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UNIVERSITA DEGLI STUDI DI TRIESTE

FACOLTA DI INGEGNERIA DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA CIVILE ED AMBIENTALE

ANALISI E VALUTAZIONE DEI RISCHI NELLE ATTIVITA DI CONDUCENTE DI TRASPORTO PUBBLICO LOCALE ALLA LUCE DEL NUOVO D.LGS. 81/08 E SUCCESSIVE MODIFICHE E INTEGRAZIONI

Laureando: Mario Liberti

Relatore: Prof. Vittorio Bozzetto

Anno accademico 2008/2009

Indice

Premesse CAPITOLO I Il Trasporto Pubblico Locale

1.1. Introduzione

1.2. Classificazione dei vari sistemi di traporto 1.3. Panoramica dei mezzi di trasporto pubblico
1.3.1. Lautobus

1.4. Capacit
1.4.1. Area di carico
1.4.1.1. Tempo di servizio 1.4.1.2. Tempo di sgombero 1.4.1.3. Variabilit del tempo di servizio 1.4.1.4. Percentuale di fallimento

1.4.2. Capacit di una fermata

1.5. Qualit del servizio


1.5.1. Misure di performance
1.5.1.1. Meccanismo di scelta dellutente

1.5.2. Livelli di servizio 1.5.3. Misure della qualit di un servizio di trasporto su un dato itinerario
1.5.3.1. Disponibilit alle fermate 1.5.3.2. Disponibilit lungo litinerario 1.5.3.3. Disponibilit dellintero sistema 1.5.3.4. Confort e convenienza alle fermate 1.5.3.5. Confort e convenienza lungo litinerario 1.5.3.6. Confort e convenienza lungo il sistema

1.6. Struttura aziendale


1.6.1. La situazione generale a livello nazionale 1.6.2. Organizzazione aziendale di unazienda di T.P.L.

CAPITOLO II Il sistema stradale italiano 2.1. Dalle origini agli anni cinquanta
2.1.1. La nascit delle autostrade di prima generazione

Indice

2.2. Evoluzione del sistema stradale dal dopoguerra ad oggi


2.2.1. La nascita delle autostrade di seconda generazione

2.3. Il Piano Nazionale della Sicurezza Stradale Azioni prioritarie


2.3.1. Il Piano Regionale della Sicurezza Stradale

CAPITOLO III Concetti generali sulla valutazione del rischio 3.1. Introduzione e sue applicazioni 3.2. La Valutazione dei Rischi a livello normativo 3.3. Redazione del Documento di Valutazione dei Rischi per unazienda di trasporto pubblico CAPITOLO IV Valutazione dei rischi per i conducenti di autobus 4.1. Considerazioni generali 4.2. Il rischio posturale
4.2.1. Il rischio legato a postura incongrua del tronco 4.2.2. Il rischio legato a postura incongrua degli arti superiori 4.2.3. Il rischio legato allassetto posturale di testa e collo 4.2.4. Il rischio posturale legato ad altre parti del corpo

4.3. Inquinanti da traffico ed effetti sulla salute degli autisti di autobus


4.3.1. Il danno alla salute della popolazione generale 4.3.2. Emissione, diffusione e tipologia degli inquinanti 4.3.3. Caratteristiche dei principali inquinanti ambientali 4.3.4. Effetti degli inquinanti da traffico sulla salute degli autisti di autobus

4.4. Lo stress da lavoro correlato


4.4.1. Il problema dello stress a livello normativo 4.4.2. La valutazione del rischio collegato allo stress lavorativo 4.4.3. Il fattore stress tra i conducenti di autobus 4.4.4. Prevenzione e interventi

II

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4.5. Il consumo di alcolici e sostanze stupefacenti nei luoghi di lavoro


4.5.1. I numeri dellalcol in Italia 4.5.2. Lalcol e i suoi effetti sullorganismo
4.5.2.1. Caratteristiche generali e propriet chimico-fisiche 4.5.2.2. Metabolismo ed effetti dellalcol etilico 4.5.2.3. Intossicazione acuta 4.5.2.4. Intossicazione cronica

4.5.3. Il problema dal punto di vista normativo italiano

Conclusioni

III

Indice

IV

Premesse Al giorno doggi, nonostante il progresso tecnico abbia fatto dei notevoli passi in avanti, si assiste ad un continuo aumento dei casi di infortunio e morte nei luoghi di lavoro. Ci non quindi dovuto alle tecniche di lavorazione vere e proprie ma ad un insieme di fattori tra loro connessi che riguardano principalmente il comportamento delluomo. Innanzititutto c da dire che, in passato, la normativa riguardante la sicurezza risultava poco chiara principalmente per il motivo che esistevano diversi decreti legislativi risalenti ai primi anni cinquanta che necessitavano di un aggiornamento dovuto al progresso tecnico. A tal riguardo nellaprile del 2008 stato promulgato il D.Lgs. 81 chiamato anche Testo Unico che ha riformato, riunito ed armonizzato, abrogandole, le disposizioni dettate da numerose vecchie normative in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro succedutesi nellarco di quasi sessantanni, al fine di adeguare lintero blocco normativo allevolversi della tecnica e del sistema di organizzazione del lavoro. Una delle principali novit introdotte dal Testo Unico stata lestensione del campo di applicazione delle disposizioni in materia di salute e sicurezza a qualsiasi tipo di lavoratore anche autonomo ma anche la revisione del sistema delle sanzioni nei confronti del datore di lavoro. Un altro aspetto che comporta linsorgere di numerosi infortuni lerroneo o, in certi casi, il mancato utilizzo dei dispositivi di protezione individuale da parte dei lavoratori. In molti casi, ai giorni nostri, ci pu essere dovuto alla difficolt di comunicazione tra lavoratori stranieri e datori di lavoro ma anche alla necessit sempre pi impellente di lavorare nel minore tempo possibile. Nella nostra ricerca abbiamo voluto analizzare e valutare i rischi di una particolare categoria di lavoratori: i conducenti di mezzi di traporto pubblico locale. Come prima cosa stata analizzata lorganizzazione del traporto pubblico locale dal punto di vista tecnico e qualitativo soffermandosi, in particolare, sullutilizzo dellautobus come mezzo principale pi diffuso per il trasporto dei passeggeri.

Premesse

Successivamente si analizzato il lungo percorso iniziato con la costruzione, la successiva estensione e ammodernamento della rete stradale italiana ponendo particolare attenzione al fenomeno sempre pi crescente dellincidentalit. A tal proposito stata menzionata la direttiva europea, recepita da tutti i Paesi membri, che ha come obiettivo la riduzione del 40% degli incidenti mortali entro il 2010. Negli ultimi due capitoli sono stati trattati dapprima i punti salienti che costituiscono il Documento di Valutazione del Rischio in generale secondo le indicazioni della normativa vigente; in seguito si passati a trattare il modo in cui articolato un documento di valutazione dei rischi per unazienda di trasporto pubblico. Lultimo capitolo, in particolare, ha esposto tutti i rischi riguardanti il conducente di autobus esaminando sia quelli fisici relativi alla postura durante il lavoro sia quelli psichici relativi allo stress lavorativo ma anche quelli legati al consumo di sostanze alcoliche e stupefacenti.

Capitolo 1

1. IL TRASPORTO PUBBLICO LOCALE


1.1. Introduzione
Negli ultimi 20 anni si assistito ad una progressiva diminuzione dellutenza del trasporto pubblico locale che, in diversi casi, ha superato il 20%. Questo vistoso calo nellutilizzo dei trasporti urbani causato in parte da errori di pianificazione delle reti di trasporto, ma da imputare, in gran parte, ai mezzi di spostamento privati come lautomobile e i motocicli, che hanno compromesso larmonico sviluppo degli altri modi di trasporto e portato a quella insufficienza complessiva che oggi si lamenta e a cui non facile rimediare. I 3 grandi protagonisti sulla scena dei trasporti nelle aree urbane sono: lautomobile privata lautobus la ferrovia urbana e suburbana

Lo sviluppo del primo mezzo, per servizio individuale, ha limitato lo sviluppo degli altri 2, creati invece per un servizio collettivo e pi efficienti a risolvere il problema del trasporto nella maggior parte delle localit e condizioni in cui si svolge la vita urbana. Negli spostamenti collettivi urbani in superficie lautobus viene preferito per la sua capillarit e facilit dimpiego tuttavia, nelle grandi citt, il suo utilizzo viene limitato dalla presenza di linee tranviarie o metropolitane. Lautobus, infatti, penalizzato dal servizio che offre nella marcia promiscua con le automobili private ma anche dal suo alto costo desercizio imputabile in larga parte allaumento crescente del costo dei carburanti.

