La prima maniera
Risalgono alla prima maniera tutti quei romanzi, come Una peccatrice del 1866, Storia di una capinera del 1869, Eva e Tigre reale del 1873, Eros del 1875, che si possono considerare autobiografici nel senso che, come scrive Giuseppe Petronio[2], "... il Verga mirava a effondere stati d'animo e sentimenti che erano anche suoi, e a vivere, nei suoi libri, avventure non vissute effettivamente ma sognate". Oltre a questo suo desiderio autobiografico si trova per in questi romanzi la volont di analizzare la societ del suo tempo, soprattutto dello strato sociale pi elevato, mettendo in evidenza i fallimenti sentimentali e l'immoralit, non solo dei singoli personaggi ma di tutta la societ. Le storie di questi primi romanzi, dal tono spiccatamente melodrammatico, descrivono tutte un mondo che, se pur descritto, in un certo senso negato "... la baronessa russa sconfitta dall'amor familiare, e il treno che ne porta in Russia il cadavere si incontra in una stazione, simbolicamente, con quello che porta in villeggiatura il suo ex amante con la moglie e la figlia. Enrico Landi, il pittore romantico e bohmien di Eva, sconfitto nell'arte e nell'amore, ferito in duello e ammalato, va a morire in Sicilia, tra gli affetti, sia pure oleografici della famiglia: il mondo della passione, del lusso, dei sentimenti facili e superficiali, si svela pi debole di altre cose, pi semplici ma sane, radicate nel costume sociale e nella coscienza dei personaggi".[3] In una lettera scritta a Felice Cameroni il 18 luglio del 1875 lo scrittore, come se presagisse la conclusione di questa sua prima fase, scrive:
Ho cercato sempre di essere vero, senza essere n realista, n idealista, n romantico, n altro, e se ho sbagliato, o non [4] sono riuscito, mio danno, ma ne ho avuto sempre l'intenzione, nell'Eva, nell'Eros in Tigre reale.
Una peccatrice Nel 1866 Verga pubblica il romanzo "Una peccatrice" che aveva iniziato a Catania e terminato a Firenze durante il suo primo soggiorno. In esso si ritrovano molti di quei motivi che il giovane scrittore riprender, rielaborandoli, nei romanzi che seguiranno. E' anche considerato un romanzo autobiografico, sebbene Verga non lo ritenga tale: arriver addirittura a ripudiare l'opera negli anni successivi. Storia di una capinera "Storia di una capinera", romanzo scritto in forma epistolare e definito dallo stesso Verga in una lettera al Rod di "genere romantico e sentimentale", venne scritto nell'estate del 1869 e pubblicata nel 1871 ottenendo subito un grande successo. In esso si intravedono alcuni temi tipicamente verghiani come quello della famiglia e della campagna. Il romanzo, pur presentando una sensibilit ultraromantica, "... presenta anche uno studio dell'ambiente ben documentato e la ricerca di verit e di efficacia sociale".[5] Eva Il romanzo "Eva", pubblicato nel 1873, narra la passione di un giovane pittore per una ballerina e in esso si nota "un notevole realismo nello studio della psicologia di Eva e nella considerazione dell'influenza decisiva del motivo economico sulla vicenda amorosa".[6] Tigre reale "Tigre reale", pubblicato da Brigola nel 1875, narra la storia dell'attrazione del giovane diplomatico Giorgio La Ferlita per una contessa russa "avida e capricciosa, malata di tisi e condannata a breve vita".[7] Anche in questo romanzo spiccano alcuni di quei temi "... che ritroveremo nell'arte compiuta del Verga maturo, in una disposizione di toni e di parole che nascono con un timbro loro e ci obbligano ad appoggiare la voce su alcune e smorzarla su altre".[8]
Opere e poetica di Giovanni Verga Eros Il romanzo "Eros", pubblicato nel 1875 un romanzo "mondano" costruito sulla violenza delle passioni in un mondo raffinato ed elegante ma falso e "costituisce una tappa significativa nell'iter narrativo dello scrittore siciliano (influenzato dal milanese clima scapigliato), un bisogno di semplicit e naturalezza, di verit, dopo tanti artifici di sentimenti, di situazioni, di linguaggio".[9]
La fase verista
