie energie per promuovere quegli interventi ribadisco: invero pochi e poco noti che in questi ultimi ventanni e pi hanno sortito qualche risultato.

Carneade ATM. MEZZO SERVIZIO DOPPI INCARCHI Carneade


Recentemente alcuni qualificati organi di stampa hanno dato notizia delle mozioni presentate dal PD in Consiglio Comunale a seguito della nomina di Elio Catania, gi presidente e amministratore delegato di ATM, a Group CEO con conseguente aumento di stipendio. Le mozioni, oltre a vari auspici sulle modalit da seguire per definire obiettivi e premi dei manager delle aziende municipalizzate, hanno dato in particolare evidenza al fatto che la persona ricopra altri prestigiosi e impegnativi incarichi (consigliere di Telecom Italia, consigliere di Intesa S. Paolo, consulente della Commissione Europea per la realizzazione del Corridoio 4), e posto in dubbio la sua possibilit di svolgere unazione efficace per ATM dovendo gestire anche molte altre differenziate problematiche. E chiaro che sullo sfondo si erge un grande punto interrogativo sugli effettivi risultati conseguiti dal manager nel corso del suo mandato presso ATM; non ininfluente pure la polemica ricorrente sui (purtroppo) numerosi incidenti che hanno coinvolto i mezzi dellazienda in questi ultimi mesi. Per sovrammercato proprio in questi giorni stanno circolando rumours che Catania stia effettuando pressioni sul governo per una sua uscita anticipata da ATM per approdare alla guida di altri progetti sostenuti dal Tesoro italiano(il ponte sullo stretto?) Non vogliamo in questa sede affrontare il tema della appropriatezza della retribuzione di Catania, e tantomeno dare valutazioni sulle magnifiche e progressive sorti delle aziende di cui o sar responsabile. Possiamo per ricordare che Catania si muove nel solco dellaratro scavato da illustri predecessori: L. Stanca, che cumula mandato parlamentare e responsabilit di amministratore delegato di Expo2015, o Giuseppe Bonomi (presidente SEA) che nei mesi scorsi ha accettato un apparente ridimensionamento delle proprie deleghe pur di mantenere inalterata la retribuzione (!). Ci sembra invece interessante segnalare la recente promulgazione (con un ritardo di due anni equamente condiviso tra il presente governo e il precedente) del regolamento attuativo sui compensi per gli incarichi aggiuntivi di dirigenti e manager pubblici: La materia senza dubbio spinosa e deve essere affrontata con attenzione; anche la legge di riferimento, a parere degli addetti ai lavori, troppo rigida e questo comporta il rischio non banale di provocare la fuga dei manager pi competenti dal settore pubblico. Ma non solo: sarebbe paradossale se la battaglia sui tetti ai compensi oscurasse la necessit di una pi trasparente ed efficiente politica retributiva dei manager pubblici ma soprattutto lurgenza di una vera e propria riforma non solo della Pubblica Amministrazione centrale e locale ma in particolare delle societ pubbliche. Una recente ricerca riportata dal Sole 24 Ore pone in evidenza il fatto che in Italia oggi le aziende a partecipazione pubblica (Comuni, Province, Comunit Montane) sono cresciute a dismisura (sono circa 5.000 aziende, mentre erano 1000 alla fine degli anni Ottanta, incluse le gloriose partecipazioni statali). Per un insieme di ragioni, il trend verso la concentrazione pur positivamente imboccato negli anni scorsi sta conoscendo una frenata preoccupante e si rischia addirittura di invertire la tendenza. Si pone quindi il problema della proliferazione di queste aziende e del caos normativo che avvolge il comparto; necessario disboscare la foresta delle regole e distinguere nettamente, sia sotto il regime del profilo giuridico che dei controlli, le societ pubbliche di mercato da quelle che sono in sostanza amministrazioni. In questo modo le prime possono essere messe in condizione di competere ad armi pari con le private italiane e internazionali, senza i lacci e lacciuoli del potere politico. In attesa di questa auspicabile riforma, ribadiamo il concetto che in tutte le aziende pubbliche il tema della governance (intesa come sistema che tutela un investimento di propriet dei cittadini in entit che producono servizi per gli stessi cittadini) assume una centralit assoluta; questo rende necessario un impegno forte e una focalizzazione quasi esclusiva dei vertici aziendali, ai quali al massimo (e in modo selettivo) dovrebbe essere consentito di ricoprire incarichi non operativi presso altre entit aziendali.

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Analogamente i sistemi di compensazione, che devono essere in grado di attirare manager di qualit e di mettere queste aziende in grado di competere con efficacia, devono essere progettati individuando attentamente obiettivi di breve termine (in cui la dimensione finanziaria deve essere necessariamente integrata da indica-

tori pi rotondi in grado di esprimere un approccio gestionale di respiro e vicinanza al cittadino; ad es. la soddisfazione dei clienti) e di lungo termine (centrati in questo caso fortemente sulla dimensione finanziaria e nel caso delle aziende quotate sullequity). La sfida di costruire una accountability, unetica e dei sistemi di gestione per il management pubblico che non faccia il verso pedissequamente ai modelli privatistici ma si distingua per la sua originalit e capacit di interpretare obiettivi collettivi.