Capitolo 1 Una delle soluzioni applicabili nellottica di una maggiore efficienza del trasporto pubblico locale risulta essere lampia possibilit di parcheggio per i mezzi di spostamento privati. Infatti con la creazione di ampie zone di sosta, possibilmente gratuite, sistemate presso le pi importanti stazioni periferiche oppure presso grandi centri commerciali si contribuirebbe alla riduzione della massa di traffico nelle arterie pi congestionate che conducono nei centri urbani. Alcuni miglioramenti dei trasporti pubblici, specialmente durante i periodi di punta, potrebbero aumentarne il volume di traffico, cos da coprirne anche il maggior costo. In linea generale, tuttavia, non si pu pensare ad aumentare le tariffe a livelli tali da ripianare i crescenti deficit di esercizio, i quali devono essere coperti, se non totalmente almeno per buona parte, da sovvenzioni statali, regionali o comunali considerando sempre pi il trasporto pubblico come un servizio sociale al pari di quello per le strade, la polizia, listruzione o la salute. Miglioramenti e tariffe proporzionalmente basse per il servizio fornito, costituiscono i maggiori stimoli per luso dei trasporti pubblici e quindi per la loro maggiore efficienza. Non va dimenticato che labbandono di essi negli ultimi 20 anni da parte di numerosi viaggiatori, che li hanno sostituiti con i mezzi privati di trasporto, ha portato al loro progressivo decadimento che si deve ora cercare di superare, contando anche sul fatto che per la congestione stradale la qualit del trasporto individuale va, a sua volta, continuamente peggiorando.

1.2. Classificazione dei vari sistemi di trasporto


Una prima classificazione pu essere fatta considerando la tipologia di servizio: 1. servizio privato: utilizzato da singole persone o piccoli gruppi su strade pubbliche. E un servizio molto flessibile e il costo totalmente a carico di chi lo utilizza. 2. servizio pubblico: caratterizzato dal fatto che dotato di percorsi fissi e orari prestabiliti.E servizio disponibile per chiunque sia disposto a pagare un biglietto. 4

Capitolo 1 Il costo di esercizio viene coperto per il 65% da sovvenzioni regionali mentre il restante 35% sostenuto dai ricavi dei biglietti. 3. servizio a noleggio: un servizio intermedio. Risulta pi flessibile del trasporto pubblico che ha percorsi e orari fissi ma viene gestito comunque da un operatore pubblico. Un esempio pu essere l autobus a chiamata che viene attuato da alcune aziende di trasporto quando un numero significativo di persone richiede di spostarsi in un luogo particolare.Questo tipo di servizio pu cambiare di giorno in giorno e viene effettuato solamente quando c richiesta. Una seconda classificazione pu essere fatta considerando la sede in cui opera il servizio: 1. servizio su strada: viene effettuato su strada urbane. Solitamente la marcia risulta promiscua con gli altri mezzi di trasporto privati. In taluni casi vengono utilizzate delle corsie preferenziali. 2. servizio su sede separata: avviene in superficie ma ha il vantaggio di avere poche interferenze col traffico veicolare privato. Questo tipo di servizio viene applicato, solitamente, per i mezzi tranviari. 3. servizio su sede propria: avviene generalmente in sotterraneo e quindi totalmente privo di interferenze con gli altri modi di trasporto. Solitamente un servizio utilizzato per le metropolitane e quindi riservato a centri urbani di grosse dimensioni. Una terza classificazione pu essere fatta considerando la tecnologia di cui dotato il sistema di trasporto: 1. tipologia di supporto dei veicoli sulla struttura: si pu avere gomma-asfalto nel di autobus, acciaio-acciaio nel caso di tram o metropolitane oppure galleggiamento nel caso di traghetti. 2. tipo di guida: si possono avere mezzi di trasporto a guida libera oppure a guida vincolata come nel caso di tram e metropolitane.

Capitolo 1 3. sistemi di trazione: si possono avere diverse categorie di mezzi di trasporto in base a come viene generato e trasmesso lo sforzo di trazione. 4. sistemi di controllo della circolazione: anche in questo caso si possono distinguere diverse categorie di mezzi di trasporto in base ai sistemi che regolano il distanziamento longitudinale. Esiste la guida a vista, la guida tramite segnali e i sistemi completamente automatizzati. Una quarta classificazione pu essere fatta considerando le caratteristiche del servizio: 1. tipo di percorso: esistono servizi a brevissimo raggio con elevato trasporto di passeggeri come le scale mobili e i tapis roulant, oppure a livello urbano con fermate relativamente vicine e velocit abbastanza ridotta come gli autobus. 2. modalit di trasporto: esistono mezzi di trasporto pubblico che effettuano il servizio in tutte le fermate oppure a fermate alternate 3. tempo di servizio: in questo caso si considera la durata in ore del servizio di trasporto lungo larco della giornata. Si pu avere pertanto un sevizio regolare se tale sistema attivo dalle ore 6 alle 24, oppure esistono anche servizi dedicati ai pendolari e quindi attivi solamente durante gli orari di punta.

1.3. Panoramica dei mezzi di trasporto pubblico


I mezzi di trasporto pubblico maggiormente utilizzati nei centri urbani al giorno doggi sono: 1. metropolitana: attiva quasi esclusivamente in citt caratterizzate da unelevata popolazione ed estensione territoriale. La metropolitana si distingue dagli altri sistemi di trasporto per il fatto di essere priva di interferenze con tutti i mezzi circolanti in unarea urbana. Tale sistema effettua infatti il servizio su binari posti in una sede completamente sotterranea. Solitamente viene alimentata da una rete elettrica a corrente continua aerea oppure posta lungo le rotaie. La capienza di un convoglio metropolitano pu essere anche di 1500 passeggeri considerando che un singolo vagone in grado di trasportare 250 persone. 6

Capitolo 1

Il tipo di servizio che effettua a scala urbana con fermate poste al massimo a 1500 metri luna dallaltra e si differenzia dagli altri sistemi di trasporto pubblico per lelevata frequenza di passaggi che nelle ore di punta pu essere anche di soli 60 secondi. 2. tram: un mezzo di trasporto decisamente pi diffuso rispetto alla metropolitana. A differenza della metropolitana il tram circola su binari che spesso sono incorporati nella sede stradale. Tuttavia, con lobiettivo di migliorarne la circolazione e di aumentarne la velocit commerciale sono stati recentemente anche tratti in sede propria, in galleria o sopraelevati. Il tram effettua un servizio urbano o suburbano con fermate poste a 500 metri luna dallaltra ed in grado di trasportare fino a 150 persone per ogni vagone. Un altro elemento di distinzione con la metropolitana la tipologia di marcia. Nelle linee tranviarie la marcia viene detta a vista mentre nelle linee metropolitane vengono utilizzati segnali semaforici. 3. metropolitana leggera: un mezzo di trasporto che ha caratteristiche intermedie tra il tram e la metropolitana. Solitamente costituita da veicoli molto simili ai tram ma viaggiano prevalentemente in galleria oppure in superficie separate per dal traffico automobilistico da appositi cordoli. Dovendo viaggiare sia in superficie che in sotterraneo questo mezzo di trasporto dotato di sistemi di controllo ibridi. La metropolitana leggera utilizza la trazione elettrica a corrente continua principalmente captata da cavi aerei ma in alcuni casi, per poter viaggiare anche in tratti ferroviari extraurbani, utilizza sistemi reversibili in grado di utilizzare anche la corrente alternata. 4. filobus: costituito da veicoli dotati di ruote gommate che utilizzano per una struttura fissa per poter captare lenergia. Il filobus alimentato da due conduttori elettrici sospesi sulla sede stradale dai quali il veicolo acquisisce la necessaria potenza elettrica tramite due aste di captazione. I principali vantaggi del filobus sono il basso tasso di inquinamento, lelevato confort di marcia essendo dotato di motore elettrico e di ruote in gomma e il risparmio a livello manutentivo visto che i motori elettrici risultano essere pi affidabili e duraturi.

Capitolo 1 Lo svantaggio principale riscontrabile nel fatto che questo sistema di trasporto a differenza degli autobus a trazione termica non pu modificare il suo tracciato originale dovendo essere sempre alimentato da linee aeree.