Dopo questa novella, che pu considerarsi un episodio isolato, il Verga continu a scrivere i romanzi alla prima maniera, per poi riprendere dopo un po' di anni le posizioni stilistiche e umane che aveva espresso in Nedda, iniziando cos la sua nuova fase narrativa. Risalgono al 1880 la raccolta di "Vita dei campi", al 1883 la raccolta "Novelle rusticane" e la progettazione di cinque romanzi del Ciclo dei Vinti del quale scrisse i primi due: I Malavoglia nel 1881 e Mastro don Gesualdo nel 1888 con la pubblicazione tra i due, nel 1882, di un romanzo tra la vecchia maniera e la nuova, intitolato "Il marito di Elena". Lo sfondo di tutte queste opere sono i luoghi intorno a Catania al quale lo scrittore era fortemente legato e hanno tutte come protagonisti uomini di umili origini sociali, come contadini, pastori, pescatori, artigiani. Se vengono messi in scena alcuni rappresentanti della nobilt del paese, essi hanno tutti caratteristiche assai diverse dal modo di pensare dei primi personaggi verghiani. Tutto quindi cambia, dai temi, all'ambiente e ai personaggi dando spazio allo scrittore per una nuova maniera di intendere l'arte e la vita.
Opere e poetica di Giovanni Verga Vita dei campi La nuova stagione dello scrittore si pu far iniziare con la raccolta di novelle intitolata "Vita dei campi", pubblicata a Milano dall'editore Treves nel 1880, che pu essere considerata "il primo capolavoro della narrativa verghiana; un libro che contiene alcune tra le sue pi celebri novelle, da Rosso Malpelo a Jeli il pastore, da Cavalleria rusticana a Fantasticheria.[11] In queste novelle Verga descrive, dal punto di vista popolare, gli eventi e le situazioni di quell'ambiente contadino siciliano che egli conosceva bene e a cui era particolarmente legato, focalizzando l'attenzione sul piccolo mondo locale. Il ciclo dei Vinti Lo scrittore siciliano aveva progettato un ciclo di cinque romanzi, Il ciclo dei vinti, dei quali, per, scrisse solo i primi due: I Malavoglia (1881) e Mastro-don Gesualdo (1888), ai quali interpose Il marito di Elena (1882), romanzo che mostra ancora l'indecisione di Verga all'adozione del verismo. I successivi tre titoli che dovevano completare il ciclo non sono mai stati scritti: essi comprendono La duchessa di Leyra (di cui rimangono solo i primi capitoli), L'onorevole Scipioni e L'uomo di lusso. Questi ultimi, in ordine, dovevano narrare la sconfitta di quella vanit che pu sussistere solo ad un alto livello sociale, la sconfitta nelle ambizioni politiche tese alla conquista del potere, e la sconfitta nell'ambizione dell'artista che aspira alla gloria. I Malavoglia I Malavoglia la storia di una famiglia, i cui membri sono rimasti sconfitti nel loro grande sforzo per uscire dalla miseria: la lotta per il progresso allo stato elementare, in un ambiente i cui problemi sono quelli del pane quotidiano e le possibilit di mobilit sociale sono ridotte a zero. Mastro-don Gesualdo Mastro-don Gesualdo la sconfitta di chi, vinta la battaglia per una migliore condizione economica, aspira alla promozione sociale e spera di conquistarla attraverso un matrimonio combinato, per accedere alla nobilt. Novelle rusticane "Novelle rusticane" una raccolta di 12 novelle pubblicate a Torino dall'editore Casanova nel 1883 e sono, come scrive Sarah Zappulla Muscar[12] "Mirabili, nella loro sofferta, opprimente desolazione, percorse da un pi cupo pessimismo e nessun spiraglio di luce sembra illuminare i protagonisti di questa disperata tragedia del vivere". Per le vie Risale al 1883 anche la pubblicazione, da parte dell'editore Treves della raccolta di novelle intitolata "Per le vie" che vede come protagonisti gli emarginati di una grande citt come Milano in continua lotta per la sopravvivenza. Drammi intimi La raccolta di novelle "Drammi intimi", pubblicata a Roma nel 1884 da Sommaruga contiene "Ancora fantasticherie erotiche, "malsane divagazioni della mente", amori che uccidono ed insieme novelle rusticane"[13] Dal tuo al mio Nel 1905 compose infine un romanzo tratto da un dramma che aveva scritto nel 1903 dallo stesso titolo, Dal tuo al mio dove si assiste all'evolversi del suo pensiero sociale. Quando il movimento operaio si rafforz e cominci ad organizzarsi, pass da una adesione commossa alla diffidenza. Il romanzo descrive il voltafaccia di un capolega operaio che, avendo sposato la figlia del padrone, si trova sia economicamente che socialmente dalla parte finora contestata.
