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Direttore Luca Beltrami Gadola

Numero 43 anno II
30 novembre 2010

edizione stampabile

L.B.G.- MILANO, IL GIOCATTOLO DI LETIZIA MORATTI Pierfrancesco Majorino - LE ISOLE SI FACCIANO SCIALUPPE Fiorello Cortiana - SE NON CE GIUNTA CE REFERENDUM Sergio Pennacchietti - CALCHI TAEGGI SOAP OPERA MILANESE Emilio Battisti - CATTELAN: IL DITO NELLOCCHIO DEL SINDACO MORATTI Giuseppe Ucciero - MARTINOTTI E IL SONNO DI OMERO Marco Ponti - ANCHE LAUTO E UN PO DI SINISTRA Marco De Allegri - Il PD E LO SCALO LEOPOLDA Maurizio Mottini - COME SOSTENERE PISAPIA Michele Sacerdoti - VENGO ANCHIO VIDEO Philippe Daverio: LE LUMINARIE DI NATALE Musica Carla Kook canta SCARBOROUGH FAIR Il magazine offre come sempre le sue rubriche di attualit in ARTE & SPETTACOLI MUSICA a cura di Paolo Viola ARTE a cura di Virginia Colombo CINEMA Paolo Schipani e Marco Santarpia

Editoriale MILANO, IL GIOCATTOLO DI LETIZIA MORATTI L.B.G.


Lavvio della campagna elettorale di Letizia Moratti e le sue dichiarazioni su questa e sulla politica in genere ci fanno capire che, se ve ne fosse bisogno, Milano il suo giocattolo preferito e per comprarglielo la famiglia Moratti non bada a spese. Si vocifera di milioni di euro a pacchi ma in realt spese da poco se confrontate con i redditi - anche solo quelli dei dividendi della Saras, pressappoco 150 milioni lanno - redditi che permettono al cognato, non certo il povero di famiglia, di spendere 900 milioni in 7 anni per comprare calciatori e coprire i disavanzi dellInter per 150 milioni lanno. Se qualcuno avesse altre curiosit non fa che comprarsi Nel Paese dei Moratti, il libro scritto da Giorgio Meletti per i tipi di Chiarelettere. Dunque questo giocattolo per loro pesa come per noi lultimo videogame che i nostri nipoti ci hanno chiesto per Natale. Un giocattolo straordinario che appaga tutte le ambizioni che si covano nel profondo del cuore, come la Barbie per le bambine che la vestono come vorrebbero esser vestite loro ma lei, Letizia, lo fa di persona: Barbie Letizia vestita da dama di carit, da piccola ambasciatrice, da elegante padrona di casa, da allegra compagna di svaghi, da sussiegosa governante di Palazzo Marino, da dinamica donna daffari. Che altro si pu volere? Peccato che noi ce la troviamo come sindaco. Daltro canto lacquisto delle cariche pubbliche una vecchia storia a cominciare dal Pubblicano del Vangelo per arrivare a Carlo V che si compr il titolo imperiale pagando i Principi elettori. Oggi le cose hanno assunto un aspetto diverso, senza mutare la sostanza; le cariche si possono comprare in questa sorta di asta dei voti: ne compra di pi chi mette pi soldi nella campagna elettorale. Il pi scaltro di tutti, Berlusconi, ha chiuso il cerchio: ha comprato a suo tempo - con larghe connivenze e inesistente opposizione - le frequenze televisive da cui le sue reti, dunque il pi potente mezzo elettorale, e oggi non ha nemmeno bisogno di altro ma addirittura attraverso Fininvest ci guadagna pure. Geniale. Meno chi non ha capito allora o ha fatto finta di non capire pensando di partecipare alla festa. Che Letizia Moratti si muova spinta da pura ambizione non sarebbe una tragedia in s, la tragedia sta nel fatto che in democrazia una delle regole fondamentali che la competizione, qualunque essa sia, deve essere un meccanismo che premia le capacit intellettuali lasciando fuori il censo e altre cosette come la razza o la religione. Dunque dobbiamo rassegnarci a essere ancora comprati da Letizia Moratti, forse uno dei peggiori sindaci della storia di Milano? Dobbiamo lasciarci travolgere da una campagna pubblicitaria basata sullo slogan Noi facciamo, gli altri (lopposizione) parlano senza nemmeno farle osservare che per definizione e istituzionalmente lopposizione pu solo parlare esprimendo critiche e dissenso ma non pu fare nel senso riduttivo che intende lei (e Berlusconi)? Dobbiamo non farle osservare che la frenesia di opere pubbliche - vedi le buche nelle strade sono una rincorsa tardiva al non fatto? Quante cose possiamo farle osservare. Io spero che i milanesi abbiano una ventata di orgoglio, che non accettino di essere comprati e questo indipendentemente dagli orientamenti politici, ma che pretendano di eleggere un sindaco che non li consideri burattini del proprio teatrino personale. Se poi siamo tra quelli che sperano in un sindaco di centro sinistra dobbiamo capire che i miracoli non li fa nessuno e che largine al potere del denaro fatto, per chi non lha, dimpegno collettivo e personale mettendo da parte anche una quota delle proprie ambizioni. Questo lo capir mai la sinistra? Se non lo capir prepariamoci alla Barbie Letizia 2.

Citt LE ISOLE SI FACCIANO SCIALUPPE Pierfrancesco Majorino*


Alla lettura di Arcipelago nei mesi mi sono piacevolmente abituato. Spesso son d'accordo con svariate opinioni. Alcune volte meno. Sul PGT, alla fine, mi pare che ci siamo capiti. L'opposizione non "svendeva nulla" e le isole dell'Arcipelago non dicevano solo i loro "NO". Son pronto a scommettere che nei prossimi mesi, poi, sul tema del Piano di Governo del Territorio, saremo proprio dalla stessa parte svolgendo l'unica funzione possibile: quella di una mobilitazione dura per dare alla citt tutta un'altra idea di governo della trasformazione urbana e quindi del suo futuro. Sul PD e le dimissioni - dico delle mie date e respinte, senza balletti ma nella chiarezza: non sempre a sinistra stato cos, colpisce che qualcuno le consideri un fatto formale, poich tale formalit non si consuma quasi mai - dicevo sulle medesime non mi dilungo. Mi pare inevitabile che dopo appuntamenti come quelli delle primarie i soggetti politici al loro interno si interroghino a fondo. Specie se gli esiti sono stati differenti rispetto alle aspettative. Invece mi rivolgo proprio a voi (e a quelli come voi) che vi chiamate Arcipelago. Ora state in campo, o in mare se preferite. Se siete isole fatevi scialuppe, per dirla con poche parole. Metteteci la faccia, in estrema sintesi. Anche partecipando direttamente alla competizione politica. Candidatevi nelle liste che preferite (nel PD son ben altri rispetto a me che avranno il compito di preparare le "candidature" ma sono pronto a credere che sar un partito ben accogliente e ospitale). Insomma: non limitatevi a fornire consigli e spunti, critiche e stimoli, non limitatevi al ruolo degli opinionisti attendendo il prossimo esito da commentare. C' bisogno di tutti e di ciascuno. So che il lavoro culturale (ah, se manca) sia di per s gi carico di contenuto politico, nellaccezione pi bella e piena del termine. Tuttavia credo che se si chieda ripetutamente alla politica di modificare il suo agire e il suo modo di essere, se si chieda alla politica qualche lente nuova, un vocabolario pi efficace, qualche segno non abituale, una sana rottura delle abitudini, beh, se lo si fa (e giustamente), allora, in un tempo e in una citt come queste, ci si deve buttare. Giuliano Pisapia pu davvero trovare la sua forza se diviene lespressione di una pluralit di voci, facce e storie. Non diffidate, stateci. Non considerateli gesti minimali. Il mare ampio. *Capogruppo Pd Comune di Milano

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Ambiente SE NON CE GIUNTA CE REFERENDUM Fiorello Cortiana


Superate abbondantemente le 20.000 sottoscrizioni i Cinque referendum per Milano passano ora dai tavoli della raccolta delle firme a quelli della raccolta dei voti dei candidati sindaco. Rispetto al referendum del 1985 sulla limitazione di ingresso alle auto nel centro storico questa volta, ai tavoli e dai tavoli, ho potuto notare o tanta indifferenza o una consapevole determinazione. Nel 1985 cera una diffusa disponibilit, ora si rilevano lo sconcerto e la sfiducia nella possibilit che lamministrazione comunale voglia e possa fare qualcosa di utile per la citt e i suoi cittadini. Per questo le firme raccolte sono cos significative, ognuno doveva firmare cinque volte e voleva sapere perch. Il perch costituito da cinque proposte che, laddove la maggioranza dei milanesi che voteranno, quorum al 30%, le confermer, diventeranno questioni e soluzioni che il Consiglio Comunale dovr trattare come se fossero espressi da un gruppo consiliare. Una prima considerazione riguarda la capacit dei milanesi di reagire a ogni possibile fatalistico destino di degrado della citt e dellidea stessa di cittadinanza. Migliaia di milanesi hanno trovato i tavoli e il tempo per firmare ed esprimere una volont di recupero e di riqualificazione della citt. Questa opportunit stata offerta loro da un gruppo di promotori trasversale: Marco Cappato, radicale, Edoardo Croci, gi assessore della giunta Moratti, Enrico Fedrighini, verde. I promotori hanno trovato il sostegno di associazioni, accademici, politici che hanno messo al centro le cinque proposte per Milano e non la propria appartenenza e la propria simpatia politica. Questa volont di andare oltre ogni recinto ideologico e partitico costituisce una straordinaria risorsa per la res publica, non solo milanese. Le amministrazioni di comune, provincia e regione, insieme a quella centrale, pur essendo dello stesso schieramento politico, non trovavano laccordo sulle aree per lEXPO e nessuno capiva perch e quale fosse il motivo reale della contesa: fondiario, immobiliare, qui o altrove? Nelle strade e nelle piazze della citt, invece, i milanesi capivano perfettamente il senso delle proposte da sottoscrivere ai tavoli. I milanesi, non solo i residenti allinterno della cinta daziaria, infatti avrebbero volentieri firmato molti milanesi della Grande Milano che un tempo avremmo chiamato milans aris ma oggi sono parte della stessa realt, come ci ricordano il Seveso con le sue esondazioni, il Parco Sud e il Parco Nord, la rete comune dei trasporti (la rete, non le tariffe) e la qualit dellaria comune come la congestione del traffico. 1- Ridurre il traffico, con il potenziamento dei mezzi pubblici, lestensione dell Ecopass, la pedonalizzazione del centro. 2- Raddoppiare gli alberi e il verde pubblico e ridurre il consumo del suolo. 3-Conservare il futuro parco dellarea Expo. 4- Risparmio energetico e riduzione dellemissione di gas serra. 5-Ripristino della Darsena e riapertura dei Navigli Milanesi. Sono cinque questioni, cinque propositi non solo comuni allarea metropolitana milanese ma che ne orienterebbero il senso e la qualit. Non si tratta solo di una indicazione della bocciatura delle politiche ambientali, del territorio e del traffico della Giunta Moratti, il messaggio dei milanesi chiaro Voglio partecipare, se mi date una quota, minima ma certa, di sovranit rispetto al processo deliberativo, io partecipo e impiego il tempo necessario. E un segno importantissimo nella citt che vede i federalisti padani al governo da quindici anni e un decentramento farsa, privo di poteri, utile alla distribuzione di gettoni a chi nella cordata del consigliere comunale, dell assessore, del consigliere regionale, del parlamentare e cos via verso il baratro. Proviamo a pensare che quantit di partecipazione ci potrebbe essere se sulla piattaforma della Rete Civica PartecipaMI fossero a disposizione i materiali istruttori delle diverse deliberazioni (come previsto dalla vigente riforma degli enti locali, ma ignorato da tutti) e se i cittadini potessero fare osservazioni e condividere proposte. Altroch Effetto NIMBY (Not In My Backyard Non Nel Mio Giardino), altroch comitati per il no, avremmo piuttosto il ritorno di unopinione pubblica avvertita che pretende giustificazioni credibili delle decisioni pubbliche, nellinteresse della citt. Lindizione dei referendum render ineludibili i loro temi e il loro senso.