1.3.1 Lautobus urbano


L autobus senza ombra di dubbio il mezzo di trasporto pubblico locale maggiormente diffuso nelle citt di tutto il mondo. Le origini di questo tipo di servizio risalgono alla prima meta del XIX secolo in Inghilterra dove si iniziarono ad utilizzare delle carrozze trainate da cavalli che molto presto lasciarono la strada allapplicazione dei primi motori a vapore sugli stessi veicoli. Successivamente, grazie allimpiego dellenergia elettrica, lo sviluppo dei mezzi di trasporto pubblico urbano si incentr dapprima sui filobus e di seguito si ebbe la diffusione dei primi tratti di ferrovie metropolitane. Dagli anni 40 del XX secolo nacquero invece i primi veicoli adibiti a trasporto pubblico alimentati da motori a combustione interna che, nonostante numerose innovazioni tecnologiche avvenute nei decenni successivi, tuttora circolano nelle aree urbane. I principali motivi che hanno portato ad unesponenziale diffusione dellautobus sono: 1. 2. bassi costi di realizzazione flessibilit

La flessibilit, in particolare, il fattore che tuttora fa propendere nella maggior parte dei casi per lutilizzo di tale mezzo di trasporto a discapito degli altri. Lautobus infatti non necessit di alcun tipo di infrastruttura per esercitare il suo servizio e inoltre leventuale modifica di un percorso causata da fattori esterni pu essere attuata in breve tempo e con costi ridotti. Nonostante i fattori precedentemente elencati siano decisamente fondamentali nella scelta dellautobus bisogna per affermare che tale mezzo di trasporto presenta anche diversi lati negativi che spesso sono accentuati nelle citt con un elevato numero di abitanti.

I principali svantaggi dellautobus sono:

Capitolo 1 1. velocit ridotta: non essendo dotato di una sede propria sulla quale effettuare il proprio servizio lautobus, nella sua marcia, condizionato dalla presenza di altri veicoli circolanti sulla stessa rete stradale. La conseguenza quindi una riduzione evidente della velocit riscontrabile nei centri urbani maggiormente trafficati. 2. capacit limitata: dovendo viaggiare in una sede stradale promiscua e con dimensioni fisiche variabili, esistono dei vincoli sul numero di veicoli potenzialmente inseribili in una rete. Risulta dunque fondamentale il dimensionamento preciso dei raggi di curvatura degli autobus nelle varie arterie utilizzate per svolgere il servizio. Le vetture utilizzate per il trasporto si possono dividere in 3 categorie in base alle loro dimensioni: 1. minibus: veicoli lunghi 7,9 m caratterizzati da un ridotto raggio di ingombro della carrozzeria e quindi adatti a circolare in strade strette e tortuose.

I.V.E.C.O

Europolis 7,90 m

2. a singolo troncone: veicoli lunghi da 10,5 m a 12 m e caratterizzati da un raggio di ingombro della carrozzeria medio e da una capacit massima di circa 100 passeggeri.

Capitolo 1

I.V.E.C.O Citelis12 12,00 m

3. autosnodati: veicoli lunghi 18 m costituiti da 2 elementi raccordati da un dispositivo flessibile che consente il libero passaggio dei passeggeri anche durante la marcia permettendo, inoltre, la rotazione del troncone posteriore nelle curve. Per rendere pi agevole e sicura la circolazione nelle strade cittadine gli autosnodati sono dotati di ulteriori coppie di ruote. Questo tipo di veicoli viene utilizzato lungo le direttrici nelle quali maggiore lafflusso di passeggeri. La capacit di un autosnodato pu raggiungere i 160 passeggeri.

I.V.E.C.O Citelis18 18,00 m

Dal punto di vista della trazione gli autobus possono essere suddivisi principalmente in 3 categorie:

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Capitolo 1 1. autobus con motori a combustione interna: costituiscono la quasi totalit del parco veicoli circolante. Questo tipo di autobus utilizza prevalentemente un motore a gasolio per la trazione ma esistono anche alcune vetture alimentate a metano le quali hanno il vantaggio del ridotto costo del carburante e di basse emissioni inquinanti. Daltra parte per il grosso problema dellimmagazzinamento del combustile allinterno del veicolo e lelevato periodo di tempo necessario per il rifornimento hanno contribuito notevolmente alla scarsa diffusione di questa tipologia di motori. 2. autobus con motori elettrici: il loro utilizzo decisamente ridotto nonostante lenorme vantaggio della totale riduzione di emissioni inquinanti. Questi autobus, infatti, dovendo installare a bordo le batterie per lalimentazione dispongono di una capienza limitata e inoltre lautonomia decisamente inferiore rispetto ai veicoli con motore a combustione interna. Per questi motivi vengono utilizzati per il trasporto pubblico nei centri storici caratterizzati spesso da strade di larghezza ridotta e da un flusso passeggeri pi basso rispetto alle linee che effettuano il servizio da e verso le periferie. 3. autobus con motori ibridi: sono veicoli che tipicamente utilizzano la trazione dieselelettrica. Il motore a combustione interna solitamente aziona un generatore elettrico trifase che a sua volta alimenta il motore elettrico di trazione. La regolazione della velocit avviene agendo sul motore termico che lavora a regime variabile come su un veicolo diesel tradizionale. La sostituzione della trasmissione meccanica con il sistema elettrico consente comunque sensibili vantaggi in termini di elasticit di marcia grazie alla notevole e costante erogazione di coppia dei motori elettrici. Inoltre si hanno notevoli vantaggi in termini di manutenzione grazie alla maggiore semplicit della catena cinematica.

1.4 Capacit

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Capitolo 1 La capacit un argomento complesso che studia sia gli spostamenti delle persone che dei veicoli e dipende principalmente dalle dimensioni degli autobus e dalla frequenza dei loro passaggi che vengono pianificate dal fornitore del servizio pubblico. In definitiva le capacit delle linee di autobus, delle corsie riservate e dei vari capilinea, in termini di persone trasportate, sono limitate da: efficienza delle singole fermate nella salita e discesa dei passeggeri numero di veicoli utilizzati distribuzione delle fermate lungo le linee

La capacit viene calcolata in tre differenti luoghi: 1. area di carico 2. fermata 3. corsia

1.4.1 Area di carico


Larea di carico di un autobus lo spazio necessario per la fermata e il servizio di salita e discesa dei passeggeri di un solo veicolo. La capacit di unarea di carico dipende dai seguenti fattori: 1. tempo di servizio: la quantit di tempo necessaria al singolo autobus per iniziare e terminare la salita e la discesa dei passeggeri pi il tempo necessario allapertura e chiusura delle porte. 2. tempo di sgombero: il tempo necessario allautobus per liberare larea di carico. Esso dipende da due componenti: fissa: tempo necessario a liberare tutto lo spazio occupato. variabile: si considera la difficolt che ha lautobus a reinserirsi nella corrente veicolare. 3. variabilit del tempo di servizio: la consistenza dei tempi di servizio tra tutti gli autobus che utilizzano tale area di carico

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Capitolo 1 4. percentuale di fallimento: la probabilit che un autobus arrivi allarea di carico trovando contemporaneamente un altro veicolo che sta occupando la stessa. 1.4.1.1. Tempo di servizio La capacit delle singole aree di carico fondamentale per poter determinare la capacit delle fermate e delle corsie. A sua volta, la conoscenza dei tempi medi di servizio presso le aree di carico basilare per calcolare le capacit di suddette aree. Ci sono cinque fattori principali che influenzano il tempo di servizio. Due di questi sono relativi alla domanda dei passeggeri mentre gli altri tre riguardano i tempi necessari per completare il servizio di trasporto. 1. Domanda e carico dei passeggeri: la porta del veicolo col maggior flusso determina generalmente il tempo necessario per soddisfare tutte le salite e le discese dei passeggeri. 2. Distanza tra le fermate: pi ridotto il numero delle fermate, pi grande sar il numero dei passeggeri in salita ad una certa fermata. Si cerca, quindi, di trovare un equilibrio nel numero di fermate cercando di non porle troppo lontane tra loro per non aumentare il tempo di servizio ma neanche troppo vicine in modo da non ridurre la velocit media. 3. Procedure per il pagamento del biglietto: il tempo necessario in media per pagare il biglietto ha uninfluenza importante sul tempo richiesto per servire ogni passeggero in salita. 4. Tipologia dei veicoli: lutilizzo degli scalini per salire o scendere dallautobus aumenta la quantit di tempo richiesta per servire ogni passeggero. 5. Circolazione interna al veicolo: quando allinterno del veicolo ci sono molte persone in piedi risulta pi difficile per i passeggeri in salita liberare la zona di entrata causando uneccessiva perdita di tempo alle fermate. Calcolo del tempo di servizio 13