Opere e poetica di Giovanni Verga La sceneggiatura delle novelle Oltre la composizione delle sue opere maggiori, Verga va ricordato per il suo contributo alla nascita in Italia di un teatro verista. Egli infatti scrisse la sceneggiatura di alcune sue novelle, Cavalleria rusticana e La lupa alle quali seguirono opere scritte espressamente per il teatro, come In portineria e Dal tuo al mio.
Il pessimismo
Nella Prefazione al Ciclo dei vinti, dalla quale si apprende l'ideologia verghiana, egli afferma, fra l'altro, che l'autore non deve intervenire perch non ha il diritto di giudicare e di criticare gli eventi: chi scrive deve quindi usare la tecnica dell'impersonalit, che si configura come il modo pi adatto per esprimere una realt di fatto, ovvero la presenza incontrastata del Male nel mondo. La vita infatti una dura lotta per la sopravvivenza, e quindi per la sopraffazione: un meccanismo crudele che schiaccia i deboli e permette ai forti di vincere. questa la legge della natura la legge del diritto del pi forte che nessuno pu modificare in quanto necessaria. Si perviene perci all'illegittimit di giudizio e di critica da parte dell'autore, dato che il cambiamento non comunque possibile: tanto vale lasciare che le cose vadano come devono naturalmente andare. Quella della natura una legge dura e spietata che gi Darwin aveva intuito e formulato nella legge della selezione naturale e che il darwinismo sociale aveva fatto propria e ad essa non ci sono alternative: come direbbero i latini, dura lex sed lex. L'autore deve solamente limitarsi a fotografare la realt, descrivendo i meccanismi che ne stanno a fondamento; la posizione verghiana pertanto diversa da quella di mile Zola: non c' denuncia, bens solo constatazione nuda e cruda della realt per quella che . Il verismo autentico si attua perci solamente nella forma, e la letteratura assume la funzione di studiare ci che dato e quindi di rappresentare fedelmente il reale. Verga non per indifferente ai problemi del suo tempo, in quanto conservatore, galantuomo del Sud e non socialista: significativo infatti che parli dopotutto dei vinti e non dei vincitori. Il suo linguaggio lucido e disincantato lo porta per a scrivere della realt denunciandone la crudelt senza mitizzazioni: non c' pietismo, ma solo osservazione lucida del vero. questa la concezione pessimistica di Verga circa la condizione umana nel mondo, una condizione che l'uomo non pu modificare perch gli fondamentalmente propria. Egli, alla pari di chi scrive, deve solamente limitarsi alla nuda constatazione di uno spettacolo immutabile, in cui ogni giudizio o proposta di cambiamento si rivelano vani ed insignificanti. In questo senso, le possibilit umane nel mondo sono pesantemente limitate. Tale visione pessimistica e tragica perch Verga, positivisticamente, non credeva nella Provvidenza, e Dio assente dai suoi libri; ma non credeva nemmeno in un avvenire migliore da conquistarsi sulla terra, con le forze degli uomini. Vinto chiunque voglia rompere con il passato in maniera improvvisa e clamorosa, senza esservi preparato, mentre coloro che accettano il proprio destino con rassegnazione cosciente posseggono saggezza e moralit. La scoperta dell'umanit delle plebi, l'analisi del risvolto negativo del progresso, e quindi delle lacrime e del sangue di cui esso grondava, dietro la sua facciata rilucente, spinsero Verga a considerare il presente e il futuro con un pessimismo che lo indusse alla critica della societ borghese, ma anche alla rinuncia sfiduciata ad ogni tentativo di lotta.