Mobilit ULTIME DA MALPENSA Marco Ponti


Malpensa e Linate riceveranno dal recente aumento delle tariffe che le compagnie aeree devono pagare agli aeroporti uniniezione di risorse. Ma ci sono fondati dubbi che questa non sia lazione pi efficace che lo stato centrale possa fare n per favorire lo sviluppo degli aeroporti milanesi, n per tutelare i passeggeri lombardi. Vediamo perch. Innanzitutto gli aumenti appaiono arbitrari: tre euro a passeggero per gli aeroporti grandi, due per quelli medi, uno per quelli piccoli, uguali per tutti, senza verificare quali siano efficienti e quali no, chi fa profitti e chi perde soldi, ma solo al fine di favorire genericamente gli investimenti. Questo aumento mirato solo agli investimenti si colloca, contraddittoriamente, in un quadro di domanda debole, ed definito un provvedimento-ponte in attesa di piani per gli investimenti stessi, che i gestori dovrebbero presentare a breve, e che tuttavia ENAC si dichiara impreparata a valutare. Ora, gli aeroporti sono monopoli naturali, e richiederebbero una coerente e autorevole regolazione per tutelare i viaggiatori (e le compagnie) da inefficienze e rendite. Ma lo scenario di questi anni quanto di pi lontano si possa immaginare da una regolazione di alcun tipo: norme contraddette, assenza di gare per le concessioni (pi volte censurata in vano dallAntitrust, che ha solo poteri consultivi in questo settore), blocco arbitrario delle tariffe, ecc. Il responsabile dei trasporti a Bruxelles, litaliano on.Tajani, in considerazione della crisi, invece di favorire la concorrenza ha decretato il blocco degli slots, cio limpossibilit per le compagnie pi efficienti di espandersi a favore dei passeggeri (si badi, solo le compagnie low-cost sono riuscite a crescere nonostante la crisi e nonostante la guerra che le fanno i governi per proteggere quelle monopolistiche e inefficienti). Ma anche a livello locale non si scherza: la regione Lombardia non ha mai manifestato interesse a una regolazione del settore che protegga lutenza. Il comune di Milano poi, possedendo la SEA, in vistoso conflitto dinteressi su questo fronte, (come daltronde lo la Provincia per lautostrada Serravalle, e la regione per le Ferrovie Nord. Ma su questi temi torneremo). La regione invece a suo tempo si duramente battuta per salvare il monopolio Alitalia, sperando che la super-decotta compagnia rimanesse a Milano. Poi ha minacciato (e la minaccia ogni tanto ritorna) di danneggiare gli utenti milanesi limitando i voli da Linate, sempre in una visione contraria al mercato, cio alle libere scelte dei cittadini. In Inghilterra al contrario si costringe la propriet dei quattro aeroporti londinesi a venderne due, in quanto non si fanno abbastanza concorrenza. Infine, scappata definitivamente Alitalia da Malpensa, la regione ha promesso che a favore di quellaeroporto sarebbero stati rinegoziati gli accordi bilaterali per i voli extra-UE, sui quali Alitalia di fatto monopolista. Ma non ha ottenuto quasi nulla. In compenso si impegnata a spendere soldi (nostri) per migliorare laccessibilit a Malpensa, come se questo fosse il problema principale (la spesa pubblica vista come cura di tutto, lefficienza e la concorrenza sono considerate cose secondarie). Occorre invece dire per concludere che il management della SEA stato capace di andare controcorrente: non ha solo sempre manifestato scarsissimo interesse per il mantenimento a Malpensa di Alitalia (quando tutti gridavano che se questa andava a Roma leconomia lombarda sarebbe collassata). Ha dichiarato in pubblico che se un aeroporto ben gestito riesce ad attirare compagnie e passeggeri, in un contesto non protetto. Sembra anche che nonostante la crisi ci sia abbastanza riuscito: Lufthansa vi ha messo solide radici, Easyjet cresciuta, altre compagnie si sono affacciate. Per vedere i risultati occorrer certo attendere la fine della crisi presente, ma questa sembra una direzione nella quale ha pi senso muoversi, invece che perseverare in atteggiamenti protezionistici (e alla lunga del tutto inefficaci, come daltronde ha largamente provato la stessa vicenda Alitalia).