Economia CALCHI TAEGGI SOAP OPERA MILANESE Sergio Pennacchietti*

Quello che accaduto col sequestro dellarea di Calchi Taeggi non tanto una vittoria del Comitato di cittadini, quanto una vittoria della legalit e dei principi di civilt: non si possono costruire 1300 appartamenti su un'exdiscarica non completamente bonificata. Da quasi tre anni, insieme con Italia Nostra e al circolo di Legambiente di zona, noi del Comitato abbiamo fatto presente in ogni modo e in ogni sede i rischi di questo progetto. Abbiamo scritto a tutti: alla Regione, al Sindaco,

allAssessore alla Salute del Comune di Milano; abbiamo avuto incontri con gli Enti di controllo responsabili delliter di approvazione del progetto di bonifica, con la commissione comunale Sviluppo del Territorio. Non si mosso nulla. Oggi la magistratura che interviene con le sue indagini. E comunque una sconfitta che sia dovuta intervenire la magistratura. E una sconfitta della credibilit del sistema delle regole che dovrebbero garantire il vivere civile. Questo vuol dire che la citt non ha in s gli

anticorpi per reagire autonomamente ai guasti che si producono al suo interno, che i controlli non hanno funzionato. Poi ci si stupisce che a Milano fioriscano i comitati dei cittadini a segnalare gli abusi e gli scandali. A questo proposito, diciamolo subito: non possiamo pi accettare le solite critiche generiche con cui si demonizzano i comitati (tipo not in my back yard), stereotipi che servono solo a screditare molte battaglie sacrosante. Anzich prendersela con i comitati dicendo che

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frenano il grande sviluppo della citt, lassessore Masseroli dovrebbe ringraziarli (a quando un attestato di civica benemerenza a un comitato che ha denunciato un abuso?), se ha davvero a cuore il rispetto della legalit. A meno che si preferisca che le irregolarit o gli abusi non vengano alla luce. Sarebbe ora di capire che i comitati nascono molto spesso quando la legge non viene fatta rispettare, quando ci sono irregolarit che i politici e gli amministratori non sanno o non vogliono bloccare. I costruttori hanno le loro responsabilit nel loro avido mettere le mani sulla citt; ma i politici, gli amministratori hanno oggettivamente molta pi colpa, visto che nel loro mandato comportarsi da avveduti amministratori del pubblico. Spesso poi si realizza un preoccupante sodalizio tra costruttori e amministratori, che per convincerci della bont delle loro iniziative progettano insieme pillole avvelenate, confezionando progetti pieni di specchietti per le allodole (interventi a favore di associazioni no profit, soldi per questo e quello),

che spesso servono solo a nascondere come nel caso dell'ex-discarica di Calchi Taeggi - quello che non si deve vedere. Insomma troppi intrecci tra politica e affari. La vicenda di Calchi Taeggi apre inquietanti scenari di atti sbagliati, di comportamenti arroganti di certi uffici dellamministrazione pubblica, che trattano i cittadini come sudditi, che guardano con fastidio a chi solleva obiezioni, uffici e funzionari che si comportano come i peggiori amministratori del privato. Lo diciamo in anticipo al futuro sindaco della citt: i cittadini vogliono contare di pi nelle decisioni che li riguardano. Certamente la democrazia partecipata richiede maggiore investimento di tempo e di energie rispetto al decisionismo dallalto, ma lesperienza conferma che negare voce e ascolto alle istanze dei cittadini comporta solo rimozione dei problemi e danni per il bene comune. In questa citt vogliamo il rispetto della legge, non vogliamo pi che accada quello che successo a Santa Giulia e

quello che sarebbe successo in Calchi Taeggi, se la magistratura non fosse intervenuta. E per sottolineare la gravit della situazione non c bisogno di ricordare tutti gli altri interventi della magistratura in questi anni sul tema degli abusi edilizi, sui quali peraltro anche il PD ha (finalmente!) denunciato le pagine nere; n dovrebbe servire ricordare larresto per tangenti otto mesi fa del presidente della commissione consigliare milanese Sviluppo del Territorio. Allora ci era stato promesso un cambio di rotta. Cinque mesi dopo invece venuto il sequestro di Santa Giulia e quattro mesi dopo quello di Calchi Taeggi. Ora speriamo che le forze politiche, almeno quelle dellopposizione, sappiano dare alla citt una risposta forte e chiara (e soprattutto unitaria) su questi fatti di malgoverno, anche a sostegno della lodevole opera della magistratura.

*Comitato Calchi Taeggi

Cultura CATTELAN: IL DITO NELLOCCHIO DEL SINDACO MORATTI Emilio Battisti


Chi non avesse ancora potuto vedere la monumentale mano marmorea di Cattelan con le quattro dita mozzate, sistemata su un alto piedistallo al centro della piazza degli Affari a Milano, si affretti a farlo. Non infatti escluso che Silvio Berlusconi ordini al ministro della cultura Sandro Bondi, magari come estremo atto del proprio governo, di ripristinare le dita mancanti con appositi posticci in resina, come ha preteso di fare con il gruppo marmoreo di Marte e Venere, che proprio ha fatto trasferire dal Museo delle Terme di Diocleziano al cortile donore di Palazzo Chigi per deliziare il premier cinese Wen Jiabao e soprattutto la propria grande sensibilit artistica. Il ripristino delle dita mozzate consentirebbe di mettere almeno a tacere la sterile polemica tra fautori e detrattori della scultura del grande provocatore - che anche questa volta ha colpito nel segno guadagnandosi una notoriet a scala planetaria - non tanto perch annullerebbe la presunta oscenit del gesto, peraltro tutto da interpretare, trasformandolo in un ancor pi osceno saluto romano, quanto perch porrebbe fine allinsipienza e supponenza con cui i nostri politici hanno trattato il caso. I quali, privi di qualsiasi strumento culturale per coglierne il carattere polisemantico, si sono dovuti ricredere di fronte al fatto che i milanesi, che spero si accorgano di non meritarsi simili amministratori sebbene li abbiano eletti, per nulla scandalizzati si affollano a visitarla. I posticci alle statue di Marte e Venere e le dispute riguardanti il dito di Cattelan rappresentano casi emblematici della condizione di degrado della cultura pubblica nel nostro paese. Degrado che a Milano si fa di giorno in giorno pi cruciale, visto che il sindaco Moratti e la sua giunta danno quotidianamente prova di voler attuare una politica di ingerenza e censura, connotata da ignoranza e superficialit, che deprime non solo lambiente culturale ma la societ civile nel suo complesso. Una politica culturale che manifesta i suoi nefasti influssi non soltanto nei confronti delle espressioni propriamente artistiche dellarte contemporanea, ma che influisce anche sulle politiche sociali nei confronti dei cittadini extracomunitari, dei giovani dei centri sociali, della scuola pubblica e privata e delluniversit. Una politica culturale, confermata da recenti dichiarazioni del sindaco Moratti che si propone di impedire ai 120.000 cittadini di fede musulmana, di varie nazionalit, che vivono e lavorano a Milano di poterla praticare dignitosamente in luoghi di culto adeguati, dotati di quei requisiti di agibilit, sicurezza e decoro che la manifestazione dei propri fondamenti culturali ancor prima che religiosi richiede. Una politica culturale immaginaria che crede di poter realizzare il nuovo museo delle arti contemporanee di cui si parla da decenni, allinterno del discusso insediamento di City Life, senza tenere conto della grave crisi del settore delle costruzioni. Del progetto di Liebeskind, originariamente di 18.000 mq, ridotti successivamente a 8.000 mq, non si sente infatti pi parlare ormai da mesi, mentre si hanno notizie sempre pi allarmanti delle difficolt di Ligresti e delle sue consociate immobiliari. Una politica culturale che, nel caso in cui il nuovo piano regolatore venga approvato, consentir un totale stravolgimento del paesaggio urbano e quindi dellidentit della citt, generando da un giorno allaltro, e dal nulla, dodici milioni di metri quadrati di nuova edificazione. Un paesaggio urbano il cui skyline di improbabili grattacieli stato spudoratamente celebrato appropriandosi del titolo del capolavoro di Boccioni del 1910 La citt che sale. Una politica

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culturale che ha potuto proporre di spostare il monumento dedicato a Sandro Pertini di via Crocerossa, progettato da Aldo Rossi, per far posto a un edificio al servizio di una galleria darte privata di propriet dei rampolli di Berlusconi e di Mondadori, salvo ricredersi di fronte alle proteste dei cittadini. Una politica culturale che acconsente che piazza del Duomo, il luogo pi rappresentativo dellidentit civile e religiosa della citt, sia perennemente ingombra da installazioni commerciali e che anche in occasione delle prossime festivit, oltre a svariate altre installazioni commerciali, Tiffany vi possa realizzare un padiglione di gioielleria a

forma di un enorme e grottesco pacco dono, in spregio allintegrit architettonica della piazza e al significato culturale del luogo. Milano, che in un passato non lontano stata esempio del ruolo importante che la cultura pu assumere per lo sviluppo e per lidentit di unarea metropolitana, svolge ormai soltanto una funzione di citt-vetrina, di citt della promozione e del mercato, soprattutto nel campo del lusso e della moda. Vi stato un tempo in cui Milano era perfettamente integrata nel dibattito culturale internazionale, un punto di riferimento fondamentale per il mondo della cultura capace di irradiare idee e ri-

sultati; Milano fino a pochi decenni fa era un riconosciuto luogo di ricerca, di sperimentazione artistica, un laboratorio aperto agli stimoli provenienti da altri paesi, alle cui ricerche daltra parte contribuiva con apporti significativi. Nella attuale deprimente situazione della nostra cultura pubblica il dito che drammaticamente si erge sulla gigantesca mano mutilata di Cattelan pi che un insulto alle istituzioni della finanza, che ledificio della borsa di fronte al quale si erge rappresenta, invece sicuramente un dito nellocchio dellattuale sindaco di Milano e della sua giunta.