Opere e poetica di Giovanni Verga Verga, pur avendo frequentato ambienti aperti e spregiudicati, rest intimamente legato alla mentalit siciliana profondamente tradizionalista e fatalista; anche l'ideologia politica rest epidermica e retorica, senza abbracciare le teorie socialiste. Il contatto con la borghese e disinvolta societ milanese (1872 1893) lo spinse a ripensare l'intero codice dei valori.
L'impersonalit
Secondo la sua visione, la rappresentazione artistica deve conferire al racconto l'impronta di cosa realmente avvenuta; per far questo deve riportare "documenti umani"; ma non basta che ci che viene raccontato sia reale e documentato: deve anche essere riportato in modo da porre il lettore "faccia a faccia col fatto nudo e schietto", in modo che non abbia l'impressione di vederlo attraverso "la lente dello scrittore". Per questo lo scrittore deve "eclissarsi", cio non deve comparire nel narrato con le sue reazioni soggettive, le sue riflessioni, le sue spiegazioni, come nella narrativa tradizionale. L'autore deve inoltre "mettersi nella pelle" dei suoi personaggi, "vedere le cose coi loro occhi ed esprimerle colle loro parole" (regressione). In tal modo, la sua mano "rimarr assolutamente invisibile" nell'opera, tanto che l'opera dovr sembrare "essersi fatta da s", "essere sorta spontanea come fatto naturale, senza serbare alcun punto di contatto col suo autore", proprio come una fotografia.
La tecnica narrativa
Nelle sue opere effettivamente l'autore si "eclissa", si cala "nella pelle" dei personaggi, vede le cose "coi loro occhi" e le esprime "colle loro parole". A raccontare infatti non il narratore onnisciente tradizionale, che riproduce il livello culturale, i valori, i principi morali, il linguaggio dello scrittore stesso ed interviene continuamente nel racconto ad illustrare gli antefatti o le circostanze dell'azione, a tracciare il ritratto dei personaggi, a spiegare i loro stati d'animo e le motivazioni psicologiche dei loro gesti, a commentare e giudicare i loro comportamenti, a dialogare col lettore, ma un occhio che osserva i fatti senza darne interpretazione; star poi al lettore, sulla scorta delle proprie idee e convinzioni, dare un significato a ci che l'autore ha riportato sulle pagine del libro. In questo modo, la letteratura verghiana si configura come scientifica ed oggettiva, capace di esporre delle vicende senza l'intrusione teoretica dello scrittore. Il punto di vista dell'autore non si avverte -quasi- mai nelle opere di Verga: la "voce" che racconta si colloca tutta all'interno del mondo rappresentato, allo stesso livello di personaggi.
La svolta verista
La cosiddetta "svolta" verista nacque dal proposito di contrapporre alla mentalit borghese la schiettezza di un'umanit umile, travagliata, eppure capace di conservare intatti i valori tradizionali ed affettivi. A tal fine Verga teorizz uno stile antiromanzesco il cui fulcro fu il canone dell'impersonalit. Come verista, Verga intese svelare le conseguenze eticamente negative del progresso economico, voluto ed attuato dalla borghesia.
L'arte e la lingua
L'influsso del naturalismo
Verga, nella convinzione che il romanzo moderno dovesse rappresentare tutta la societ, accett le linee generali del naturalismo, descrivendo accuratamente l'ambiente e il momento storico, indispensabili alla spiegazione della psicologia dei personaggi, che immise direttamente nell'azione lasciando che il loro carattere si svelasse attraverso il loro comportamento.