Capitolo 1

Esistono tre metodi per stimare il tempo di servizio: 1. misurazione sul campo: il modo pi preciso per determinare i tempi di servizio ad una fermata e di misurarli direttamente. Questi tipi di misurazioni possono essere eseguite secondo due modalit: posizionamento presso una fermata: si utilizza una tabella in cui si trascrivono la linea e il numero aziendale del veicolo. Di seguito si rilevano listante in cui lautobus si arresta, il momento in cui si aprono le porte, la stima del numero di passeggeri saliti e discesi per ciascuna porta e di quelli ancora a bordo. Per concludere viene annotato il tempo di fine salita e discesa, listante in cui si chiudono le porte e il momento in cui la vettura riprende la marcia. posizionamento allinterno del veicolo: in questo caso la tabella vista in precedenza viene modificata per prima cosa annotando il nome di ogni fermata ma anche contando in maniera pi precisa il numero dei passeggeri a bordo. 2. valori tipici: se le misurazioni su campo per una fermata non sono disponibili si possono utilizzare dei valori rappresentativi per stimare il tempo di servizio. Per le fermate di interscambio situate nelle zone centrali dei centri urbani si utilizzano 60 secondi, per quelle di media importanza 30 secondi e infine per quelle caratterizzate da un ridotto flusso 15 secondi.

3. calcolo del tempo di servizio: questo metodo richiede che le misurazioni o le stime dei passeggeri siano disponibili separatamente per quelli in salita che per quelli in discesa. Il procedimento che conduce al calcolo vero proprio pu essere suddiviso in cinque passi:

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Capitolo 1 stime orarie del volume dei passeggeri: vengono richieste solamente per le fermate pi importanti. fattore dellora di punta: PHF =

Ph dove Ph indica il numero dei 4P15

passeggeri in unora di punta e P15 il numero dei passeggeri nei 15 minuti di maggior flusso. I valori tipici del PHF sono compresi tra 0,60 e 0,95. Un valore vicino a 1 significa un sovraccarico del sistema e quindi la necessit di un potenziamento del servizio. tempo base per la salita e la discesa:

SITUAZIONE
abbonato biglietto

SALITA
2 sec. + 0,5 sec. (in presenza di passeggeri in piedi) 2,6 sec. + 0,5 sec. (in presenza di passeggeri in piedi)

DISCESA
1,7 2,0 sec. 1,7 2,0 sec

pagamento in contanti

3 sec.

1,7 2,0 sec

aggiustamento dei tempi con dei fattori f c :


1,2 se la salita e la discesa si ostacolano a vicenda 0,6 se si hanno doppie porte 0,85 se il veicolo dotato di pianale ribassato

calcolo del tempo di servizio: t d = Pa t a + Pb t b + t oc 15

Capitolo 1 dove: t d = tempo di servizio Pa = passeggeri in discesa per autobus attraverso la porta critica t a = tempo necessario per la discesa di un passeggero Pb = passeggeri in salita per autobus attraverso la porta critica t b = tempo necessario per la salita di un passeggero t oc = tempo di apertura / chiusura porte Il segno + tra le due moltiplicazioni si utilizza nel caso critico in cui il tempo di salita dipende totalmente da quello di discesa. In caso contrario si adotta il fattore pi alto. 1.4.1.2. Tempo di sgombero Una volta che lautobus chiude le porte e si prepara a partire da una fermata, esiste un periodo di tempo addizionale noto come tempo di sgombero, nel quale larea di carico non ancora disponibile per lautobus successivo. Una parte di questo tempo fissata e consiste nel tempo che un bus impiega a liberare tutto lo spazio occupato. Quando gli autobus si fermano lungo la corsia veicolare questa lunica componente che si considera per il tempo di sgombero. Nel caso in cui il veicolo si ferma al di fuori della corsia veicolare bisogna aggiungere unaltra componente variabile che considera il tempo necessario per il reinserimento in strada dellautobus. Il tempo di reinserimento dipende da: volume di traffico della corsia veicolare presenza di semafori che regolano il flusso veicolare disciplina della circolazione

Calcolo del tempo di sgombero Vari studi che hanno esaminato le componenti del tempo di sgombero stabiliscono per lo stesso un valore che oscilla tra i 9 e i 20 secondi. Allinterno di questo valore compresa sia la componente fissa ( circa 10 secondi ) che quella variabile che viene riassunta nella seguente tabella: 16

Capitolo 1

Corsia adiacente Volume di traffico (veic/h)


100 200 300 400 500 600 700 800 900 1000

Rientro medio Ritardo (sec.)


1 2 3 4 5 6 8 10 12 15

1.4.1.3. Variabilit del tempo di servizio Non tutti gli autobus si fermano ad una fermata per la stessa quantit di tempo. Ci dipende dalle variazioni della domanda dei passeggeri sia per i veicoli che per le varie linee. Leffetto della variabilit dei tempi di servizio sulla capacit degli autobus evidenziato dal coefficiente di variazione dei tempi di servizio ( cv ) che la deviazione standard dei tempi di servizio diviso per la media del tempo di servizio. Quando cv zero allora tutti i tempi di servizio sono gli stessi mentre quando pari a 1 significa che circa un autobus su tre avr un tempo di servizio doppio rispetto a quello medio. Se si disegnasse in un grafico una serie di misurazioni sul tempo di servizio si otterrebbe una distribuzione normale simile a quella esposta di seguito.

GRAFICO DISTRIBUZIONE NORMALE STANDARD 17

Capitolo 1

Una distribuzione pi stretta con un picco pi alto indica una ridotta variabilit mentre una distribuzione pi larga con un picco pi basso significa una variabilit elevata. 1.4.1.4. Percentuale di fallimento La percentuale di fallimento considera la possibilit che un autobus arrivi alla fermata trovando tutte le aree di carico occupate. Essa viene utilizzata in combinazione con la variabilit del tempo di servizio e il tempo medio di servizio per fornire un margine operativo da aggiungere al tempo di servizio e a quello di sgombero per fare in modo che i fallimenti non avvengano pi spesso della percentuale desiderata. Quindi pi bassa sar la percentuale di fallimento, pi grande sar il margine operativo e laffidabilit dellorario e pi bassa sar la capacit dellarea di carico. Contrariamente pi grande sar la percentuale di fallimento permessa, pi basso sar il margine operativo e laffidabilit dellorario e pi grande sar la capacit dellarea di carico. Se viene fissato un punto Z su una curva di distribuzione normale, larea che si forma a destra e sotto la curva in corrispondenza del dato punto rappresenta la probabilit che ogni tempo di servizio fornito possa essere pi lungo di quello quantificato.

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Capitolo 1

Z=
dove:

t om t i t d = s s

Z = variabile standard normale corrispondente a una percentuale di fallimento s = deviazione standard dei tempi di servizio

desiderata t om = margine operativo ( sec. ) t d = tempo medio di servizio ( sec. ) t i = valore del tempo di servizio che non sar superato pi spesso rispetto alla percentuale di fallimento desiderata

1.4.2. Capacit di una fermata


La fermata unarea dove gli autobus si fermano per caricare e scaricare i passeggeri e consiste di una o pi aree di carico. La capacit di un veicolo alla fermata dipende dalla capacit della singola area di carico alla fermata, dal numero di aree di carico predisposte e dalla forma delle stesse aree. Inoltre, anche i segnali stradali posti nelle vicinanze della fermata possono condizionare il numero di autobus entranti o uscenti da essa. La capacit di una fermata risulta differente se si tratta di una fermata posta lungo la corsia di marcia oppure allesterno. Le fermate off line risultano avere una capacit pi alta rispetto alle altre quando ci sono quattro o pi aree di carico ma vengono poco utilizzate a causa della difficolt e della conseguente perdita di tempo che hanno gli autobus quando cercano di reinserirsi nel flusso veicolare. Per questo motivo si tendono ad utilizzare le fermate lungo la corsia di marcia che possono essere poste: 1. immediatamente prima di un incrocio 2. immediatamente dopo un incrocio 3. a met tra unintersezione e unaltra