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Lettera di Enrica Torretta
Sono un'insegnante di un liceo classico di Milano e ho letto con attenzione il vostro articolo inerente allaccesso all'Universit. A mio parere l'analisi andrebbe ampliata alle scuole superiori perch, come i dati dimostrano, esiste una correlazione diretta tra tipo di scuole e successo universitario. Sarebbe interessante creare un dibattito intorno a questo tema ma pare che alle istituzioni interessate non piaccia, forse a causa di un disegno sulla scuola che va verso una dequa-

lificazione dell'istruzione soprattutto quella pubblica. Enrica Torretta


Lettera di Martino Liva
Caro Direttore, sullultimo numero di Arcipelago Milano, ho letto con interesse larticolo di Sara Valmaggi relativo alle primarie del Pd. Non entro nel merito dellarticolo in sostegno della candidatura di Franceschini, ma vorrei soffermarmi da un lato sullimportanza delle primarie e dallaltro sui problemi che il discutibile Statuto del Pd potrebbe generare, nonostante le primarie stesse. E innegabile, come scrive Sara Valmaggi, che le primarie di domenica siano un atto di coraggio di un partito che ha la forza e il coraggio di pesare idee e leadership con una base pi ampia di quella del proprio corpo discritti. Ed innegabile che ci si trovi di fronte ad una novit per la politica italiana: la guida di un partito contendibile da parte di diversi candidati. Per la prima volta poi, queste primarie sono vere, nel senso che non gi scontato lesito, come in quelle del 2006 e 2007 ( relative per al candidato alla guida della coalizione). Ma nellapprezzare il coraggio con cui il partito si apre alla societ per lelezione del suo leader non si pu non osservare i bizantinismi dello Statuto che, cos come si presenta oggi, prevede la possibilit di rovesciare il risultato voluto dal tanto enfatizzato popolo delle primarie. Questo ci che si legge nello Statuto. Lart. 9 dice espressamente che, per lelezione del Segretario il procedimento elettorale articolato in due fasi. La prima fase vede il voto degli iscritti e la convocazione della Convenzione Nazionale. Nella seconda fase, invece, i tre candidati pi

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votati dagli iscritti si sottopongono alle primarie aperte. Sembrerebbe tutto chiaro, ma non finisce qui. Uno dei tre candidati, per ottenere la Segreteria, deve avere la maggioranza assoluta (50%+1) alle primarie. Ma qualora questo non avvenisse, alla prima Assemblea Nazionale (composta da mille iscritti) previsto il ballottaggio (a scrutinio segreto) tra i due pi votati alle primarie. Insomma, per assurdo, potrebbe capitare che nella prima fase, sia in testa Tizio (seguito da Caio e Mevio), alle primarie ottenga una maggioranza (solo relativa) Caio, con Mevio

secondo e leliminazione di Tizio, il preferito degli iscritti, e al ballottaggio finale tra i mille dellAssemblea vinca poi Mevio, che alle primarie aveva avuto meno voti di Caio. Il vero rischio dunque, che questo Statuto possa creare un contrasto tra le diverse votazioni, generando, credo, unimmagine un po frammentata e confusionaria di un partito gi fragile per alcuni aspetti. Bene le primarie dunque, che potremmo definire, come diceva Churchill della democrazia un pessimo meccanismo di selezione migliore per di tutti gli altri, ma converrebbe che la nuova Assemblea Nazionale eliminasse le incongruenze statutarie. Due sono le vie: rafforzare le primarie eliminando la necessit di una maggioranza assoluta, oppure abolirle facendo scegliere il Segretario a tutti i tesserati. Non tanto importante quale via si percorra, ma ci che conta una sfida vera, con un confronto serrato su proposte e idee.