Le tecniche narrative
La tecnica dell'impersonalit
Egli, inoltre, insistette in modo particolare sull'impersonalit narrativa, affermando che lo scrittore deve restare assolutamente invisibile, e il romanzo deve avere l'impronta dell'avvenimento reale, e l'opera d'arte deve apparire un fatto naturale, senza serbare alcun punto di contatto con la personalit dell'autore. Nelle opere del Verga, il narratore calato nella vicenda per mentalit, linguaggio, cultura, canoni di giudizio, valori etici, consuetudini e si rivolge, apparentemente, ad ascoltatori appartenenti a quella stessa societ. In Rosso Malpelo si pu, ad esempio, parlare di narratore corale. Nella prefazione a "L'amante di Gramigna", Verga sostenne che oggetto del romanzo devono essere i fatti veri, e quindi degni di analisi scientifica, ma che la letteratura non solo questo. Il romanzo deve infatti basarsi sull'obiettivit ed da considerarsi riuscito quando ha la naturalezza della realt e l'autore dimostra di essere al di fuori della vicenda che narra.
La lingua
Verga, anche nella lingua, persegu un'aderenza assai rigorosa ai personaggi e all'ambiente utilizzando il discorso indiretto libero che rendeva bene la tecnica dello straniamento che l'autore usava. Inoltre, Verga fa ampio uso di termini ed espressioni dialettali, persino volgari, per mantenere una forte corrispondenza con il mondo reale.
La soluzione linguistica
La soluzione linguistica fu originale, infatti, la lingua era, per i veristi italiani, il problema pi grave perch avevano intorno a s una societ pi regionale che nazionale, e una lingua nazionale solo a livello letterario. Giovanni Verga fu il solo, dei veristi, ad avere il coraggio di adottare una soluzione radicale: non una lingua parlata, che non c'era; non la lingua regionale, che avrebbe costretto il libro in un ambito ristretto; bens una lingua italiana intessuta di espressioni e vocaboli locali, adatta a caratterizzare i personaggi ed a nascondere l'autore, costruita sulla stessa semplice struttura sintattica della lingua siciliana, al fine di semplificarne la lettura da parte di persone poco istruite.
Opere e poetica di Giovanni Verga pubblico. Rispetto alla versione di Lattuada questo film pi fedele a Verga e insiste maggiormente sulla crudezza.
Note
[1] Sarah Zappulla Muscar in Invito alle lettura di Verga, Mursia, Milano, 1984, pag. 65 [2] Giuseppe Petronio, Compendio di Storia della letteratura italiana, 1968, pag. 403 [3] op. cit., pp. 403-404 [4] lettera a Felice Cameroni del 18 luglio 1875 [5] Mario Pazzaglia, L'Ottocento. Testi e critica con lineamenti di storia letteraria, Zanichelli, Bologna, 1992, pag. 654 [6] op. cit., pag. 654 [7] Sarah Zappulla Muscar, Invito alla lettura di Giovanni Verga, Mursia, Milano, 1984, pag. 78 [8] Dino Garrone, G. Verga, Firenze, Vallecchi, 1941 [9] Sarah Zappulla Muscar, op. cit., pag. 81 [10] da Primavera, Giovanni Verga. Tutte le novelle, Mondadori, Milano, collana I Meridiani, 1979, pag. 35 [11] Mario Pazzaglia, L'Ottocento. Testi e critica con lineamenti di storia letteraria, Zanichelli, 1992, pag. 653 [12] Sarah Zappulla Muscar, Invito alla lettura di Giovanni Verga, Mursia, Milano, 1984, pag. 100 [13] op. cit., pag. 107 [14] http:/ / www. film. tv. it/ scheda. php?film=11995 [15] http:/ / www. film. tv. it/ scheda. php?film=9426 [16] http:/ / www. film. tv. it/ scheda. php?film=23020
Voci correlate
Giovanni Verga (descrizione dello spazio)
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