Primo Piano MARTINOTTI E IL SONNO DI OMERO Giuseppe Ucciero


Talvolta avveniva anche a Omero di schiacciare un pisolino, di non essere allaltezza della sua fama: non dobbiamo allora troppo stupirci se un appannamento pu venire anche al Guido Martinotti su Arcipelagomilano. Interloquendo con PierVito Antoniazzi, Martinotti ha svolto una lunga discorsessa di cui si potrebbe dire in sintesi, benevolmente, che consiste in unesposizione contraddittoria di questioni per di pi svolte fuori tema. Per ricapitolare: PierVito sostiene che il meccanismo delle primarie sottolinea le distanze tra i diversi popoli che vi partecipano, distanze che non poi agevole colmare. Si ricorda poi che, mentre le primarie americane appartengono a una secolare tradizione politica e si svolgono dentro lalveo unitario dei due grandi partiti nazionali, le ultime primarie cittadine si sono svolte a livello di coalizione, si innestano su di una cultura politica secolare fatta di particulare, quindi pi esposte a trascinare nel tempo scorie emotive e nodi irrisolti della competizione. Leffetto lamentato da Antoniazzi stato peraltro descritto come potenziale rischio in termini bipartisan, potendo colpire entrambi i candidati, e quindi anche Boeri se eletto. Essendo stato eletto il comunista Pisapia (aggettivazione mia, ma identit politica sua), ci si occupa del suo caso concreto, e si ipotizza una potenziale difficolt a riaggregare attorno alla sua figura non solo le propaggini centriste del centro sinistra, ma anche quella ampia zona grigia senza la quale difficile vincere in Italia, specie a Milano e specie se il discrimine tra chi vince e chi perde consister in alcune migliaia di voti. In questo scenario, in questa area, di rilievo lelettorato di ispirazione cattolica. Questo il succo del suo ragionamento. Si pu condividerlo o no, si pu affermare che quanto si perder verso il centro si recuperer ad abundantiam sulla fascia di astensione di sinistra, si possono fare tante considerazioni di merito, il merito politico. Guido Martinotti, invece di coglierlo e rispondere sul contenuto specifico, si attaccato, diremmo impiccato, a un aggettivo considerato offensivo (laicista), che peraltro non appare del tutto ingiustificato nel descrivere alcune forze che hanno sostenuto Pisapia. Il che non equivale a dire che tutti i laici sono laicisti e Antoniazzi ovviamente non lha detto. Evitando la questione principale, Martinotti ha invece preso cappello sullaggettivo e si avviluppato in una polemica immaginaria, senza reale bersaglio, che appare da lui fissata nei seguenti due punti: a) in Italia, laici e cattolici condividono i principi comuni; b) lunico punto su cui si dissente la sottomissione allautorit del Papa. Ora, la debolezza dellargomentazione duplice. In primis, se laici e cattolici condividono gli stessi principi non si capisce come possa creare ostacolo tra loro lautorit del Pontefice, il quale in tanta concordia non avrebbe materia su cui creare divisione. Ma, e si viene al punto essenziale, non vero che tra cattolici e laici vi siano sempre i medesimi principi. Salvo che non si intenda restringere la questione allosservanza di alcuni tra i principali valori e comandamenti, vi sono questioni di grande portata che non trovano n un identico sentire n le medesime risposte. In effetti, lo stesso Martinotti presenta poi un lungo elenco di questioni su cui laici e cattolici non vanno daccordo, smentendo quindi la sua affermazione iniziale, ma tant quando ci si appisola Per trovare la quadra, Martinotti chiama allora concezione della vita e della morte, sessualit, diritti della persona, questioni etiche di interesse comune. In realt, la diversa angolatura con cui laici e cattolici guardano a questi temi etici deriva necessariamente dai diversi princpi che ne fondano il rispettivo punto di vista: la vita per i cattolici semplicemente indisponibile in funzione del principio inderogabile che afferma essere la vita un dono di Dio, presupposto non ammesso dai Laici per i quali vita e morte sono nella disponibilit dellUomo, entro certi limiti sintende. Di qui, le opposte visioni sul tema dellaborto, della contraccezione, della vita e della morte. Ma il Martinotti non sembra vedere queste differenze di princpi, e quindi ritiene che lunica differenza tra ghibellini laici e i guelfi cattolici risieda nellobbedienza al Pontefice. Ecco servito un bel pensiero laicista, questo s, davvero: cari cattolici, se la pensate cos non non perch anche voi, come noi, vi confrontate ed elaborate le vostre visioni del mondo, ma unicamente perch colpiti da una speciosa forma di obbedienza ovina al Bianco Pastore delle anime. Affermazione che non rende giustizia alla effettiva ricchezza e consistenza sociale di una cultura, da cui si pu certo dissentire, ma non travisare e ridurre nei termini di una realt da ca-

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serma. E se Martinotti ha dubbi, chiedesse al Cardinale Tettamanzi la sua posizione sullaborto e ribattesse alla sua contrariet che la pensa cos solo perch obbedisce al Papa: se ne guarderebbe bene, ovviamente, riconoscendo lui per primo alle parole del caro Cardinale una loro autentica autonomia. Ma vogliamo dare tutto il vantaggio a Martinotti: anche concedendo per assurdo che i cattolici obbediscono e non pensano, resta accertato da lui stesso che laici e cattolici, si trovano oggi su versanti opposti in certe importanti materie etiche. Ecco allora riapparire il tema ed ecco perch Martinotti andato fuori tema. Rimane infatti del tutto intatto il problema politico posto da Antoniazzi, ossia la presenza anche nel popolo di centrosinistra di divisioni eti-

che verticali che hanno come centro la famiglia, la sessualit, la vita, divisioni che sia pur rozzamente possono essere riportate alla primaria divisione tra laici e cattolici, incrociando storicamente e culturalmente quella tra destra e sinistra. Divisioni con valenza politica, che concorrono cio assieme ad altre a formare lorientamento politico generale, dei singoli e delle aggregazioni. Per superare queste divisioni non basta dire Pisapia stato scelto, votiamo tutti Pisapia: sar semmai eventuale merito di Pisapia riconoscere, affrontare e ridurre al minimo la forza di questi nodi con appropriate iniziative politiche. Qui non questione di veleni, ma di lucidit dellanalisi. Questo era il tema posto, a mio modesto avviso, da PierVito Antoniazzi. Un tema oggettivo e comprensi-

bile, delicato e importante, di non agevole maneggio. E del resto, se da tempo ormai lo stesso PD attraversato da un crescente disagio della sua componente cattolica, non si pu far finta di niente e relegare la questione di cui sintomo parziale a un problema di scarso coraggio o di ottusa obbedienza alle gerarchie cattoliche. Lasciamo quindi stare la paroletta laicisti, scuotiamoci dal poco benefico sonnellino, se serve prendiamoci un caff, ed entriamo in tema, che per vincere non bastano gli amorosi sensi ma una lucidit politica affilata come una lama. *laico agnostico

Mobilit ANCHE LAUTO E UN PO DI SINISTRA Marco Ponti


I candidati alle primarie del centro sinistra hanno fatto una vera gara a chi pi anti-automobile, il male assoluto. Forse vale la pena di de-ideologizzare un po la questione. Vediamone qualche aspetto sociale. Il primo concerne la rendita urbana. Lautomobile uno strumento per trovar casa in tanta malora, cio in aree a bassa densit poco o affatto servibili dai mezzi pubblici, cio a basso costo, cio dove c poca rendita (che funzione dell accessibilit, in prima istanza). E pagar poco la casa interessa certo molto ai redditi bassi: nessuno si diverte a stare ore in coda senza solidi motivi economici. Il secondo aspetto concerne il mercato del lavoro post-tayloristico. Sempre pi il lavoro moderno e professionalizzato si caratterizza per elevate esigenze di mobilit nel tempo e nello spazio, e questo sia durante lattivit lavorativa stessa, sia per il fatto che si cambia lavoro pi spesso. In questo secondo caso la politica bipartisan di favorire la casa in propriet contro laffitto ha contribuito moltissimo a irrigidire il mercato del lavoro, aumentando le esigenze di mobilit anche su lunghe distanze (che la casa in propriet peggiori molto il mercato del lavoro, e generi una mobilit eccessiva, giudicato da un recente premio Nobel, il prof.Krugman, uno dei fattori del declino della produttivit americana). Un terzo aspetto concerne i costi, ed forse il pi noto: tutti quelli che non per capriccio devono spostarsi in macchina, pagano altissime tasse (benzina, autostrade in totale pi della met dei costi variabili), e hanno in cambio una viabilit congestionata e pericolosa. Queste tasse contribuiscono ai costi delliper-sussidiato trasporto pubblico, spesso usato da utenti che abitano nelle aree meglio servite e/o centrali, e quindi dove le residenze costano pi care. Un quarto aspetto concerne lambiente: le macchine private non-diesel hanno un ruolo molto pi limitato di quanto si creda nellinquinamento, sia quello che nuoce alla salute che quello che nuoce al clima. Ma ci sono anche aspetti strettamente funzionali: pensiamo a una madre (o a un padre) che lavora, deve fare un po di spesa, e deve passare a prendere il figlio a scuola. Farlo con i mezzi pubblici, anche in aree ben servite, difficilissimo, soprattutto se si vuol risparmiare non comprando nel negozietto sotto casa. Immaginiamo dunque che una quota consistente di spostamenti debba rimanere sul mezzo privato non per capriccio o per comodit, anche a fronte di una ulteriore tassazione delle macchine e a sussidi ulteriori al trasporto pubblico. Tra pendolari e milanesi, si pu stimare che un 50% si trover comunque in questa situazione di automobilista forzato. Quale sar la condizione di questi infelici? Certo non invidiabile. E detto per inciso spinger attivit economiche e lavoratori verso aree dove ci sono costi minori, cio verso il famigerato sprawl urbano (aree esterne a bassa densit, il fenomeno si gi verificato a Londra). Per finire: le macchine in coda (stop and go) inquinano di pi che con una circolazione fluida, e generano costi enormi in tempo perduto (dati gli alti redditi medi dei milanesi). E oggi parlare di miglioramenti alla rete viaria, coerentemente alle premesse qui fatte, sicuramente politically uncorrect. Ma per chi costretto a fare spostamenti lunghi a motivo di dove abita e dove lavora o fa la spesa, essere considerato un cittadino di serie B forse visto come un po di destra. Con ci, a Milano occorre che ci siano meno macchine, pi biciclette e pi trasporto pubblico. Ma senza assurde e indifendibili posizioni ideologiche (tra laltro, molto datate).