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Capitolo 1 Uno dei fattori pi importanti nella scelta della disposizione di una fermata la capacit che viene condizionata dalla possibile svolta a destra degli altri veicoli in corrispondenza di unintersezione. La fermata che ne risente maggiormente quella posta immediatamente prima di un incrocio mentre quella meno influenzata quella posta subito dopo lintersezione. In questo caso infatti lautobus in grado di evitare le code che si formano in prossimit dellincrocio per la svolta a destra. La capacit, comunque, non il solo fattore che bisogna considerare nella scelta della disposizione di una fermata. Per esempio, le fermate poste immediatamente prima di un incrocio, sono spesso convenienti quando consentito il parcheggio dei veicoli privati al bordo del marciapiede. Gli autobus, infatti, possono servirsi dellarea dellincrocio per potersi reinserire nella corsia veicolare. Anche nel caso della svolta a destra dellautobus si cerca di preferire la fermata posta immediatamente prima dellintersezione, mentre nel caso della svolta a sinistra risulta pi conveniente quella posta dopo lincrocio. Le fermate poste tra un incrocio e laltro vengono utilizzate solamente nel caso in cui non esistono spazi sufficienti nelle vicinanze delle intersezioni. Dal punto di vista della forma le fermate si possono dividere in quattro categorie: 1. in linea 2. a spina di pesce 3. passanti 4. ad angolo Le ultime tre categorie sono da considerare aree di carico non lineari e le loro forme permettono agli autobus di entrare e uscire dalle aree di carico indipendentemente luno dallaltro. Il loro problema il rilevante ingombro stradale che quindi impedisce di utilizzarle lungo le strade dei centri urbani. Di conseguenza la maggior parte delle fermate sono di tipo lineare costituite da pi aree di carico poste una di seguito allaltra.

Laumento di capacit fornito da ogni area di carico aggiuntiva dipende da: 20

Capitolo 1

1. posizione on-line / off-line 2. caratteristiche di arrivo degli autobus che utilizzano la fermata. Osservazioni sul campo indicano che le aree di carico lineari risultano pi efficienti quando vengono utilizzate da gruppi di due o tre autobus con tempi di servizio molto simili contemporaneamente. Questi gruppi di veicoli detti plotoni si possono formare grazie a una particolare regolazione semaforica oppure predisponendo lo stesso orario di arrivo a tale fermata. La seguente tabella fornisce i fattori di efficienza per le aree di carico on-line e off-line utilizzate da autobus in plotone o con arrivo casuale.

Aree di carico "on-line"


Arrivi casuali
Area di carico 1 2 3 4 5 Efficacia 100% 75% 70% 20% 10%

Aree di carico off-line


Tutti gli arrivi
Efficacia 100% 85% 80% 65% 50%

Arrivi "a plotone"


Efficacia 100% 85% 80% 25% 10%

N eb
1.00 1.75 2.45 2.65 2.75

N eb
1.00 1.85 2.65 2.90 3.00

N eb
1.00 1.85 2.65 3.25 3.75

Dove N eb = n aree di carico effettive. La capacit di una fermata calcolata in autobus per ora Bs :
Bs = N el Bl = 3600 ( g / C ) t c + t d ( g / C ) + Zc v t d

dove:

Bs = capacit fermata (bus/h) Bl = capacit della singola area di carico N eb = numero aree di carico effettive 3600 = numero di secondi in unora g/C = rapporto tra tempo di verde e tempo di ciclo t c = tempo di sgombero t d = tempo medio di servizio 21

Capitolo 1 Z = variabile normale standard corrispondente ad una desiderata percentuale di fallimento cv = coefficiente di variazione dei tempi di servizio

1.5. Qualit del servizio


La qualit del servizio riflette le prestazioni del sistema viste dallutente e dipende, principalmente, dalle decisioni operative effettuate dallazienda di trasporto che viene condizionata dalla sua disponibilit economica. Le scelte pi importanti eseguite da unazienda di trasporto riguardano il luogo, la frequenza, la durata e la tipologia del trasporto. Per avere dei dati numerici a riguardo bisogna stimare delle grandezze: 1. misure di performance 2. livelli di servizio ( L.O.S.)

1.5.1. Misure di performance


Le misure di performance riguardano prevalentemente il punto di vista dellutente ma esistono anche quelle relative al fornitore del servizio pubblico. Le principali misure di performance sono: 1. disponibilit: si valuta quanto i passeggeri possano facilmente utilizzare i trasporti per varie tipologie di viaggi. 2. servizio di monitoraggio: si valutano lesperienze giornaliere dei passeggeri 3. comunit: si stima limpatto del servizio di trasporto nella comunit servita dallo stesso 4. tempo di viaggio: si confronta la durata del viaggio con un mezzo di trasporto pubblico con quella di un veicolo privato

5. sicurezza: si valuta la possibilit per un utente di rimanere vittima di un incidente o di un crimine mentre sta utilizzando i trasporti pubblici. 22

Capitolo 1

6. mantenimento: si stima lefficacia del programma di manutenzione aziendale e limpatto che ha sugli utenti. 7. economia: si stima la performance del trasporto dal punto di vista commerciale 8. capacit: si valuta in che modo le infrastrutture sono in grado di far spostare i passeggeri e i mezzi di trasporto. 1.5.1.1. Meccanismo di scelta dellutente Lutente si chiede se il trasporto pubblico risulta essere unalternativa valida considerando i seguenti fattori: 1. fattori di disponibilit: copertura del servizio: la presenza o lassenza del servizio di trasporto vicino ad unorigine e a una destinazione un fattore chiave nella scelta di un utente. Inoltre bisogna considerare in che modo lutente pu raggiungere la fermata pi vicina. Nel caso in cui ci si sposti a piedi la morfologia della strada, la presenza di attraversamenti pedonali, lilluminazione notturna e let della popolazione sono tutti fattori fondamentali per la scelta dellutente. Se, invece, si utilizza la bicicletta si deve considerare la distanza della fermata pi vicina dallorigine ( max 5 minuti ), il tipo di strada e la possibilit di posteggio. Infine esiste anche la modalit del park and ride: lutente ha la possibilit di posteggiare la propria automobile in un ampio parcheggio posto solitamente nei pressi di un capolinea di un servizio di trasporto. In questo caso per rendere appetibile la scelta del park and ride bisogna evitare che il posteggio non sia troppo vicino alla maggior parte delle destinazioni degli utenti (centro citt), il parcheggio inoltre deve essere gratuito e facilmente accessibile.

23

Capitolo 1 orari: la frequenza e la disponibilit temporale durante larco della giornata sono due fattori decisamente importanti nel meccanismo di scelta dllutente. Pi il servizio risulta frequente pi corto sar il tempo di attesa se un autobus viene soppresso oppure non si conosce lorario esatto dellarrivo e pi grande sar la flessibilit per i passeggeri nello scegliere quando viaggiare. capacit: uninsufficiente capacit pu ostacolare la disponibilt del servizio di trasporto. Se, infatti, un autobus o un treno arriva pieno ad una fermata il servizio di trasporto non sar disponibile per i passeggeri in attesa. Di conseguenza leffettiva frequenza del servizio si riduce rispetto a quella segnata nella tabella degli orari e lutente sar costretto ad aspettare lautobus successivo oppure decider di cambiare il mezzo di trasporto. informazione: gli utenti devono conoscere come si utilizza il servizio di trasporto, dove recarsi per poter farne uso, dove scendere vicino alla propria destinazione e se sono necessari dei cambi di linea. Senza queste informazioni non sono in grado di fruire del servizio di trasporto anche se lo stesso risulterebbe conveniente per loro. Inoltre risulta di fondamentale importanza la tempestivit e la correttezza di uninformazione in alcune circostanze quali la modifica di un orario o di un percorso, oppure cambi temporanei del servizio causati da lavori stradali. Come ultimo risulta importante il modo con cui si fornisce linformazione. Si possono utilizzare infatti avvisi stampati a bordo del veicolo, annunci audio ( principalmente nelle stazioni ferroviarie o metropolitane ), tramite display oppure consultando un determinato sito internet. 2. fattori di convenienza: livello di carico dei passeggeri: il servizio meno appetibile se i passeggeri sono costretti a stare in piedi per un lungo periodo di tempo durante il viaggio a causa dellaffollamento del mezzo di trasporto. Il sovraffollamento, inoltre, rallenta le soste alle fermate a causa delleccesivo flusso di passeggeri in

24

Capitolo 1 salita e discesa. Per ottenere un dato numerico riguardo al sovraffolamento di un mezzo di trasporto si pu utilizzare il fattore di carico =
num. passeggeri . num.sedili

affidabilit del tempo di percorrenza: incide sul tempo di attesa alle fermate, sullorario di arrivo a una destinazione da un giorno allaltro ma anche sul tempo totale di viaggio. Essa influenzata da un certo numero di fattori alcuni dipendenti dalloperatore del trasporto che sono: 1. condizioni del traffico 2. manutenzione stradale ( pu comportare la modifica di un percorso ) 3. qualit della manutenzione di un mezzo di trasporto 4. disponibilt di personale e di mezzi per effettuare il servizio 5. qualit dellorario 6. differenze di guida tra gli autisti 7. lunghezza del tragitto e numero di fermate tempo di percorrenza: un viaggio pi lungo con un mezzo di trasporto pubblico rispetto allautomobile pu essere considerato dagli utenti come pi sconveniente. In alcuni casi questa sconvenienza pu essere alleggerita dal fatto che il tempo di viaggio a bordo del mezzo pubblico pu essere utilizzato in maniera produttiva. Il tempo totale di percorrenza include il tempo impiegato dallorigine dello spostamento fino alla fermata pi vicina, il tempo di attesa alla fermata, il tempo di viaggio a bordo del veicolo comprensivo di eventuali interscambi e lintervallo di tempo necessario per spostarsi dalla fermata alla destinazione finale.