Martino Liva

RUBRICHE
MUSICA Questa rubrica curata da Paolo Viola FILOLOGIA E POESIA
Helmuth Rilling uno dei massimi musicisti europei, conosciuto in tutto il mondo grazie ad una straordinaria attivit di fondatore e direttore di orchestre e di cori, alle innumerevoli incisioni, alla generosa attivit dinsegnante di musica a tutto tondo; lui che ha dato unanima musicale alla citt di Stoccarda ravvivandone il grigiore di capitale dellindustria automobilistica (e non solo). Sopratutto questo giovane settantacinquenne (come lo ha chiamato Nicoletta Sguben) ha approfondito negli anni una lettura specifica dei testi di Bach, di cui riconosciuto grande specialista, e in particolare si fatto ambasciatore nel mondo delle grandi opere bachiane per coro e orchestra (Passioni, Cantate, Oratori, ecc); anche in Italia, e in particolare a Milano, dove per la Societ del Quartetto ha partecipato in pi riprese allesecuzione integrale delle Cantate e recentemente eseguito (nella chiesa di San Marco, per la Pasqua 2007) una memorabile Mattheus Passion. Laltra sera, invece, in un attesissimo concerto sul podio dellorchestra Verdi allAuditorium di Milano, ha ignorato Bach e si dedicato a Schubert e a Brahms, e a un Brahms particolarissimo qual il Doppio concerto per violino violoncello e orchestra opera 102. Eseguito raramente, anche per la difficolt di trovare la coppia di solisti che lo abbiano pronto in repertorio, ma ancor pi perch fin dal suo nascere fu assai poco amato dalla critica (la stessa innamoratissima Clara Schumann ne disse in nessun punto presenta la stessa freschezza e il calore di altre opere di Johannes ... e non credo che possa avere un futuro), questo concerto oggi molto amato dal pubblico non solo per la struggente bellezza dei suoi temi, ma anche per la ricchezza del dialogo fra i due strumenti che lo collocano a met strada tra musica sinfonica e musica da camera. Daltronde fu lultima opera sinfonica scritta da Brahms che, negli anni successivi, gli ultimi dieci della sua vita, si dedic esclusivamente alla musica da camera (scrivendo fra laltro i due meravigliosi Quintetti opere 111 e 115) e a composizioni per voci e per pochi strumenti. Nonostante le parti del violino e del violoncello fossero affidate a una coppia di giovani bravissimi solisti (Rahel Rilling e Dvid Adorjn rispettivamente figlia e genero del direttore, che hanno dialogato tra loro con tutto lamore, il rispetto e la soavit richieste dalla partitura), il concerto non ha trascinato il pubblico quanto ci si sarebbe atteso, e vorrei provare a indagarne le cause. Senza entrare nella polemica fra esecuzioni moderne e ricostruzioni filologiche, non possiamo non riconoscere che la ricerca - anche ossessiva della scrittura autentica, della prassi esecutiva dellepoca, del suono originario dei singoli strumenti e della compagine orchestrale, unopera altamente meritoria laddove sia importante ritrovare sensi e valori andati perduti (o stravolti da strumenti troppo diversi dai loro antenati o da interpretazioni troppo disinvolte rispetto alla pagina scritta). In particolare questa scrupolosa opera di rilettura filologica - di cui Rilling indiscusso maestro - si rivelata essenziale nei decenni passati per capire fino in fondo che cosa era in origine la musica barocca e in particolare quella di Bach; si pensi, per esempio, come le innumerevoli trascrizioni di molte opere bachiane persino quelle mirabili di Ferruccio Busoni nonostante la loro intrinseca qualit e godibilit abbiano finito per snaturarle. Ma questapproccio cos rigoroso, se riservato a un concerto brahmsiano per giunta nato fra contraddizioni e difficolt, finisce per ottenere leffetto opposto: lo priva cio di quel valore che nel tempo si aggiunto

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grazie a sempre nuove letture e interpretazioni, allevoluzione della tecnica strumentale e della direzione dorchestra, allaccumulo di ricerche e di esperienze musicali; grazie dunque a tutto ci che fa di ogni vera

grande opera darte un soggetto sempre nuovo e reinventato e perci sempre nuovamente godibile e attuale. Come si potrebbe oggi ascoltare la musica di secoli passati se la si fosse eseguita - e si continuasse a eseguirla - sempre nello stesso modo ancorch perfetto (esiste?), senza immettervi costantemente il soffio della modernit, senza sottoporla a una sempre nuova idea interpretativa?

ARTE Questa rubrica curata da Silvia DellOrso


I rapporti tra America e Italia nel periodo compreso tra la fine della seconda guerra mondiale e larrivo in massa della Pop Art a met anni 60. Non solo non mancarono, ma furono intensi, continui e biunivoci, senza alcun senso di sudditanza culturale, tipico invece dei decenni successivi. Un bel modo di investire nel mercato dellarte, facendo di ogni mostra unoccasione per accedere a nuove acquisizioni. A cura di Marco Meneguzzo, questa esposizione dedicata a quegli artisti che dalle due sponde dellOceano e con motivazioni differenti, hanno cercato radici e modi espressivi in due ambiti culturali differenti. Trenta le opere in mostra, scoperte in collezioni private o di Fondazioni, e tutte realizzate tra il 1945 e il 1963. Dai grandi protagonisti di quella stagione, agli artisti minori, ma non meno interessanti: Afro, Burri, Cagli, Consagra, Donati, Dorazio, Marca Relli, Marini, Nivola, Arnaldo Pomodoro, Savelli, Scarpitta, Scialoja, Twombly e non solo. Italo-Americani - Arte tra USA e Italia dalla ricostruzione al boom. Galleria Fonte dAbisso, via del Carmine 7 - orario: marted-sabato 10.30/13.30 e 15/19). Fino al 21 gennaio. Approda per la prima volta in Italia una selezione di una cinquantina di opere dellimportante collezione di pittura spagnola dellErmitage: le tele pi belle del XVI e del XVII secolo con i grandi protagonisti della scena artistica internazionale, come Velzquez, Murillo, Ribera, Zurbaran, oltre ad alcune opere scelte di autori di indubitabile valore, quali Antonio de Pereda e Francisco Ribalta. I primi capolavori spagnoli arrivarono in Russia grazie a Caterina II: tra questi figurano in mostra La preparazione dei dolci, un dipinto ritenuto per lungo tempo di mano di un artista fiammingo e, solo recentemente, attribuito a Bartolom Esteban Murillo, lImmacolata Concezione di Murillo o ancora la tela dimpronta caravaggesca, ma con evidenti riflessi della scuola veneziana, raffigurante La morte di San Giuseppe. Da Velzquez a Murillo - Il Secolo doro della pittura spagnola nelle collezioni dellErmitage. Pavia, Castello Visconteo - orario: martedvenerd 10/13 e 15/18; sabato, domenica e festivi 10/20; luned dalle 10 alle 13 e dal marted al venerd dalle 13 alle 15 solo su prenotazione per gruppi e scolaresche, minimo 30 persone. Fino al 17 gennaio. specchio raffinato dei costumi dellepoca, ma anche come uno dei vertici dell'espressione dell'eros nell'arte. Shunga. Arte ed eros in Giappone nel periodo Edo. Palazzo Reale orario: 9.30/19.30, luned 14.39/19.30, gioved 9.30/22.30. Fino al 31 gennaio.