DallArcipelago IL PD E LO SCALO LEOPOLDA Marco De Allegri


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Il primo fine settimana di novembre si sentito leco profondo del fischio di un treno venire da Firenze, un treno che in qualche modo era partito da Milano. Giuseppe (detto Pippo) Civati 35 anni al secondo mandato in regione Lombardia - il consigliere regionale pi votato con oltre 10.000 preferenze dopo Formigoni - e Matteo Renzi 35 anni, eletto da poco pi di un anno sindaco di Firenze - vincente alle primarie nonostante lostilit delle gerarchie locali del PD - hanno organizzato insieme a tanti altri il convegno Prossima fermata: Italia. E stata una alchimia felice tra due citt cos differenti: Milano, seria operosa forse un po introversa, ma attenta e dinamica nonostante una pessima amministrazione pubblica locale che la trattiene e la appesantisce da molti anni; Firenze centro di arte e bellezza, culla del Rinascimento, citt dove le migliori menti di quel tempo hanno creato la cultura sulla quale ancora oggi loccidente fonda le proprie basi. Due caratteri luno serio, preparato che approfondisce le questioni e un po timido, laltro pi pratico, diretto che, forse

ragiona pi distinto ma entrambi in sintonia con i bisogni e le necessit urgenti di questo paese, consapevoli della necessit di una nuova politica e di un nuovo gruppo dirigente. Cos nata liniziativa con lidea di far partire un treno carico di idee, di proposte e di persone che su quelle idee hanno lavorato, da portare in giro per lItalia, un treno sempre aperto a ogni stazione: chiunque pu salire per raccontare la propria proposta. Alla stazione Leopolda di Firenze, questo il nome dello spazio (ex - scalo ferroviario) dove si tenuto per tre giornate il convegno, hanno partecipato 6800 persone tra la sera di venerd, lintera giornata di sabato e la mattinata di domenica; sono arrivati pi di 1200 contributi, ciascuno aveva 5 minuti per esporre il proprio tema senza distinzione di razza, religione o credo (dal diciottenne simpatizzante, al noto parlamentare). Unica regola era quella di non parlare del PD ma solo del Paese: Una parola, uno slogan e una proposta. Questa modalit ha liberato la creativit delle tantissime persone che hanno par-

tecipato con il risultato di avere avuto una enorme variet di proposte e quindi una ricchezza culturale con pochi precedenti. La suggestiva ex-stazione era sempre piena di persone, sempre attente e coinvolte, forse perch alla Leopolda si anche scherzato, si mangiato, e alla sera si poteva pure andare a vistare Palazzo Vecchio, invitati direttamente dal sindaco. Il convegno stato anche un successo sul piano della comunicazione multimediale: tantissimi accessi alla pagina Facebook (con Renzi che leggeva in diretta i commenti), almeno quattro dirette in streaming dellevento (perfino dal sito del Corriere della Sera) oltre alle migliaia di contatti sul sito www.prossimaitalia.it (a proposito qui potete farvi una idea pi precisa). Ora si cercher di far lavorare le persone in rete e di immaginare una tabella oraria e dei percorsi di questo treno, che spero presto possa arrivare a Milano, magari per dare una mano al candidato sindaco del centrosinistra appena uscito dalle primarie.

Approfondimenti COME SOSTENERE PISAPIA Maurizio Mottini


Considerazioni sulle primarie del 14 novembre a Milano. LAFFLUENZA. Era lecito pensare a un risultato pi ampio. 67.000 contro 82.000 per Ferrante (e 64.000 per quelle del solo PD per Bersani/Franceschini/Marino dello scorso anno). Ci si poteva aspettare maggior partecipazione perch ci sarebbe stato un confronto fra candidati di qualit. Ma la pessima giornata di pioggia non ha aiutato, per neppure la neve aveva aiutato le primarie di Ferrante, mentre aveva favorito la partecipazione il bel sole per quelle del PD dellanno scorso. Sembra che si sia votato di pi in centro che in periferia e che Pisapia sia andato meglio in centro che in periferia. Conclusione? La disaffezione alla politica una tendenza ancora in corso. E possibile dire che c meno gente che si accalora per la politica, ma che quella gente che se ne occupa tende a soluzioni pi radicali, pi emotive, meno riflessive? IL RISULTATO. Pisapia ha vinto nettamente. E stata premiata la sua scelta di presentarsi fin da luglio. Di aver imposto le primarie, anche se la segreteria Cornelli aveva sempre con coerenza detto che le primarie si sarebbero fatte. Certo Vendola ha teso a presentarlo come suo candidato fin da luglio, alla sua presentazione. Pisapia non stato penalizzato dalla sua partecipazione alla manifestazione della FIOM a Roma, n da qualche sviolinata di troppo al Leoncavallo. Il suo consenso pare che sia stato pi rilevante nel centro che in periferia, per cui si pu concludere che c maggior tendenza alla radicalizzazione nella borghesia che negli strati popolari. O che lo spirito dei girotondini, della borghesia riflessiva, dellantipolitica di sinistra sia ancora prevalente e la scarsa caratterizzazione del PD offra troppi spazi di manovra a queste posizioni, peraltro destinate solo a distruggere e mai a costruire. BOERI STATO SCONFITTO. Non sono state sufficienti le sue caratteristiche di conoscenza delle problematiche urbane a livello internazionale, la sua capacit di proposta anche puntuale su temi rilevanti per la citt, la sua conoscenza della citt. Troppo serio il linguaggio cos scevro da demagogia. Troppo percepito come un borghese, sia pure illuminato, catapultato in politica ma senza un seguito autonomo. Gli hanno anche nuociuto le esperienze professionali che necessariamente lo hanno messo in contatto con interessi immobiliari, anche se i suoi contributi sono sempre stati orientati ad altri esiti, non certo ai mc, come si visto nel caso del progetto architettonico/paesistico per lexpo 2015. Ma i toni di Dario Fo come quelli di Marco Vitale erano francamente inaccettabili. IL PD MILANESE STATO SCONFITTO. La candidatura di Boeri stata troppo presto sposata da troppi dirigenti del PD. Era opportuno che Boeri avesse cominciato da solo per corroborare l immagine di una scelta civica (richiesta peraltro dal PD stesso da molti mesi) e che il PD, individuate le indicazioni di linea ritenute strategiche, avesse motivato politicamente la sua scelta dopo un paio di settimane. Insomma ci voleva meno fretta e pi politica. Ma il PD non poteva non scegliere tra i candidati. Se non lavesse fatto quel tanto di antipolitica che aleggia nei media avrebbe irriso il partito che avrebbe sostenuto lo sforzo organizzativo delle primarie, ma non avrebbe avuto il coraggio di pronunciarsi. Il pronunciamento fatto a tempo debito avrebbe avuto pi forza. E ben argomentato politicamente avrebbe aiutato di pi Boeri che era il candidato pi

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attrezzato culturalmente per la Milano del futuro e per battere il centrodestra. Lantipolitica per si fatta sentire pesantemente e usando lerrore tattico del PD ha messo in campo una continua, puntigliosa, insistente delegittimazione del maggior partito del centro sinistra. Un vero peccato che il professor Onida abbia cavalcato questa linea, arrivando a dire in TV che i partiti non devono immischiarsi nella scelta dei candidati. (Il paragone con lAmerica non pertinente perch in quel paese esiste un sistema bipartitico per cui le primarie si fanno allinterno di un partito o dellaltro, peraltro assai diversi da quelli europei, e non esistono coalizioni). Questa scelta di Onida stata premiata nelle zone del centro citt e dove si affermata in modo consistente stato a danno di Boeri e mai di Pisapia. E ORA, CHE FARE? La scelta di sostenere Pisapia irrinunciabile. Il problema come sostenerlo. E soprattutto come comportarsi se ci dovesse essere coincidenza con elezioni parlamentari anticipate. Occorre fare ipotesi di comportamento diverse anche se non troppo perch non infrequente un voto amministrativo che ha risultati diversi da quello politico dello stesso giorno. Fenomeno pi vero nei piccoli centri che in quelli maggiori, ma non da sottovalutare. Partiamo dal caso pi semplice. Non si fanno elezioni anticipate. E c una regolare campagna amministrativa a Milano (come a Torino e alcune altre grandi citt). I temi amministrativi prevarranno. Sulla critica al malgoverno di Letizia non credo che ci siano problemi a concordare con Pisapia argomenti e toni da assumere. Cos pure per riprendere la tradizione milanese del Comune che si consulta, che negozia le scelte con le grandi strutture milanesi dellassociazionismo imprenditoriale come delle grandi organizzazioni sindacali. Nel rispetto della laicit dellIstituzione comunale pone grande attenzione alle problematiche

poste dalla presenza della Chiesa Ambrosiana come delle comunit religiose degli immigrati (ortodossi e islamici). Anche nei confronti della Lega non sar difficile avere lo stesso linguaggio ( culturalmente inadeguata al governo di una citt europea alimenta la paura anzich combatterla). Pi problematico laccordo per avere una linea corretta su sicurezza e integrazione. Occorre chiarire con Pisapia latteggiamento da assumere verso la pulsione antilegalit presente nei movimenti radicali con cui Pisapia ha spesso avuto rapporti di vicinanza. Pi facile in vece il rapporto con Pisapia per quanto concerne l amministrazione della Giustizia: il suo garantismo pi che sufficiente. Nessuna difficolt sul welfare cittadino, vanto della storia del riformismo milanese, che va tuttavia aggiornato alla realt multietnica di oggi nonch alla presenza sconosciuta nel passato di cos tanti anziani e diversamente abili. Mentre problema difficile ma nel merito non nei rapporti col candidato, la questione della finanza municipale, che peraltro va affrontata urgentemente e deve essere un asse portante della campagna elettorale. Dove invece ci sar molto da aiutare Pisapia sulle questioni di collocazione geopolitica di Milano poich il rapporto Europa/Oriente (Cina India) tender ad aumentare e lItalia potrebbe essere tagliata fuori se la nuova via della seta (connessione ICT e ferroviaria dalla Cina allOlanda), in corso di realizzazione e finanziata dallUE, dovesse attestarsi solo sullasse Germania/Olanda. La TAV per Milano e lItalia quindi essenziale e pi per il corridoio ovest/est che nord/sud. Non ancora risolto inoltre il tema della o delle stazioni della TAV. Anche la semplificazione/specializzazione del sistema aeroportuale lombardo nonch la sua accessibilit essenziale per Milano. Altro argomento indispensabile per governare Milano il tema dell adegua-

mento alle convenzioni internazionali delle politiche urbane per le risorse: umane, naturali, fisiche e immateriali. La gestione /riduzione dei rifiuti strategico e va svolto su scala metropolitano o meglio regionale. Cos pure sul sistema della mobilit delle persone (integrazione ferrovie/metropolitane parcheggi nelle stazioni del sistema ferroviario). Per la mobilit delle merci altro discorso che interessa grandemente Milano e che richiede un rapporto pubblico/privato inedito. Le questioni della ricerca devono vedere un ruolo attivo del Comune nel prospettare /organizzare la collaborazione del sistema universitario col sistema delle imprese, nonch di facilitatore delle iniziative per lo sviluppo della creativit. Insomma il riformismo milanese deve trovare le forme del suo aggiornamento alla economia della conoscenza e alla societ multietnica, un nuovo welfare urbano per la coesione sociale di cui Milano ha bisogno deve partire da programmi pubblici che sappiano poi utilizzare la grande risorsa del volontariato. Se le elezioni amministrative si svolgeranno contestualmente con quelle politiche il quadro sar pi complicato. Poich gli schieramenti potrebbero essere diversi tra i due livelli. E per farsi capire dai milanesi si dovr operare uno sforzo si esplicitazione dei temi amministrativi con precisi riferimenti ai temi nazionali. Si dovr parlare molto di fatti e poco delle tematiche di schieramento. Per occorre che il PD milanese da subito avvii un intenso lavoro di messa a punto di temi politico amministrativi su cui chiamare a una collaborazione le organizzazioni del partito verticali (Gruppi Idee Progetto) e orizzontali (circoli e zone). Questa la condizione per essere presenti e dare un contributo di qualit nella campagna elettorale per Pisapia Sindaco.