Esso viene condizionato da una serie di fattori quali il tipo di percorso e la distanza delle fermate, la frequenza del servizio e la congestione del traffico.

25

Capitolo 1 sicurezza e incolumit: lincolumit comprende la possibilit di essere coinvolti in un incidente oppure la caduta allinterno del mezzo. La sicurezza comprende invece leventualit reale o percepita di poter essere vittime di un crimine mentre si utilizza un trasporto pubblico. La sicurezza ad una fermata si pu migliorare utilizzando dei lampioni nelle vicinanze e dei telefoni di sicurezza segnalati. Mentre allinterno dei mezzi di trasporto ci si pu avvalere dellausilio di telecamere a circuito chiuso, allarmi sonori oppure personale di polizia in borghese. costo: lutente confronta il costo necessario per utilizzare il trasporto pubblico (biglietto singolo o abbonamento) con quello del veicolo privato. In particolare la voce pi importante che pesa nella scelta tra le due tipologie il costo del parcheggio per la vettura. Le altre voci di spesa come lassicurazione, lusura e il bollo solitamente non vengono prese in considerazione dallutente. Di conseguenza la presenza di un posteggio gratuito per lautomobile privata comporta un pesante disincentivo alluso del mezzo di traporto pubblico. estetica e confort: in molti casi lestetica e la pulizia delle fermate e dei veicoli possono migliorare laspetto del trasporto pubblico anche tra i non utenti. I passeggeri che utilizzano il trasporto pubblico inoltre considerano importanti: la temperatura a bordo, il confort dei sedili, il tipo di guida, la presenza di fermate dotate di coperture e panchine, lilluminazione notturna, la presenza di cestini e la possibilit di acquistare i biglietti nelle vicinanze della fermata.

1.5.2. Livelli di servizio

26

Capitolo 1 Il concetto di Livello di Servizio (LOS) venne originariamente sviluppato dal manuale americano Highway Capacity Manual nel 1965 che divideva i potenziali valori di una particolare performance in sei classi. Ad ogni classe veniva poi assegnata una lettera a partire dalla A (massima qualit) fino alla F (qualit pi bassa). In teoria la soglia tra ogni livello rappresentato dalla relativa lettera dovrebbe rappresentare un punto in cui la qualit del servizio si modifica chiaramente per i viaggiatori. Invece si pu affemare che, nel passaggio tra due livelli di servizio adiacenti, i viaggiatori non notano variazioni significative nella qualit offerta. Gli aspetti chiave dei livelli di servizio sono due: 1) dovrebbero riflettere il punto di vista di un viaggiatore. Quindi il livello di servizio A non rappresenta necessariamente le condizioni ottime dal punto di vista del fornitore del servizio 2) il livello di servizio F dovrebbe rappresentare una condizione indesiderabile dal punto di vista del passeggero. Il fornitore del servizio pu scegliere di fissare standard pi elevati in base alle sue necessit. Le classi che costituiscono i diversi livelli di servizio vengono costruite basandosi sui seguenti criteri: si utilizzano misure che meglio rappresentano il punto di vista dellutente si utilizzano misure che possono essere facilmente quantificabili numericamente si utilizzano misure che sono state gi usate in precedenza

1.5.3. Misure della qualit di un servizio di trasporto su un dato itinerario


27

Capitolo 1 In questo paragrafo si intendono descrivere le misure della disponibilit, del confort e della convenienza di un servizio di trasporto per un percorso stabilito offerte alle fermate, lungo un dato itinerario e allintero sistema. 1.5.3.1. Disponibilit alle fermate Dal punto di vista dellutente la disponibilit alle fermate si determina considerando la frequenza del servizio cio quante volte in unora il passeggero ha accesso alla modalit di trasporto dato per scontato che il servizio fornito si trovi ad una distanza a piedi accettabile e che possa essere utilizzato agli orari che lutente preferisce. La misura utilizzata lintertempo medio che risulta essere linverso della frequenza media. Da alcuni studi si potuto constatare che lutente considera attentamente lintertempo di un dato servizio di trasporto quando lo stesso molto elevato mentre, nel caso di trasporti molto frequenti, lintertempo viene trascurato perch il passeggero sa che il successivo veicolo arriver presto.

LOS
A B C

Intertempo (min.)
< 10 10-14 15-20

medio

Veicoli/ora
>6 5-6 3-4

Commenti
Gli utenti non hanno bisogno degli orari. Servizio frequente. Gli utenti consultano gli orari. Tempo massimo di attesa accettabile per un autobus perso. Servizio poco appetibile per dei potenziali utenti. Servizio disponibile una volta allora. Servizio non appetibile per tutti gli utenti.

D E F

21-30 31-60 > 60

2 1 <1

Altre misure decisamente importanti da considerare realtivamente alle fermate sono: 1. difficolt di attraversamento pedonale quantificabile col ritardo per lattraversamento 28

Capitolo 1 2. accesso pedonale 3. accesso ciclabile 4. accesso al park and ride (rilevabile nelle fermate poste vicino a un grande parcheggio gratuito) 5. livello di carico dei passeggeri (si misura il grado di affollamento di un veicolo utilizzando i LOS) 1.5.3.2. Disponibilit lungo litinerario In questo caso lunit di misura sono le ore di copertura del servizio lungo larco della giornata. Le ore di servizio giocano un ruolo tanto importante quanto quello della frequenza nel determinare la disponibilit di un servizio di trasporto per dei potenziali utenti. Se, infatti, il servizio di trasporto non viene fornito allora del giorno prescelta dallutente per il suo spostamento non conta minimamente quanto frequente sia il servizio nelle altre ore. I livelli di servizio relativi alle ore di copertura presenti nella seguente tabella si basano su ore in cui esiste il passaggio di almeno un mezzo di trasporto.
LOS
A B C D E

Ore di servizio
19-24 17-18 14-16 12-13 4-11

Commenti
Servizio disponibile anche di notte Servizio disponibile fino a tarda serata Servizio disponibile fino a sera Servizio disponibile in orario diurno Servizio disponibile solo nelle ore di punta o per mezza giornata

0-3

Servizio molto limitato o assente

1.5.3.3.Disponibilit dellintero sistema Lunit di misura utilizzata in questo caso la copertura territoriale del servizio di trasporto che sta ad indicare larea nella quale compresa una fermata che raggiungibile a piedi dagli utenti.

Dato che si tratta della determinazione di unarea, il LOS relativo richiede pi tempo per essere calcolato e pi informazioni rispetto alle misure relative alla singola fermata o allitinerario. 29

Capitolo 1

Una misura della copertura del servizio il rapporto

linee(km) . Questo calcolo abbastanza area (km 2 )

semplice da eseguire ma non molto preciso perch le linee del servizio di trasporto potrebbero distribuirsi solamente in una parte dellarea esaminata. Unaltra misura pu essere la percentuale delle aree servite dal trasporto considerando unarea con raggio massimo di 400 metri ed escludendo da questo calcolo le aree dove non avvengono spostamenti. Per poter effettuare correttamente questo calcolo necessario dividere il territorio sotto esame in zone il pi possibile omogenee per tipologia di utilizzo del suolo e non troppo estese. Se non sono presenti almeno 7,5 abitazioni per ettaro e almeno 10 attivit produttive la suddetta area non viene considerata nel calcolo. Il limite di questa misura dato principalmente dal fatto che il calcolo dei raggi delle aree viene effettuato in linea daria quindi potrebbero esserci dei casi in cui degli utenti non trovano appetibile una fermata distante meno di 400 metri.