Ancora Giappone a Palazzo Reale, ma non il Giappone dei Samurai, bens limmagine di unesistenza lieve e appagante veicolata dallukiyo-e, Una delle espressioni pi significative di quella corrente pittorica furono certamente le Shunga, termine giapponese che allude alle immagini della primavera, opere a soggetto erotico, create con la tecnica della xilografia policroma, la cui massima fioritura fu tra il 1603 e il 1867. Le shunga furono parte primaria della produzione dei pi importanti artisti del tempo, come Harunobu, Koryusai, Kiyonaga, Utamaro e Hokusai, tutti presenti in mostra con 100 opere, 30 libri originali e alcuni preziosissimi Kimono. Ma le apprezzarono molto anche i contemporanei, sia come stampe, sia come illustrazioni per romanzi erotici e per manuali destinati alleducazione delle cortigiane e delle giovani spose. Considerate per molto tempo immagini di carattere pornografico, nonostante il loro indubbio valore artistico, le shunga sono state oggi rivalutate come espressione alta della cultura giapponese, nonch

Impeto e poesia non facevano mai difetto alle sue tele a tema storico, quelle che gli valsero le pi rosee previsioni da parte di Francesco Hayez alle Esposizioni di Brera e, sebbene si chiamasse Pasquale Massacra fu la vita a fuggire da lui, privandolo del tempo necessario a dimostrare il proprio talento: mor appena trentenne, vittima assai prematura dei suoi ideali antiaustriaci. La mostra a Pavia, a cura di Susanna Zatti, un risarcimento alla memoria di questo illustre cittadino pavese (1819-1849). Massacra stato un artista pienamente calato nel clima romantico, interprete sensibile e innovativo della pittura di storia, guardando immancabilmente a Francesco Hayez, ma muovendosi gi in una direzione che sar condivisa da Domenico Morelli e Federico Faruffini. Sono 60 le opere selezionate, nel segno di una forte carica emotiva, ma anche della capacit di fare riflettere sul significato profondo dellepisodio trattato. Impeto e Poesia. Pasquale Massacra pittore romantico tra storia e mito. Pavia, Scuderie del Castello Visconteo, viale XI Febbraio 35 orario: marted-venerd 10/13 e 15/18; sabato, domenica e festivi 10/13 e 15/19. Fino al 13 dicembre.

Larchitetto americano Frank O. Gehry al centro di una mostra curata da Germano Celant, nellambito di

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Triennale Architettura. Una rassegna che prende in esame solo lattivit svolta tra il 1997 e i giorni nostri, perch solo da allora Gehry diventato Gehry. Non che prima non lo fosse basta pensare alla Dancing House di Praga ma il nome dellarchitetto americano risuona da che la sua mente ha partorito il Guggenheim Museum di Bilbao, come Athena generata dalla testa di Zeus. Una rivoluzione non solo per la citt basca che improvvisamente si ritrovata al centro di veri e propri pellegrinaggi come il Santuario di Fatima, ma anche e soprattutto dal punto di vista dellesplosivo linguaggio architettonico adottato, della complessit delle tecniche costruttive, dellinedito e sgargiante rivestimento in titanio. La rassegna stata realizzata con la diretta collaborazione dellarchitetto che ha scelto i progetti da esporre, molti dei quali inediti e selezionati anche in unottica di pi stretto legame con il territorio, che per Gehry non sembra essere stata una priorit. Dunque, disegni autografi, disegni di studio, elaborazioni in 3D, modelli e fotografie del DZ Bank Building di Berlino, dellInteractive Corporation Headquarter di New York (20032007), dellArt Gallery of Ontario, del Guggenheim di Abu Dhabi, la cui progettazione cominciata tra il 2005 e il 2006, ma anche di edifici gi realizzati come il Walt Disney Concert Hall di Los Angeles, la Corcoran Gallery di Washington DC (19992005), il complesso abitativo di Beekman Street a New York (20032009). Frank O. Gehry dal 1997. Triennale. Viale Alemagna 6 orario: 10.30/20.30, gioved fino alle 23, chiuso luned. Fino al 10 gennaio.