Lettera VENGO ANCHIO Michele Sacerdoti*


Nellultimo numero di Arcipelago Milano Luca Beltrami Gadola non mi ha intervistato pensando che, non avendo vinto le primarie, mi sarei ritirato a vita privata. Non aveva letto con attenzione la mia intervista a Repubblica del 9 novembre scorso: ho dichiarato se vince Boeri mi ritiro a vita privata mentre per Pisapia potrei fare campagna. Sono molto contento che abbia vinto Pisapia e sono pronto a collaborare con lui nei prossimi mesi per vincere le elezioni amministrative e farlo diventare Sindaco di Milano, secondo limpegno che ho sottoscritto partecipando alle primarie. La prima cosa da fare sar di organizzare un cantiere per il programma che metta insieme il meglio dei programmi dei quattro candidati con le richieste di comitati e associazioni di cittadini, comera successo nel 2005 con il cantiere dellUnione al quale ho dato un forte contributo sul tema del territorio e dellambiente. Deve essere un occasione per coinvolgere i cittadini nel programma del centrosinistra e farci vincere le elezioni.

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Nel mio programma sono presenti molte proposte per lambiente e la vivibilit della citt che spero possano far parte del programma del futuro Sindaco, con la previsione dincassi per finanziarle (vedi sito .sacerdotiamamilano.it) che ho esposto anche in interviste a questo giornale. La Rete dei Comitati Milanesi, cui appartengo, pronta a dare il suo contributo sulle questioni affrontate dai comitati in varie zone della citt, dalla ex-Fiera al progetto GaribaldiRepubblica-Isola-Varesine, al PGT, Parco Sud, piano del rumore, piste ci-

clabili, traffico e parcheggi sotterranei. Sono questioni trasversali per le quali anche persone che hanno votato per il centrodestra alle ultime elezioni sono contrarie a dare un nuovo mandato al Sindaco Moratti, che ha fatto solo finta di ascoltare i comitati. I prossimi mesi saranno quindi cruciali per il futuro di Milano e, come sempre, sar in prima linea dove sar necessario, sapendo bene che certe battaglie vanno fatte anche se non si sa se si potranno vincere. Chi mi conosce sa che non sono capace di stare in un angolo

senza avere un ruolo attivo negli avvenimenti. C una preghiera cui mispiro (preghiera della serenit, Karl Niebuhr, 1942): Signore dammi il coraggio di cambiare le cose che si possono cambiare, la serenit di accettare le cose che non si possono cambiare, la saggezza di distinguere le une dalle altre.

* Ex-candidato alle primarie del centrosinistra per il Sindaco di Milano

Scrive Eva Cantarella a Franco Morganti


Caro Franco, non sono daccordo n sul tono n sul contenuto del tuo intervento. Intanto il tono del duro e puro lo assumi tu e butti l una serie di affermazioni (aforismi) che chiariscono bene il tuo pensiero, e di questo dobbiamo esserti grati, ma che, chiarendolo, ne fanno emergere anche le contraddizioni. Nessuno dei quattro candidati pu vincere. E perch? Perch Milano ha sempre (da 17 anni) votato a destra. Se cos vero chiudiamo baracca e burattini e iscriviamoci alla destra. E non ne parliamo pi. Ma la tua affermazione solo superficialmente vera, cio non c stato un sindaco di sinistra da Borghini in poi, non vera quanto alle cause. Non poteva forse vincere Ferrante, scelto, come altri per conquistare un ipotetico centro, per cui tu ti sei battuto? Si: perch la differenza con la Moratti non era grande e sarebbe stata anche minore o nulla se met dei bertinottiani non avessero votato Albertini e met non fossero rimasti a casa, con altri di sinistra, non proprio felici della scelta. E molto probabile che in questi anni la destra abbia vinto solo perch parte della sinistra stata a casa invece che perch Milano vota a destra. Certo se si parte gi preferendo Albertini semplicemente perch soddisfa il proprio aforisma e perch cos si sicuri di vincere non si capisce perch, vincere per vincere, non si voti direttamente la Moratti. Perch no Albertini? Semplicemente perch non di sinistra, appartiene a unaltra Milano che non la mia e che credevo non fosse neppure la tua. Tra laltro tu ti dichiari con dura e pura sicumera nemico della moda ecc. (Diffido invece di quei candidati che pensano che Milano debba essere la citt della moda, o del design, o della ricerca, o della finanza, cosa resta? ndr) e posso anche capire il fastidio per certe manifestazioni ma resta da spiegare il rifiuto di interi settori importanti in tutte le citt e sotto tutte le bandiere. Poi per scegli Albertini che comparendo in mutande (Che scoop, che scoop, gongolava Sergio Scalpelli) stato il sindaco che pi di ogni altro, comparendo in mutande di cachemire ha ceduto alle lusinghe di quel mondo e diciamo che, al di l del buon gusto, non era un bel vedere. Non vorrei che vincendo un domani Albertini (ipotesi di III grado) ti facesse per gratitudine assessore e poi toccasse a te agghindarti in pubblico di cachemire o di paillettes. Ma il punto un altro: a te non piace nessuno dei quattro perch pensi che non possa vincere oppure perch non sei daccordo con le loro (e nostre) idee ? Se perch non pu vincere dovresti per trovare i numeri per una coalizione, che, come tu la descrivi, prenderebbe i voti del cosiddetto terzo polo, pi gli scontenti della Moratti, pi gli scontenti del PD. Posto che gli scontenti del PD forse non sono tutti per Albertini, n lo sono gi scontenti della Moratti, comunque questa coalizione dovrebbe arrivare a prendere sotto il medesimo ombrello gli scontenti della Moratti e quelli del PD. Rimane pur sempre una bella fetta di contenti della Moratti e di contenti del PD e della sinistra che, se non sono stati maggioritari, non sono stati neppure del tutto insignificanti. Se invece tu rifiuti i quattro non per ragioni di efficienza, ma di contenuto quali sono le differenze? Forse Albertini farebbe aggiustare i tombini, cosa che la Moratti non ha fatto, ma non si vede perch non dovrebbe farlo Pisapia ma Albertini non si occupato solo di tombini: questo era lo specchietto per le allodole, sotto la giunta Albertini sono passate molte grandi operazioni non proprio del tutto a favore del condominio, ma certamente a favore di vari condomini. E ti sembra ragionevole ostentare tanta sicurezza in un periodo in cui, tra ora e le elezioni, tutto sembra essersi messo in movimento. Forse chi cerca di cambiare merita di essere preso in considerazione e appoggiato senza che noi nonni della citt (che poi a cominciare da Cacciari non abbiamo da dimostrare molto successo politico di l dalle belle chiacchiere) ci mettiamo di traverso con il tono ultimativo che usi tu. Lasciamoglielo usare, questo tono, ai dirigenti del PD che hanno dimostrato tanta lungimiranza. Forse qualcosa si sta muovendo nel senso giusto, chi ha da dare dia.

Scrive Marco Vitale a Valerio Onida


Caro Valerio, Ti ringrazio per la Tua lettera aperta che in gran parte condivido. Non ho difficolt ad ammettere che lespressione Hai tradito la citt enfatica e quindi sbagliata. Volevo semplicemente dire che la Tua reazione a queste primarie truccate e sbagliate aveva suscitato tante speranze che Tu andassi a fondo sulla linea della conte-

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stazione delle stesse. Come sai era anche la mia speranza ma non era solo mia, era quella di molte persone che hanno seguito con partecipazione queste primarie. Una politica trasversale necessaria per attrarre allimpegno per il rinnovo della citt le moltissime persone che non votano pi, i giovani plate-

almente assenti a queste primarie, e quelli che votano turandosi il naso e per disperazione a favore delle congreghe che soffocano la citt. Questa operazione indispensabile. Ma per riuscire richiede un rinnovamento profondo delle persone e delle politiche tradizionali e quindi un importante convergere su

comuni temi di interesse cittadino e civile proprio fuggendo dalle gabbie delle famiglie partitiche. Ci detto restano pi importanti le cose che ci uniscono da quelle che ci dividono ed su questo che spero lavoreremo ancora insieme nel prossimo futuro. Ti ringrazio per limpegno con cari saluti.

Scrive Marco Airoldi a proposito di WIFI


In attesa che l'Amministrazione regali a Milano e a Morganti in particolare l'ennesimo, imperdibile, indispensabile gadget tecnologico: Il WI FI e il WI MAX, e il Wi non so cosaltra. Mimmagino gi il pezzo che verr - o forse l'ha gi pronto - scritto per celebrare "l'inaspettata" vittoria del candidato "estremista" Giuliano Pisa pia. Guardate, Milano si muore di informatica, chiunque vada in metro e osservi centinaia di persone connesse persino sottoterra nelle condizioni pi improbabili (quasi tutti su FB, pur troppo) se ne rende conto e capisce che per quanto interessante non quello l'aspetto su cui Milano debba colmare il gap. Il comparto ICT quello che a Milano risente maggiormente della crisi, perch cresciuto come una "bolla" esagerata. Il distacco che la gente, quella di sinistra almeno, sente dai partiti generato proprio dai ragionamenti "a la Morganti". Sarebbe ora che Milano ne desse cartesiana, inconfutabile dimo strazione, spero una volta per tutte, visto che la lezione Vendola qualcuno sembra averla studiata con scarso profitto o riottosa negligenza.

Scrive Alberto Maffi a Guido Martinotti


Caro Guido, non so se questa mia verr resa pubblica, perch non vedo nell'indice di Arcipelago un forum. In ogni caso volevo dire che concordo pienamente con la tua risposta ad Antoniazzi, con una piccola precisazione, che forse ti rimasta per cautela nella penna. Il problema con i cattolici (lo dice uno che ha studiato nove anni dai gesuiti) che non ammetteranno mai il principio elementare di civilt che la religione (qualunque religione) deve essere un fatto privato. Per questo io mi augurerei che i cattolici o smettessero di qualificarsi come cattolici quando si parla di politica e di scelte politiche, cio pubbliche, oppure tornassero a farsi il loro partito confessionale. In fondo si stava meglio quando si stava peggio, cio sotto la balena bianca...

Scrive Fabio Corgiolu sulle primarie


Riflettendo sull'esito delle recenti primarie milanesi e leggendo l'articolo PD, CAVALLO CHE PERDE NON SI CAMBIA? penso risulti del tutto evidente quanto il sistema elettorale (a turno unico) utilizzato per le primarie penalizzi la presentazione di pi candidati appartenenti grossomodo alla medesima area politico-culturale, di l dalle differenze faccio ovviamente riferimento ai candidati Boeri e Onida entrambi appartenenti a un'area che potremmo definire "democratico-moderata". Giuliano Pisapia ha potuto invece beneficiare del fatto di rappresentare la medesima area "democratica-radicale". Al di l degli indubbi meriti che riconosco a Pisapia, per il quale esprimo anche una moderata simpatia, voglio dire che tra le responsabilit politiche imputabili alla dirigenza del PD milanese vi sarebbe forse quella d'essersi impuntata sul cosiddetto "proprio candidato" ignorando il forte significato politico rappresentato dalla candidatura (peraltro di statura) Onida.

Scrive Camilla Mian a proposito dellarticolo di Sandro Antoniazzi


I dirigenti PD dovrebbero effettivamente fare un lungo viaggio in cui intercalare il divertimento allo studio. Le posizioni di Antoniazzi sono le posizioni che ci hanno fatto perdere da sempre: improvvisare, perdere, giustificare, improvvisare,perdere, giustificare... Ora finalmente il cerchio si rotto perch entrato uno intelligente, guarda caso ... da fuori.