LOS
A B C D E F

% territorio coperto
90-100% 80-89.9% 70-79.9% 60-69.9% 50-59.9% < 50%

commenti
Tutte le pi importanti origini e destinazioni sono servite La maggior parte delle origini e destinazioni sono servite Circa 3/4 delle aree a maggior densit sono servite Circa 2/3 delle aree a maggior densit sono servite Almeno met delle aree a maggior densit sono servite Meno della met delle aree a maggior densit sono servite

1.5.3.4. Confort e convenienza alle fermate Dal punto di vista del passeggero il numero di persone presenti nel singolo veicolo condiziona il confort durante il viaggio sia per quanto riguarda la possibilit di trovare un sedile vuoto sia per quanto riguarda il livello di affollamento della stessa vettura. Quindi un LOS basso 30

Capitolo 1 relativo al carico dei passeggeri significa che i tempi di servizio saranno pi lunghi sia in salita che in discesa e di conseguenza verranno penalizzati sia il tempo di viaggio che laffidabilit del servizio. Il LOS relativo al carico dei passeggeri si basa su due misure: 1. fattore di carico (passeggeri per posto a sedere) quando tutti i passeggeri possono sedersi. 2. area per passeggero in piedi quando alcuni passeggeri sono costretti a stare in piedi o quando un veicolo progettato per accogliere pi persone in piedi rispetto a quelle sedute. Quando un certo numero di passeggeri trasporta pacchi o valigie lo spazio occupato singolarmente aumenta e perci si deciso di applicare il concetto di passeggeri equivalenti basato su valori dellarea stimata forniti nella tabella seguente.

Situazione
In piedi con un pacco con una valigia Seduto Sedia a rotelle

Area stimata ( m 2 )
0.15-0.20 0.30-0.35 0.35-0.55 0.25-0.30 0.93

LOS
A

Fattore di carico
0.00-0.50

Area per passeggero


>1.00

Commenti
Nessun passegero necessita di sedersi a fianco ad un altro

31

Capitolo 1
B C D E F 0.51-0.75 0.76-1.00 1.01-1.25 1.26-1.50 >1.50 0.76-1.00 0.51-0.75 0.36-0.50 0.20-0.35 <0.20
Passeggeri possono scegliere dove sedersi Tutti i passeggeri possono sedersi Posto in piedi decisamente confortevole Massimo carico Carico eccessivo

1.5.3.5. Confort e convenienza lungo litinerario Gli operatori del servizio di trapsorto utilizzano diverse misure relative allaffidabilit. Le pi comuni sono: corse in orario aderenza allorario corse mancate distanza percorsa tra due rotture meccaniche Il numero di corse in orario la misura relativa allaffidabilit maggiormente utilizzata nellindustria del trasporto perch riassume diverse altre misure indicate sopra e inoltre risulta fondamentale per tutti gli utenti. Per un servizio di trasporto che opera con intertempi minori o uguali a 10 minuti laderenza allorario viene utilizzata per determinare laffidabilit. Questa misura si basa sul coefficiente di variazione degli intertempi cv relativo ai veicoli di trasporto che servono un preciso itinerario. c v = deviazione standard/ intertempo medio

LOS
A

% corse in orario
95-100%

cv
0-0.21

commenti Servizio fornito con la massima precisione

32

Capitolo 1
B 90-94.9%

0.22-0.3 0.31-0.39 0.4-0.52 0.53-0.74%

C D

85-89.9% 80-84.9%

75-79.9%

Veicoli leggermente scostati rispetto allorario Veicoli spesso fuori orario Inertempi irregolari con alcuni arrivi di due autobus attaccati Frequenti arrivi di due autobus attaccati La maggior parte dei veicoli arrivano attaccati tra loro.

<75%

0.75%

1.5.3.6. Confort e convenienza lungo il sistema Un fattore importante che condiziona la scelta per un utente tra il trasporto pubblico e un mezzo alternativo la durata del tempo di viaggio. La misura utilizzata nei LOS la differenza di tempo tra le 2 modalit alternative che indica quanto pi lungo il viaggio con un mezzo di trapsorto pubblico rispetto a quello privato. Il tempo di viaggio con il trasporto pubblico include il tempo impiegato a piedi per raggiungere la fermata pi vicina (circa 3 minuti), il tempo di attesa alla fermata ( tra i 5 e i 10 minuti), il viaggio a bordo ( variabile), eventuali cambi di linea e la distanza da percorrere a piedi dalla fermata finale fino alla destinazione. Invece il tempo di viaggio con un mezzo privato comprende il tempo passato alla guida pi il tempo impiegato per cercare un parcheggio.

33

Capitolo 1
LOS
A B C D E F

differenza di tempo di viaggio (min.)

Commenti
Il trasporto pubblico pi veloce Le due modalit di trasporto sono quasi uguali Il trasporto pubblico pi lento ma ancora accettabile Viaggio quasi unora pi lungo con il trasporto pubblico Viaggio pesante e sconveniente per la maggior parte degli utenti Differenza di tempo inaccettabile per quasi tutti gli utenti

0
1-15 16-30 31-45 46-60 >60

1.6. Struttura aziendale


Come ultimo paragrafo si intende esaminare lorganizzazione di unazienda erogatrice del trasporto pubblico nei suoi aspetti sia tecnici che economici iniziando per con una breve introduzione storica riguardante la situazione organizzativa italiana.

1.6.1. Situazione generale a livello nazionale


Il settore dei trasporti locali, in Italia, stato per anni caratterizzato da una profonda crisi dovuta in massima parte ad un continuo dissesto finanziario e ad una crisi della domanda di trasporto. Negli anni 70 e 80 il settore ha visto crescere i propri costi molto pi dei ricavi, che in molti casi, in effetti, diminuivano a causa della perdita di clientela a favore dei mezzi di trasporto privati. Per sanare la situazione si fatto massiccio utilizzo dei fondi pubblici. In assenza di appropriati meccanismi di incentivazione dellefficienza e di sufficiente credibilit del vincolo di bilancio, regioni ed enti locali avevano lasciato crescere i disavanzi delle aziende, con lobiettivo di poter poi ricevere, come puntualmente sempre avvenuto, un intervento straordinario dello Stato.

34

Capitolo 1 Da questa situazione di grave crisi finanziaria, accompagnata a un progressivo calo delle quote di mercato del trasporto pubblico, nata la riforma del settore, avviata con la delega al governo contenuta nella legge 549/95 collegata alla legge finanziaria del 1996. Le principali novit introdotte dalla riforma hanno riguardato, da un punto di vista amministrativo, lunificazione delle responsabilit di programmazione e finanziamento di tutti i servizi di trasporto locale presso le regioni e trasferimento agli enti locali (province e comuni) di tutte le funzioni che non richiedano esercizio unitario a livello regionale. Ma oltre a questo la vera novit riguarda gli aspetti di regolazione del mercato, in precedenza del tutto assenti. In primo luogo, la riforma prevede la netta separazione delle funzioni di programmazione e regolazione (delle amministrazioni pubbliche) da quelle di gestione industriale, attribuite ad aziende trasformate in societ di capitali. Inoltre viene inserito lobbligo (a partire dal 2003) di utilizzare meccanismi concorrenziali per laffidamento dei servizi con lobiettivo, in realt difficile da raggiungere, di accrescere lefficienza dei soggetti gestori e quindi ridurre i costi di gestione, innalzando allo stesso tempo la qualit dei servizi. La nuova normativa poi recepisce uno dei principali risultati della recente letteratura economica in tema di regolazione dei mercati industriali, ossia lobbligo di stipulare contratti di servizio tra enti locali e aziende produttrici, dotati di certezza e copertura finanziaria per tutto il periodo di attivit. Per quanto riguarda la riduzione dei costi di gestione dopo un picco registrato nel 1995 (vedi tabella seguente), gi dallanno successivo si potuto notare un calo che perdurato negli anni. I ricavi da trafico invece registrano una crescita costante cos come i sussidi ordinari distribuiti dallo stato fino al 95 e dalle regioni dal 96.

35

Capitolo 1 Tabella 1- Dati economici e finanziari a livello nazionale (milioni di lire).