nuti narrativi e teatrali delle sue opere. Buona idea, quindi, quella di dedicargli una piccola mostra in occasione del Congresso dellInternational Federation of Library Association and Institutions (Ifla) che si svolto a Milano in agosto. Pretesto graditissimo: la rassegna tuttora in corso, allestita lungo lo scalone monumentale della Sala del Grechetto. Per chi, come fu per Raffaele Carrieri, vede nelle immagini di Usellini un sollievo per tutti, o per chi, come Tom Antongini, segretario di DAnnunzio e scrittore, ha la facolt di godere con intensit fisica anche della pura gioia del cervello, loccasione ghiotta. Dellartista milanese, morto per infarto nel 1971 nelladorata casa di Arona aveva 68 anni sono esposti quadri che traboccano di immaginazione, forza narrativa, originalit e fantasia creativa. Fra tutti la monumentale Biblioteca magica del 55, un po Brera, un po luogo mitico dove il meglio della storia e della letteratura si sprigiona dalle pagine di polverosi volumi, prendendo vita e regalandone con generosit. Singolare vicenda creativa quella di Usellini, le cui ragioni vanno sempre ricercate nel suo ricchissimo mondo interiore, nella sua infanzia, nei cospicui retaggi dell'educazione alla scuola dei Gesuiti, nella settecentesca casa di Arona, teatro prediletto di rappresentazioni che conservano, nel gusto per il particolare sorprendente, un genuino sapore tardogotico. La biblioteca magica di Gianfilippo Usellini. Palazzo Sormani, via Francesco Sforza 7 orario: 10/12 e 14/18, chiuso domenica. Fino al 10 novembre. to comitato scientifico costituito da esperti di musica, letteratura, teatro e architettura. Una denominazione che rinviando a chiome disordinate, allude in realt a vite dissolute e scapestrate. Ribelli, appunto, come i protagonisti del romanzo di Cletto Arrighi La Scapigliatura e il 6 febbraio (1861-62) che ha dato il nome a questo mix di fermento intellettuale, impegno socio-politico e arte, destinato a scompigliare come un pandemonio la Milano tardo ottocentesca. La mostra documenta lintera stagione, a partire dagli anni 60 dell800 fino allinizio del 900. 250 opere, tra dipinti, sculture e lavori grafici, dalla pittura sfumata del Piccio allintensit coloristica di Faruffini, alle innovazioni di Carcano, fino Ranzoni, Cremona, Grandi che segnano il momento doro della Scapigliatura, ma anche Paolo Troubetzkoy, Leonardo Bistolfi, Medardo Rosso, Eugenio Pellini, Camillo Rapetti. Una sezione della mostra ricostruisce la vicenda del travagliato progetto del Monumento alle Cinque Giornate di Giuseppe Grandi, gessi compresi. Ulteriori approfondimenti, in ambito letterario e giornalistico, si trovano alla Biblioteca di via Senato che espone il Fondo delleditore Angelo Sommaruga, ricco di lettere, biglietti postali, cartoline, volumi e riviste, oltre una sezione dedicata alla caricatura e ad alcune opere di artisti fra cui Ranzoni, Troubetzkoy e Conconi. Scapigliatura. Un pandemonio per cambiare larte. Palazzo Reale, piazza Duomo 12 orario: luned 14.30/19.30; marteddomenica 9.30/19.30; gioved 9.30/22.30. La Scapigliatura e Angelo Sommaruga. Dalla bohme milanese alla Roma bizantina. Fondazione Biblioteca di via Senato, via Senato 14 orario: marted- domenica: 10/18. Fino al 22 novembre.

La sintonia di Usellini con gli scrittori fatto assodato, come pure i conte-

Milano culla della Scapigliatura. Movimento artistico e letterario cui dedicata lampia rassegna a cura di Annie-Paule Quinsac e di un variega-

TEATRO Questa rubrica curata da Guendalina Murroni


LOpera dei Mendicanti: Teatro Ringhiera, 24 e 25 Ottobre. Questo progetto nasce dallunione di due gruppi: la compagnia teatrale A.T.I.R. che ha come sede il Teatro Ringhiera e la Cooperativa sociale Comunit Progetto. Questa fusione ha dato vita a Gli spazi del teatro, un progetto che unisce educatori, attori e cittadini per lavorare con le categorie svantaggiate. La durata del progetto di tre anni, in principio viene creato un gruppo di lavoro e poi ci si dedica intera-