Scrive Loredana Bigatti


Sono un'iscritta del PD che ha votato Boeri per convinzione dopo averlo sentito pi volte, non perch indicato dal partito. E sono convinta che Milano ha perso una grossa occasione perdendo una candidatura con idee tanto innovative. In tutte le analisi post-primarie che ho letto e sentito da vari settori (politici, culturali, giornalistici) ne manca una che, da interna del PD, ritengo invece fondamentale per il risultato di queste primarie. Intanto il PD non ha sostenuto unitariamente Boeri come viene scritto e detto ovunque: purtroppo all'interno del PD c' stata una spaccatura che ha portato parti del PD a sostenere Pisapia o Onida, anzich Boeri. Questo ha condotto a campagne parallele, all'interno del PD, che hanno dirottato voti potenziali per Boeri sugli altri 2 candidati, perch le indicazioni arrivavano da per-

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sone della dirigenza del PD stimate e ascoltate quanto coloro che hanno indicato Boeri. Quindi vorrei e ci tengo a precisare che in questo voto non ha perso il PD perch gli elettori non hanno seguito le indicazioni, ma ha perso perch si diviso al suo interno e ha sostenuto candidati diversi. La maggioranza dei votanti alle primarie ha seguito le indicazioni

del PD, peccato che erano indicazioni diversificate. Per questo sono state necessarie le dimissioni, non per far cadere le teste in un momento in cui sarebbe assurdo ripartire con un percorso congressuale, ma per far nascere un forte momento di confronto interno e possibilmente raddrizzare la rotta persa. Adesso speriamo che, con la collaborazione di Pisapia che il nostro unico

candidato, si possa costruire un forte progetto per Milano che tenga conto anche delle tante idee valide portate avanti da Boeri e Onida.Il sogno per me sarebbe vederli collaborare tutti e 3 per riportare finalmente il centro sinistra a Palazzo Marino.

RUBRICHE MUSICA
Questa rubrica curata da Palo Viola @arcipelagomilano.org

Die Winterreise
Non cerano pi di quaranta persone, la sera di luned 22 al Circolo Filologico Milanese, per uno dei pi rari e preziosi concerti della stagione - per di pi offerto gratuitamente dalla storica e benemerita istituzione culturale di via Clerici - in cui stato eseguito quel capolavoro assoluto che Die Winterreise di Schubert. Solo pochi hanno dunque provato la strana sensazione di lasciarsi alle spalle la congestione del traffico e la frenesia prenatalizia per infilarsi nellaustero palazzo di via Clerici, sedere in quella bella sala liberty squisitamente asburgica che ha visto scorrere tanta parte della storia milanese, e ascoltare un concerto alternativo e tuttavia pieno di riferimenti culturali e storici cari a chiunque ami la musica classica. Un concerto di soli Lieder, unora e mezza di musica intensa e appassionata, con due magnifici interpreti: il giovanissimo e gi celebre tenore Marcello Nardis e il meno giovane pianista, ma sempre pi amato maestro, Bruno Canino. Claudio Magris, nella prefazione al bel volume Lieder curato da Vanna Massarotti Piazza (Garzanti 1982), ricorda come Hans Castorp indimenticabile protagonista della Montagna incantata di Thomas Mann - ricevesse una particolare impronta spirituale da un pezzo prettamente tedesco, non un pezzo dopera ma una canzone, patrimonio popolare e capolavoro insieme; era il quinto dei ventiquattro Lieder di cui composta la serie del Viaggio dInverno (Die Winterreise, appunto) che, insieme alla Bella molinara (oggi diremmo la bella mugnaia, Die schne Mllerin), rappresenta il punto pi elevato di questo genere musicale intraducibile il Lied tanto meraviglioso quanto da noi, purtroppo, ancora negletto. Queste canzoni ( lunica parola italiana utilizzabile), inanellate in serie che formano dei poemi e creano fantastiche atmosfere intorno a un tema centrale, sono la quintessenza del romanticismo tedesco, e mettono insieme non solo musica e poesia ma anche importanti elementi pittorici (come ci segnalano i titoli dei singoli pezzi e come mezzo secolo dopo metter in evidenza Musorgskij con i suoi arcinoti Quadri di unesposizione); labilit degli esecutori, che devono essere dei veri specialisti con una severa disciplina della voce e una delicatissima relazione con lo strumento, consiste non solo nel restituire quelle atmosfere ma anche nel sottolineare il significato e la peculiarit di ciascun Lied senza mai tradire o frammentare lunit della composizione. C da restare veramente sorpresi nello scoprire come gli autori - il poeta, tedesco di Dessau, e il musicista, austriaco di Vienna - che apparentemente insieme hanno costruito due capolavori cos straordinari, non solo non si siano mai conosciuti, ma avessero allora entrambi meno di trentanni (Wilhelm Mller, ne aveva tre pi di Franz Schubert) e siano morti entrambi poco dopo, giovanissimi (33 anni luno e 31 laltro). Ancor pi sorprendente stato ascoltare un altro trentenne, questa volta italiano, il bravissimo Marcello Nardis che duecento anni dopo, con una voce potente e avvolgente capace di esprimere durezza e dolcezza, disperazione e speranza, si fatto perfetto interprete della tradizione liederistica mitteleuropea ma - senza nulla toglierle quanto a rigore, fedelt e prassi esecutiva - lha arricchita dellele ganza del belcanto italiano apportandovi la grande esperienza e la straordinaria qualit della nostra cultura lirica. Insomma non ci si poteva aspettare di meglio, anche perch - come si detto al pianoforte sedeva Bruno Canino, figura mitica del pianismo internazionale per la duttilit e versatilit del suo repertorio (dalle Variazioni Goldberg alla sperimentazione contemporanea, sempre con indiscussa professionalit), uno dei pi famosi milanesi di Napoli, capace di sorprenderci sempre, anche ora che alla vigilia del suo settantacinquesimo compleanno (auguri, maestro, da un suo affezionatissimo coetaneo!) debutta il Winterreise con una interpretazione scrupolosa, attenta a ogni inflessione del canto e a ogni sentimento nascosto nelle note; una interpretazione tanto autenticamente viennese quanto intrisa di quella melodicit che - da Bach in poi ci sempre stata invidiata. Due ore dopo, a dimostrazione del teorema che anche la musica un prodotto di consumo, e dunque soggetta alle leggi del marketing, la sala del Conservatorio era invece letteralmente gremita per il concerto di Andras Shiff e di sua moglie Yuuko Shiokawa. Due grandi musicisti, lui pianista e lei violinista, che vivono in Toscana e danno applauditissimi concerti in tutto il mondo; ma misteriosamente, quando suonano insieme, si appannano e si spengono lun laltro, forse per un eccesso di reciproco rispetto, chiss ... o per lamorevole timore di sovrastarsi. Laltra sera hanno avuto un grande merito: quello di avere infilato - fra due fin troppo note sonate di Bach (la BMW 1016) e di Beethoven (la numero 10 opera 96) - unassai poco nota eppur fantastica opera tardoromantica di Ferruccio Busoni, la So-

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nata numero 2 in mi minore del 1898, piena di poesia, che ha sorpreso tutti per la modernit e lintensit delle idee mu-

sicali, e che stata giustamente premiata dal grande entusiasmo del pubblico.

ARTE
Questa rubrica a cura di Virginia Colombo @arcipelagomilano.org

Al-fann. Larte della civilta islamica


A Palazzo Reale esposta, fino al 30 gennaio 2011, una straordinaria scelta di opere provenienti dalla collezione alSabah degli sceicchi del Kuwait Nasser Sabah Ahmed al-Sabah e Hussah Sabah Salem al-Sabah. Trecentocinquanta pezzi preziosi e raffinati, scelti tra gli oltre 26.000 della collezione completa. Collezione raccolta a partire dal 1975, dai due coniugi, costruendo negli anni un percorso interessante e vario, che va a coprire temporalmente e geograficamente un universo molto ampio, dal VII al XVII secolo, dalla Spagna all Oriente. E linizio di una avventura straordinaria e probabilmente irripetibile, fatta di intelligenza, amore, competenza, lungimiranza, curiosit, dice con entusiasmo il curatore della mostra, Giovanni Curatola. E nel 1983, in occasione della Festa Nazionale del Kuwait, che gli sceicchi offrono al loro Paese, e al mondo intero, il prestito permanente della loro Collezione al museo Nazionale del Kuwait, in unapposita ala destinata a ospitare milleduecento eccezionali opere darte islamica. Le opere provengono da tutto l'universo arabo, in un arco cronologico che va dall'antichit fino alle dinastie dei tre Imperi: Ottomano, Safavide e Moghul. Testimonianze che esprimono la molteplicit delle realt artistiche del mondo islamico, ispirate e contagiatesi vicendevolmente dagli influssi delle civilt susseguitesi nel corso dei secoli, in un reciproco scambio di ispirazioni e influenze. La civilt romana, quella bizantina, indiana, cinese e persiana offrono e ricevono stimoli e influssi, mirabilmente raccolti in mostra. E in mostra vari e diversi sono gli oggetti esposti, come anche i materiali, fragili e preziosi come il vetro o le stoffe antiche, ma anche saldi e possenti come la pietra dei capitelli. La mostra si divide in due parti: la prima met consiste in un percorso cronologico scandito in quattro momenti, dagli albori fino ai tre grandi imperi. Nella seconda parte si approfondiscono temi importanti e ricorrenti in tutta larte musulmana, di ogni Paese. Calligrafia, decorazione geometrica, motivi ad arabeschi fino ad arrivare allarte figurativa. Ci tiene a sottolinearlo il curatore, bisogna smentire il luogo comune di una pretesa iconoclastia musulmana. Chiude la mostra una sezione dedicata ai gioielli, incredibili e magnifici, che faranno sognare di sicuro ogni donna. Gioielli da vera regina. Insomma un percorso tra unarte diversa e lontana dalla nostra, ma che in fondo qualcosa in comune ce lha. Basti pensare alle pagine del Corano e di libri e manoscritti, mirabilmente miniate, come i nostri codici medievali, o alle iscrizioni incise nella pietra dei portali o sulle pietre tombali. Qualcosa di molto vicino alla nostra storia. Non mancano tappeti da mille e una notte, pugnali e spade in cui sono incastonate pietre di inestimabile valore, oggetti da toeletta e quotidiani, dalle posate agli scacchi. Una mostra itinerante, perch questi oggetti viaggeranno dall'Austria al Canada alla Corea, per permettere a tutto il mondo di ammirare questa incredibile collezione. Un viaggio che ha anche un doppio senso pi profondo, poich Islam e Occidente sono sempre stati caratterizzati da un rapporto dinamico, a volte pacifico, a volte meno, ma comunque sempre caratterizzato da scambi reciproci: e l'arte islamica proprio questo, un crogiuolo di culture. Perch come dice la collezionista - la cultura rapporto. Al-Fann. Arte della civilt islamica fino al 30 gennaio 2011, Palazzo Reale, piazza Duomo Orari: 9.30-19.30, lun 14.30-19.30, giov e sab 9.30-22.30 Biglietti: intero 9, ridotto 7.50.

Filippo Lippi e il nuovo capolavoro per Milano


polavoro prescelto. Dopo nomi importanti come Caravaggio, Van Gogh e Mantegna, solo per citarne alcuni, il turno di fr Filippo Lippi, pittore fiorentino. Lopera proviene dal Museo Civico di Prato, ed la bella Nativit con San Giorgio e San Vincenzo Ferrer, datata 1456 circa. Unopera su tavola, tradizionale ma innovativa al tempo stesso. Leleganza dei personaggi, avvolti in morbidi manti, lespressione tenera e assorta insieme, lelemento naturale e naturalistico dello sfondo. Elementi che rendono questa opera affascinante e misteriosa. Il nucleo della scena senza dubbio la Sacra Famiglia. Giuseppe, accovacciato, le mani giunte, in preghiera davanti a quel figlio cos speciale; la Vergine, bellissima col suo profilo perfetto e nobile, intreccia il suo sguardo a quello del figlio, deposto a terra sullo stesso manto della madre. Un bambino tenero e paffuto che tende le braccia verso Maria, ma con unespressione del volto severa, quasi gi conoscesse il destino che lo aspetta. Sullo sfondo pastori inginocchiati, suonatori di corni e cornamuse, cori di angeli adoranti che cantano levento straordinario, il figlio di Dio nato sulla terra. Il paesaggio stesso speciale. Una distesa di rocce, una terra arida scavata a gradoni, che fa venire in mente gli innovativi paesaggi giotteschi. La scena risulta immobile, come cristallizzata,

Per lottavo anno il Museo Diocesano di Milano porta in citt liniziativa Un Capolavoro per Milano. Una sola opera, significativa e importante, esposta in uno spazio riservato del museo, per permettere di osservare al meglio il ca-

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con i personaggi fermi nelle loro pose eterne, immersa in un silenzio denso di preghiera e novit. Due per sono i personaggi che Lippi aggiunge a questa scena sacra, inediti nel tema della Nativit. Il primo San Vincenzo Ferrer, sulla destra, abbigliato con labito tipico dei domenicani, un libro aperto in mano e lo sguardo rivolto verso un Cristo clipeato. E lelemento inquietante che rompe con questa armonia silenziosa proprio il versetto scritto su quel libro, Temete Dio perch verr lora del Suo giudizio. Un monito apocalittico, spiegabile forse con le angosce vissute da Lippi stesso. Monaco, pittore, dopo aver lavorato negli stessi cantieri toscani di Masaccio e aver conosciuto la lezione di Paolo Uccello e Donatello, nel 1456 incontra la monaca Lucrezia Buti, bellissima dicono le fonti, di cui si innamora. Da questo amore illegittimo nascono Filip-

pino, pittore anche lui, e una figlia. Ecco il perch di un monito cos duro, che nasceva da un profondo senso di colpa, dovuto al fatto che i due amanti avevano tradito e abbandonato i loro voti monastici. E proprio Lucrezia e Filippino furono i modelli per la Vergine e il Bambino, in un continuo scambio tra amore sacro e profano, commovente omaggio alla sua famiglia. Inoltre la presenza di San Vincenzo spiegabile anche con la canonizzazione del santo avvenuta solo un anno prima e per questo motivo la sua figura fu richiesta formalmente dai committenti dell opera, i domenicani di San Domenico a Prato. Laltra figura uno strano San Giorgio, con armatura e vessillo ma senza drago ai piedi. E proprio questo santo pu essere letto anche come un san Michele arcangelo, ma senza ali, che nellApocalisse vince il drago, simbolo

del male, proprio come san Giorgio. Insomma unopera che rompe con liconografia tradizionale, densa di significati. Addirittura ci sono delle corrispondenze con le Rivelazioni trecentesche di Santa Brigida di Svezia. Una bella opera, adatta pi che mai al prossimo periodo natalizio e a una visita con la famiglia. Con un occhio di riguardo anche ai pi piccoli, per i quali vengono realizzati ad hoc laboratori e attivit didattiche la domenica pomeriggio.

La Nativit di Filippo Lippi 16 novembre 2010-30 gennaio 2011 Museo Diocesano di Milano corso di Porta Ticinese, 95 Orari: marted - domenica ore 10-18 Costi: intero 8, ridotto 5, marted 4

Quelle fotografie che non riusciamo a guardare


Una mostra addirittura vietata ai minori di 14 anni quello di cui andiamo a parlare questa settimana. Una mostrashock, che riunisce insieme, nei bei spazi della Triennale, le brutture, le aberrazioni e aspetti del male in genere che ci circondano. Parole forti per immagini altrettanto forti. Il titolo della mostra spiega gi tutto: Disquieting images, cio Immagini inquietanti. E inquietanti alcune lo sono davvero, per non dire altro. Curata da Germano Celant e Melissa Harris, la mostra raccoglie una serie di fotografie, dagli anni 70 a oggi, in cui si affrontano i temi pi diversi e disparati, con un unico filo conduttore: metterci davanti agli occhi quello che invece tentiamo di rimuovere perch ci urta, ci colpisce nel profondo, ci sconvolge. Vari sono i soggetti, che rappresentano i temi pi scottanti e problematici della nostra attualit. Sesso, omosessualit, sadomasochismo, guerra, morte, mutilazioni volontarie, mafia e guerra tra bande, abusi sugli animali, disastri ambientali, genocidi, diversit fisica, identit sociale, razzismo, indifferenza verso gli altri. Una sfilza di immagini davanti alle quali si vorrebbe chiudere gli occhi e voltarsi dallaltra parte, pur sapendo che non si pu, che non si possono ignorare perch testimonianze del mondo reale. Si arriva alla fine quasi a fatica, con un peso dentro e unangoscia, uninquietudine appunto, che non abbandona lo spettatore neanche una volta uscito dalle sale. E l'opera o la circostanza a essere inquietante, oppure la risposta data dagli altri a darne questa chiave di lettura? Questa la domanda sottintesa a tutta la mostra, posta proprio dagli organizzatori. Sono fotografie scattate in ogni parte del mondo, quasi a dimostrazione che gli uomini sono tutti uguali e hanno comportamenti e ossessioni simili, indipendentemente dal paese, dalla razza, dalla propria storia personale. Accade cos di trovare perversioni sessuali diverse, dal sesso casuale di gruppo praticato in Giappone, alle celebri fotografie sul sadomaso estremo di Mapplethorpe, agli uomini di Elena Dorfman, compagni fedeli alle loro silenziose bambole gonfiabili, curate e amate come se fossero donne in carne e ossa. E in questa galleria degli orrori non potevano mancare le foto sugli orrori veri, cio morti, guerre, devastazioni e genocidi, come quello del Rwanda o dello Zaire, ritratti in una lunga sequenza da Gilles Peress nel 1994. Toccanti le foto di Stephanie Sinclair, che ritraggono donne irachene auto immolatesi col fuoco per sfuggire a una realt che di umano per loro non ha pi niente, neanche nella sfera familiare. Donne distrutte in ogni senso, morenti, ma che con grande dignit hanno deciso di farsi ritrarre per testimoniare con la loro sofferenza muta una grande piaga sociale. Immagini che davvero non si riesce a sopportare, sono i tanti bambini nati storpi e deformi in Vietnam, buttati in strada e costretti a chiedere lelemosina per vivere. Certe cose non si possono raccontare, bisogna vederle, sempre che si abbia abbastanza stomaco. Insomma linquietudine del titolo solo uno dei sentimenti che si prova davanti a queste foto. Per lo pi verso quei temi come la propria identit, verso i disagi familiari e i cambiamenti della vita di una persona, seguiti e documentati nelle fotografie di Lise Sarfatti e Mary Ellen Mark. Per le restanti immagini si prova molto pi che semplice inquietudine. Disquieting images/Immagini inquietanti fino al 9 gennaio 2011 Triennale di Milano viale Alemagna 6 Orari: marted-domenica 10.30-20.30; gioved e venerd 10.30-23.00 Costi. Intero 8, ridotti 6,50 e 5,50.

I nuovi volti della scultura contemporanea


Alla Fondazione Pomodoro fino al 30 gennaio 2011 in programma la mostra La scultura italiana del XXI secolo. Una mostra bella davvero, di quelle che vale la pena vedere. Ricca, interessante, interattiva, colorata. Nei grandi spazi della Fondazione si cercato di ricostruire il percorso svolto dalla scultura in questi ultimi anni. Chi si aspetta per una mostra piena di statue in marmo, gesso o bronzo, con i soliti soggetti neoclassici da museo, rimarr profonda-

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mente deluso. E sconcertato. A partire dai materiali. Chewing gum, copertoni, led, coriandoli, animali impagliati, piante, unghie finte, perfino le ombre sono incluse tra i materiali presenti nelle didascalie a descrizione delle opere. La scultura del XXI secolo pu essere fatta da qualsiasi cosa. E se il visitatore ostinato volesse mettersi a cercare qualcosa fatto con i materiali canonici della scultura (e ci sono), lo troverebbe anche, ma rimarrebbe lo stesso sconvolto dalla scelta molto poco classica dei soggetti. A cinque anni di distanza dalla mostra La scultura italiana del XX secolo ecco la sua ideale continuazione con unesposizione ospitante ottanta tra gli artisti italiani pi famosi e quelli emergenti. Una bella sfida per gli organizzatori e per chi si vuole imbarcare nellimpresa (a volte disperata) di capire in che direzione sta andando la scultura di oggi. Una mostra che vuole volutamente aprire e lasciare aperte domande e interrogativi, a partire proprio dal soggetto. Scultura il termine pi esatto per definire quello che il curatore Marco Meneguzzo ci propone? O forse non sarebbe

meglio usare altri termini, da intersecare tra loro, come installazioni, architetture ed esperienze visive? Insomma una disciplina da definire di nuovo, tenendo conto dei suoi strumenti e dellibridazione dei linguaggi. Non c pi nulla di certo, non i soggetti, non di sicuro i materiali. Ci si pu cos trovare ad ammirare il cavallo tassidermico appeso al muro (senza testa) del solito Cattelan, per poi passare al bellissimo Il grande volante VIII di Corneli, creato con stampi in acciaio, lampade e ombre (quelle sul muro, che creano limmagine finale, di nessuna consistenza fisica), per giungere alluomo fatto di chewing-gum rosa shocking di Maurizio Savini (esperienza anche olfattiva). Una variet di materiali reperibili nella vita quotidiana ma soprattutto deperibili, come gli intrecci di carta di Stefano Arienti o il cubo di coriandoli di Lara Favaretto. Basterebbe un nulla per distruggerli, niente a che vedere con la solidit delle statue del passato che hanno attraversato i secoli per giungere fino a noi. Ma dopo tutto il solito problema dellarte contemporanea, in ogni sua

forma. Come si fa a definire cosa arte e cosa non lo ? Ci sono ancora materiali nobili da preferire per creare unopera darte? Sicuramente no. Bisogna solo mettersi nellottica giusta, avere una mente aperta e dimenticarsi di cosa ci hanno insegnato a scuola. E finita lera del marmo, delle veneri e degli eroi mitologici. O meglio, se ci sono ancora non hanno sicuramente pi quel significato. E lora di accettare larte dei nostri tempi, non solo quella passata per una lunga e forzata storicizzazione. E non detto che si debbano per forza perdere tutti i nostri punti di riferimento. Un esempio? Il famosissimo David di Donatello presente anche qui. Solo che rosa, ha un seno abbondante e si chiama Donatella.