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mente al lavoro dellattore: memoria, voce, corpo, improvvisazione e costruzione del personaggio. Lultimo anno un master che vede coinvolti solamente gli attori come conduttori del lavoro e i membri della Comunit Progetto, in questo periodo la compagnia si incontra quotidianamente e prepara lo spettacolo. Il risultato di questi ultimi mesi di lavoro appunto LOpera dei Mendicanti che andato in scena durante la Festa del Teatro qui a Milano con la regia di Serena Sinigaglia. Lo spettacolo tratto dall Opera del Mendicante di John Gay, testo inglese di primo 700 che mette in scena vari personaggi tra truffatori, ladri e puttane e li mostra come riflesso del proprio sistema politico, con gli stessi vizi e difetti, allo stesso livello di preti e giudici, ma con lunica differenza che a scontare la pena rimangono comunque i poveri, gli ultimi. Anche in questa versione la linea di satira politica e critica stata mantenuta, permettendosi qualche palese beffeggio della situazione politica attuale. Singolare e coraggiosa scelta quella di fare interpretare questi ruoli da persone diversamente abili assieme agli attori dell A.T.I.R, per la com-

plessit del testo, per il messaggio che esprime. Il risultato senza dubbio positivo e a tratti toccante, la resa scenica dimostra impeccabile tenuta e ritmo e finalmente una partecipazione sentita da parte del pubblico. Anche se non in vista di altre repliche perch in attesa di essere distribuito questOpera dei Mendicanti merita una nota di riguardo per il tipo dimpegno e lavoro intrapreso tra le varie diversit dei componenti. L A.T.I.R e il Teatro Ringhiera, fondamentali per la scena teatrale milanese contemporanea, vanno assolutamente seguiti. In scena prossimamente al Ringhiera Ghiaccio, dal 28 Ottobre all 1 Novembre, Piccola Sorella barbabl, dal 4 all 8 Novembre e Rosso dall 11 al 15 Novembre. Per ulteriori informazioni sull A.T.I.R.: www.atirteatro.it QUALCHE SUGGERIMENTO IN PI: La Menzogna, regia di Pippo del Bono, in scena al Piccolo Teatro Studio fino al 31 Ottobre. Sicuramente questo spettacolo potrebbe irritare qualche spettatore tanto da indurlo ad alzarsi e andarsene lamentandosi: anche il dissenso serve! Questo quello che successo Sabato 24 Ottobre, non so se succeder ogni sera. Lo spettacolo parla della tragedia dellincendio allo stabilimento della Thyssen Krupp a Torino, nel 2007, che ha causato la morte di sette operai. Non solo, la messa in scena cerca di denunciare urlando la menzogna e lingiustizia della nostra societ. Icaro e Dedalo s.r.l, di Gianfelice Facchetti, al CRT Teatro dellArte fino al 29 Ottobre. Let the sunshine in (antigone) contest # 1, della compagnia Motus allHangar Bicocca dal 29 Ottobre al 3 Novembre. Prerestoika, la seconda parte dello spettacolo dellanno scorso Angels in America, regia di Ferdinando Bruni e Elio de Capitani al Teatro dellElfo fino al 22 Novembre. Per chi non ha visto la prima parte, a Marzo verranno messe in scena entrambe allinaugurazione del nuovo teatro Elfo Puccini.

CINEMA Questa rubrica curata da Simone Mancuso

Up di Pete Docter e Bob Peterson Pixar! Pixar! E ancora Pixar! Non c niente da fare. Attualmente la produzione hollywoodiana pi in forma da ogni punto di vista la Disney che da Toy Story, passando per Monster&Co., fino a Wall-E, ci ha deliziato stupito con le nuove tecnologie applicate al cinema. La Disney ha acquistato la Pixar nel 2006 ma, grazie a uno scambio di azioni, Steve Jobs, fondatore della Apple e proprietario della Pixar, a ottenere una quota della Disney e ad assicurare libert ideativa ai suoi uomini. Oggi la Pixar realizza il loro primo film in 3D Digital, e anche se un capolavoro come Wall-E inarrivabile, confezionano una storia divertente e leggera, con un appiglio forse per un pubblico pi giovane rispetto ai precedenti. Comunque un buon risultato,

e la conferma di leader hollywoodiano, se non altro per lavanguardia e la sperimentazione della tecnologia applicata al cinema. Forse in questo film si nota unattenzione e fatica maggiore verso la riuscita perfetta dellanimazione tridimensionale, a discapito di una sceneggiatura e di una regia al di sotto dello standard Pixar. Quella dei film in 3D, sicuramente una rivoluzione complessa e completa che parte dalla visione dello spettatore, fino ad arrivare allestetica filmica che si trasforma in estetica virtuale. Ed sicuramente il futuro nel campo cinematografico. Dagli inserti degli sfondi ricostruiti al computer dei film girati in digitale ma con attori, a quelli, come questi della Pixar, interamente costruiti in digitale sul computer ed animati in 3D. A breve uscir lultimo film di James Cameron, girato tutto in 3D, Avatar.

Come spettatori e parte integrante di questa rivoluzione, ne aspettiamo luscita. Intanto celebriamo la Pixar, nel suo splendido periodo da romano impero contemporaneo del cinema.

Inglourious basterds di Quentin Tarantino Nel 1977 negli Stati Uniti usciva al cinema un film dal titolo Inglorius bastards. Ma quel film, a cui Tarantino oggi fa un omaggio, non arrivava da Hollywood ma era un film italiano, di Castellari, intitolato Quel maledetto treno blindato. Adattando il titolo con il suo inconfondibile stile (un paio di u qui e l e bastards che diventa basterds), Tarantino ci mostra, come ormai fa da anni, un cinema di genere che va

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dal western al melodramma, dalla commedia al film di guerra. E lo fa con una perfezione stilistica in grado di citare autori del cinema italiano come Fulci, Margheriti, Corbucci, Leone e Bava. Perfezione stilistica che ha ormai talmente consolidato, che tutte le citazioni di regia non risultano pi come tali, ma entrano a far parte dello stile Tarantiniano amalgamandosi con il suo cinema. Questo fa s che un film come questo, della durata di due ore e mezza, si guardi senza accorgersi del tempo che passa, con una leggerezza nel raccontarlo non tipica di T. Perch capace anche di tirar fuori unopera divertente, trascinante e spensierata, riscrivendo la storia della Seconda guerra mondiale in nome della cinefilia e senza ritrarsi dagli obblighi delle produzioni di genere di cui parlavo sopra. Ancora una volta saranno contenti i cinefili, che potranno cimentarsi nel riconoscere le varie citazioni registiche che Tarantino fa. Magnifico linizio del film, tutto dedicato a Sergio Leone, ma dove pi prepotente lamalgamarsi tra citazione e stile del regista. Insomma un film che convince, come sempre, anche solo perch di T., ma che forse, non uno dei suoi migliori prodotti, anche se questo ha il merito di essere per un pi vasto pubblico, rispetto a suoi precedenti film, come per esempio lultimo, Grindhouse. Baara di Giuseppe Tornatore Baara una storia che riporta indietro nel tempo lo spettatore per un ricordo. Ricordo legato alle vicende socioculturali italiane e della Sicilia per alcuni, e alle proprie origini isolane e della vita per altri, con una minuzia per i dettagli storici e del costume siciliano ed italiano, che rasenta la perfezione. Dal pane e cipolle sotto gli ulivi, al cinema con Lattuada che va a girare a Palermo un film con Sordi al protagonista che colleziona frammenti di pellicola, grazie alle quali Tornatore fa un omaggio ai suoi film preferiti. Se il cinema uno strumento per rappresentare il ricordo, l'onirico e la vita, allora Giuseppe Tornatore un cineasta cinefilo ed un magnifico regista. Perch con Baara si trasforma in un soggettista e sceneggiatore della vita originale, in due sensi. Da un lato il ritorno alle origini della sua vita da bambino, dall'altro il ritorno all'origine estetica del suo cinema con le carrellate e la musica che enfatizzano la meravigliosa ricostruzione di Bagheria, come facevano in Nuovo Cinema Paradiso. La musica di Morricone in realt, questa volta ha molta meno potenza rispetto ad allora. Questo dovuto allalta qualit del film, soprattutto nella cura della regia (bellissima lidea di sviluppo circolare con i due bimbi che sincrociano in corsa allinizio e alla fine del film) e nella sceneggiatura, ai quali la musica, se pur bellissima, non riesce ad amalgamarsi. Probabilmente con una mu-

sica dalla potenza distruttiva, come Morricone ha gi prodotto, sarebbe stato inarrivabile. La bravura di Tornatore in questo film ovunque, anche nella scelta dei volti che costituiscono questo film. Dai due protagonisti, semplicemente i due migliori volti che si potessero avere per quei ruoli, agli altri visi, compreso luomo senza gambe. Meno bene per la scelta della direzione

della fotografia, che non viene notata grazie ad una scenografia perfetta soprattutto nella ricostruzione di Bagheria. La sceneggiatura a cura del regista difficile, ma la bravura a inserire una quantit cos elevata di informazioni di ogni tipo, in un soggetto di cos ampio genere non da tutti. Comunque, sicuramente un film che entra a far parte della storia del cinema italiano, e voglio fare una scommessa. Se viene presentato agli Oscar vince! Lo dico senza conoscere ancora i concorrenti, perch Baara ha le caratteristiche per vincerlo. Perch un film universale che parla di tutti e per tutti, a pi livelli di lettura. Lo si pu vedere come un film politico, o come una descrizione sociale della perdita delle origini e quindi dellidentit, sia come individui che come collettivit. Oppure semplicemente come la storia di una famiglia italiana nelle sue generazioni, o come la storia della vita di un uomo. Io preferisco pensarlo semplicemente come cinema, cinema italiano.

gallery

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YuoTube
ARCIPELAGOMILANO INTERVISTA MARCO ALFIERI

http://www.youtube.com/watch?v=aCPvk5Js37o

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