La scultura italiana del XXI secolo fino al 20 gennaio 2011 Fondazione A.Pomodoro via Solari, 35 Orari: mercoled - domenica dalle 11 alle 19. Gioved dalle 11 alle 22. Costi: intero 8,00 . Ridotto 5,00 Ingresso libero la seconda domenica del mese

Dali superstar a Milano


Una folla da prima cinematografica ha invaso Palazzo Reale in questi giorni. Folla allinaugurazione, folla alla apertura al pubblico della mostra. E non poteva essere diversamente trattandosi di una super star dellarte, Salvador Dal, a Milano dopo 50 anni dallultima rassegna. La mostra, aperta il 22 e intitolata Dal. Il sogno si avvicina un interessante panoramica su un aspetto poco analizzato della sua opera, il rapporto con il paesaggio, quello della sua terra natia, la Catalogna, le scogliere dellAlto Ampurdn, il golfo di Cadaques. La mostra, divisa in stanze tematiche un viaggio alla scoperta di un Dal non solo surrealista eccentrico ma anche poeta mistico e religioso. A modo suo. Dal nasce a Figueres, vicino a Girona nel 1902. Figlio di un notaio, inizia a dipingere gi da ragazzino con una tecnica che si avvicina ai neo impressionisti. Studia allAccademia di Belle Arti di Madrid da dove per viene cacciato dopo pochi anni per il suo comportamento troppo sovversivo. Da quel momento inizia a formarsi il vero Dalpersonaggio. Baffi a manubrio, abbigliamento stravagante, uscite e dichiarazioni ancor pi eccentriche. Si lega a Bretn e ai surrealisti. I suoi amici hanno contribuito alla storia dellarte e della cultura del Novecento:conosce Picasso, incontra Freud, lavora con Bunuel, Man Ray, collabora con Hitchcock, amico fraterno di Garcia Lorca, che, disse Dal, tent di farlo diventare il suo amante. Lincontro che cambi davvero la sua vita fu quello con Gala, sua futura moglie, musa, gemella, parte mancante di lui. Incontro galeotto, perch Gala era sposata col poeta surrealista e amico di Dal Paul Eluard. Questo fu solo il primo di una lunga serie di scandali. Personaggio fuori dal comune, stato un artista straordinario, completo. Pittore, scrittore, sceneggiatore e co-regista di film, disegna abiti per famosi stilisti, fa scene e costumi per balletti teatrali, produce un suo profumo, disegna gioielli, mobili, fu vetrinista speciale in un grande magazzino di New York. Gir anche degli spot pubblicitari. La differenza tra me e i surrealisti che io sono surrealista disse. Questa dichiarazione, insieme a molte altre, gli valse il ben servito dal gruppo di Bretn. In mostra, i paesaggi aridi catalani sono usati come sfondo teatrale alla miriade delle immagini-feticcio preferite da Dal: telefoni giganti, orologi molli, grucce, formiche, giocatori di baseball, limmancabile Gala e le uova. Uova da cui era ossessionato, secondo la sua teoria del molle e del duro. E un uovo gigante infatti accoglie il visitatore in mostra, a contenitore della prima opera del percorso, una super surrealista Venere di Milo con cassetti. E pon pon di pelliccia. Nelle varie stanze prende forma un Dal meno conosciuto. Non solo il surrealista ossessionato dalla sessualit e dai fluidi corporei ma soprattutto il fine conoscitore delle tecniche pittoriche e della storia dellarte, sperimentatore delle nuove scoperte ottiche. Dal profeta del clima bellico, lui, pittore apolitico per scelta e anzi opportunista. Quando scoppia la guerra civile spagnola, nel 1939, Dal va in esilio volontario in America e in Italia, dove ha la possibilit di approfondire il Rinascimento italiano, per lui la massima espressione della perfezione. Tutte le sue opere sono disseminate di riferimenti culturali, anfore antiche, busti e statue greche, citazioni-parodieomaggio a Velazquez, Michelangelo, Leonardo. Sconvolto dal lancio della bomba atomica, si innamora dellatomo, della fisica e i paesaggi diventano post atomici, le particelle atomiche compaiono nelle sue opere. Punto forte dellesposizione la ricostruzione del salotto surrealista da abitare

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(la prima versione a Figueres), la stanza col volto di Mae West, la diva americana degli anni Trenta. Dopo aver visto la sua foto su una copertina Dal crea un vero salotto, in cui il visitatore invitato a sedere sul Dalilips, divano a forma di rosse labbra carnose, vero oggetto di design prodotto in serie. Intorno un camino a forma di naso e boccoli biondi come tende, mentre un proiettore permette allo spettatore di vedersi in contemporanea sulla parete di fronte. Secondo esplicita volont di Dal. Lultima stanza mostra un Dal che non ti aspetti, cattolico ma agnostico al tempo stesso, su sua ammissione. Un crocifisso sospeso, angeli in una terra apocalittica, il volto di Gala, ormai morente, a indicare la spiritualit di un uomo che

anelava a toccare il cielo, a trovare una strada per comunicare con Dio. Conclude il percorso il cortometraggio animato e inedito Destino, con i disegni creati nello studio Disney nel 1946 e realizzato per la prima volta nel 2003. Un mondo surreale, popolato dalle sue fantasie e ossessioni. Una chicca per la prima volta in Italia. Le opere provengono soprattutto dal Teatro-museo di Dal a Figueres, monumento e trionfo del kitch che progett e costru lui stesso e dove volle farsi seppellire, nel 1989. Non una retrospettiva n una mostra antologica. Unoccasione per conoscere meglio un artista troppo spesso banalizzato.

Dal. Il sogno si avvicina. Dal 22 settembre al 30 gennaio 2011. Palazzo Reale. Orari: marted- domenica 9.30/19.30 luned 14.30/19.30 gioved e sabato 9.30/22.30 Biglietti. Intero: 9 . Ridotto 7,5

CINEMA questa rubrica a cura di M. Santarpia e P. Schipani rubriche@arcipelagomilano.org Precious


di Lee Daniels [USA, 2009, 109'] con Gabourey Sidibe, Mo'Nique, Paula Patton, Mariah Carey, Sherri Shepherd, Lenny Kravitz
Una mano si immerge e sfiora l'acqua di un Why me?, scrive Clareece Precious Jones (Gabourey Sidibe) sul suo diario. Perch io?. Clareece una diciassettenne, vive in un sobborgo di Harlem; il 1987. Si chiede perch?. Perch proprio lei debba subire le violenze del padre che l'ha messa incinta per la seconda volta; perch sua madre, Mary Lee Johnston (Mo'Nique premio Oscar come migliore attrice non protagonista nel 2009), la odi e maltratti accusandola di averle rubato il suo uomo. Perch nemmeno nel nido familiare riesca a trovare l'amore, indispensabile per un'adolescente a cui la vita ha voltato le spalle. Perch. Precious [USA, 2009, 109'] di Lee Daniels racconta la strada in salita che Clareece deve percorrere prima di poter sorridere. Il film tratto dal romanzo Push [1996] di Sapphire, sceneggiato da Geoffrey Fletcher per il quale ha vinto il premio Oscar nel 2009. Clareece detta Precious grassa, schernita dai suoi coetanei e abbandonata a una vita di abusi, insulti e umiliazioni. Talmente rassegnata da preferire la morte a questa vita alienata: sometimes I wish I was dead, dice nella versione originale. Gli unici momenti di evasione li raggiunge sognando: sogna un mondo in cui una showgirl famosa e adorata; si guarda allo specchio e si vede bionda e affascinante. Non si accetta cos com' realmente. Vuole essere diversa. Vorrebbe essere anche lei amata. I sogni di Precious rispecchiano il desiderio di fuggire da una vita che convinta di non poter cambiare. Ma sulle note della canzone Did you ever see a dream walking (in italiano, Hai mai visto un sogno che cammina), mentre Clareece si sta dirigendo verso scuola, noi in sala ci accorgiamo che quel sogno che cammina potrebbe essere proprio lei. In questa scuola alternativa, per ragazzi in difficolt, Precious incontra Blue Rain (Paula Patton), insegnante bella e capace di far ritrovare il prezioso nascosto dietro alla goffa figura di Clareece. Blue Rain aiuta Precious a lottare; la sostiene con amore, quell'amore che mai aveva sentito da nessun altro. Sul finire del film, Precious si ferma per qualche secondo davanti a uno specchio ma, questa volta, nel riflesso non vede showgirl o le belle ragazze che riempivano i suoi sogni di fuga dalla realt, ma ci vede se stessa: ragazza bella e consapevole di essere lei il suo stesso sogno. Paolo Schipani

In sala a Milano: Anteo SpazioCinema, UCI Cinemas Bicocca, Skyline Multiplex, UCI Cinemas Pioltello, The Space Cinema Le Torri Bianche, Area Metropolis 2.0

Il mio nome Khan


di Johar con Khan, , Huckaby, B. Duncan
La mamma di Rizvan Khan disegna due uomini su un foglio di carta. Il primo ha in mano un bastone, il secondo una caramella. La donna sceglie questa raffigurazione per spiegare a suo figlio, un bambino autistico affetto, in particolare, dalla sindrome di Asperger, la differenza tra il bene e il male. Questi due personaggi stilizzati non hanno colore, religione, nazionalit, servono alla mamma a far capire a Rizvan che questi due principi possono appartenere a qualunque essere umano senza che vi sia una predestinazione dovuta alle origini sociali e culturali.

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Il mio nome Khan una lunga ma mai noiosa odissea che segue le gesta di questo bambino diventato uomo alla disperata ricerca del Presidente degli Stati Uniti, sua nazione adottiva, nella speranza di poter confessare la propria estraneit a un luogo comune che lo perseguita. Vuole urlarlo a tutto un paese che ha scelto, a seguito degli attentati dell'undici settembre, la strada manichea. L'America il bene, i musulmani il male. Il regista opta per una scelta assoluta molto simile a quella fatta da Roberto Benigni ne La vita bella. Il film ha chiaramente due anime distinte, la prima intrisa dell'amore di cui beneficia il protagonista, la seconda, dopo la

chiave di volta dell'attentato alle torri gemelle, pregna di odio e ostilit. impossibile non pensare a Forrest Gump, non solo per la similitudine nel lungo viaggio attraverso gli Stati Uniti ma anche per queste improvvise eruzioni delle doti del protagonista. Il film tuttavia si districa bene nel confronto grazie a una scelta di tematiche forti e una narrativa che riesce molto bene ad alternare l'attenzione tra le gesta del protagonista e i suoi pensieri. L'attore che interpreta Rizvan Khan Shahrukh Khan, una leggenda di Bollywood. Egli non sfigura nel confronto con i giganti che hanno recitato nei panni di persone autistiche come Sean

Penn o Dustin Hoffman. La sua prova intensa, il suo grado di immedesimazione nei disagi e nelle sofferenze di quest'uomo perennemente estraneo alle dinamiche della societ stupefacente. Il mio nome Khan un film coinvolgente, in alcuni punti forse eccessivamente retorico ma sicuramente autentico. Michele Santarpia

In sala a Milano: Multisala 15:00 17:30 20:00 22:30 - Cinemas Bicocca 11:05 14:00 16:50 19:40 22:30

GALLERY

VIDEO PHILIPPE DAVERIO: LE LUMINARIE DI NATALE ://www.youtube.com/watch?v=P1aC1bFkj1E

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