Anni Costi totali Costi del % di produzione 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 8.434.632 8.315.053 8.200.300 9.496.787 9.198.666 9.115.954 8.677.632 6.097.502 5.980.422 5.920.200 6.236.022 6.252.078 6.111.107 5.675.408 personale del personale sul totale 72.3 71.9 72.2 65.6 67.9 67.1 65.4 1.828.719 1.984.705 2.067.830 2.539.395 2.585.299 2.651.072 2.577.243 3.701.022 3.746.455 3.802.635 4.094.413 4.274.907 4.347.956 4.501.827 1.696.874 1.761.217 1.730.500 1.561.513 1.438.400 -652.919 -236.755 1.076.221 1.272.644 912.814 551.639 535.200 538.102 644.161 costi Proventi da traffico Contributi Disavanzi Investimenti

Fonte Federtrasporti (2000). Dalla Tabella 2, invece, si osserva come il settore mostri un graduale aumento della copertura dei costi totali di produzione con i ricavi da traffico. A livello nazionale per la media risulta ancora inferiore a quanto previsto dalla normativa in vigore, che richiede il raggiungimento almeno del 35% dei costi totali operativi. Il gap tra ricavi da traffico e costi cos rilevante principalmente per tre motivi: 1. la continua perdita di clientela da ascriversi allenorme sviluppo della mobilit su mezzo individuale degli anni 70 e 80 nonch alle carenze delle reti di servizi offerti a fronte di sostanziali mutamenti degli stili di vita e degli assetti insediativi

36

Capitolo 1 2. una dinamica delle tariffe fino alla fine degli anni 80 di molto inferiore a quella dei costi 3. laumento del costo del lavoro

Tabella 2- Indici e rapporti. Valori nazionali


Anni Proventi traffico/cost i totali % 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 21,68 23,87 25,22 26,74 28,11 29,08 29,70 43,88 45,06 46,37 43,11 46,47 47,70 51,88 Contributi/costi Costo totali personale (lire) Costo km (lire) Provente traffico per (lire) 1573 1702 1771 2022 1926 1993 1905 1888 1958 1932 2491 2384 2326 2237 Costo per Provente viaggiatore traffico per viaggiatore (lire) 409 467 487 666 670 677 664 medio del per

km (lire)

71.156.854 7256 70.381.090 7129 72.246.900 7022 75.799.465 7562 75.142.159 6851 75.836.181 6854 71.283.872 6415

I dati relativi agli indici di copertura dei costi con ricavi da traffico nelle diverse regioni (figura 1) evidenziano come solo in certe aree del paese il raggiungimento del 35% come minimo previsto dal D. Lgs. 422/97 sia vicino alleffettivo raggiungimento.

37

Capitolo 1

1.6.2. Organizzazione aziendale di unazienda di T.P.L In unazienda di trasporto le attivit possono essere divise in 2 grandi categorie: 1) attivit tecniche 2) attivit amministrative Le attivit tecniche vengono divise a loro volta in: produzione del servizio: compito di saper gestire i veicoli durante le giornate ma anche i turni degli autisti per un arco di tempo ampio manutenzione: in questo caso esistono due tipi di manutenzione. Quella ordinaria e quella straordinaria. La manutenzione ordinaria viene effettuata periodicamente su tutte le vetture aziendali segnalando di volta in volta la tipologia di intervento eseguito in un apposito database. gestione magazzini: un attivit tecnica strettamente legata al lavoro di manutenzione. Consiste nellacquisto dei veicoli ma si occupa anche degli ordini dei singoli pezzi di ricambio e delle varie attrezzature. Le attivit amministrative si dividono in: 38

Capitolo 1

contabilit: esiste un ufficio apposito che ha il compito di controllare il bilancio aziendale, di erogare gli stipendi al personale oltre ad esaminare il fabbisogno economico annuale.

ufficio del personale: si occupa dei bandi, dei concorsi, delle graduatorie e della formazione dei nuovi occupati e della vita lavorativa di ciascun dipendente.

ufficio marketing: questo ufficio ha il compito di analizzare landamento del mercato e in base alle variazioni della domanda vengono effettuate le relative campagne pubblicitarie

39

Capitolo 2

2. LA RETE STRADALE ITALIANA


2.1. Dalle origini agli anni cinquanta
Le origini dellapproccio italiano allinfrastruttura viaria, che avr il suo sbocco pi evidente e consistente proprio nel grande progetto delle autostrade, devono essere ricercate nella storia e quindi necessitano di un inquadramento cronologico. Se si analizza ad, esempio, la situazione delle strade della penisola in epoca sette-ottocentesca si pu dedurre come lItalia fosse in questo ambito davvero carente. Per trovare un periodo storico in cui in Italia ci fosse un grande interesse per lo sviluppo delle strade necessario tornare allantica Roma con le sue strade consolari che hanno tracciato la direttrice tuttora esistente. Tuttavia, per quanto riguarda la storia pi recente, il dato di fatto che lItalia appena dopo lunit si trov dinnanzi a un panorama viario piuttosto povero e caratterizzato da quegli squilibri infrastrutturali tra nord e sud che, in forma diversa, sono presenti anche oggigiorno. Il neonato Regno dItalia ebbe il merito di aver affrontato fin da subito una situazione molto carente in tempi brevi soprattutto dal punto di vista normativo. Dal punto di vista materiale invece i grandi progetti e le aspirazioni dei politici si scontrarono subito con possibilt economiche decisamente limitate e con la conseguente realizzazione di opere incompiute e non collegate tra loro. Dal 1860 al 1864 venne promossa e realizzata una serie di studi sul territorio che rappresent per la prima volta unimportante e dettagliata ricerca sulla situazione stradale italiana. In particolare lo scopo era quello di definire la situazione delle strade nel sud della penisola dove ancora la maggior parte dei centri rimaneva del tutto isolata. Il 20 marzo 1865 venne promulgata la legge n.2248 che stabiliva le norme di competenza nella costruzione e manutenzione delle strade, nel carico delle spese e nel servizio di polizia stradale. Le strade furono quindi suddivise in 4 categorie: 1. nazionali: di competenza dello stato 2. provinciali di competenza delle province

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3. comunali di competenza dei comuni 4. vicinali: di competenza di consorzi privati formati dagli utenti con o senza la partecipazione degli enti locali Gli aspetti esecutivi e tecnici della realizzazione delle strade vennero affidati agli enti locali che, chiaramente, avevano possibilit economiche nettamente inferiori a quelle dello Stato. Da parte sua lo Stato si assumeva lonere di mantenere solamente le strade nazionali e nello stesso tempo privilegiava i trasporti ferroviari visto che la norma prevedeva che non si potevano mantenere delle strade nazionali tra due centri urbani gi uniti dalla ferrovia. Quindi dopo i grandi progetti iniziali, la politica in favore della strada comici a decadere e si avvi un processo di declassamento della rete viaria esistente e di quella in costruzione. Nonostante questi problemi, nel periodo tra il 1864 e il 1904 vi furono dei leggeri progressi infrastrutturali; la rete stradale infatti pass da 22.500 km a 26100 km. Vennero inoltre promossi tre grandi programmi di costruzioni, rispettivamente nel 1869, nel 1875 e nel 1881. Leffettiva resa delle strade appena costruite risult buona anche in confronto a quelle straniere. Tecnicamente le nuove strade rispettavano i seguenti standard: larghezza media di 7 metri e mai inferiore a 5 metri (in corrispondenza di ponti o restringimenti); pendenza massima del 5% e del 15% in montagna e pavimentazione realizzata con il macadamcio con del pietrisco, costipato mediante rollatura e amalgamato col suo stesso detrito. La manutenzione delle infrastrutture stradali era invece affidata a dei lavoratori specializzati alle dipendenze dello stato chiamati cantonieri e alloggiati in apposite case disposte ad intervalli regolari lungo le stesse strade. Con linizio del nuovo secolo, per, il problema stradale non fu solamente di tipo economico ma anche di tipo tecnico: lincremento dei commerci, le nuove caratteristiche dei mezzi di trasporto e la loro crescente diffusione rendevano impellente la necessit di adeguare le strade ai nuovi standard del tempo.

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Un altro problema tecnico delle strade era linadeguatezza del macadam che fino a qualche decennio prima veniva considerato un metodo di pavimentazione non soltanto utile ma anche allavanguardia. Tale metodo di pavimentazione entr in crisi con lavvento del trasporto automobilistico che cre non pochi disagi alla manutenzione ordinaria del manto stradale oltre a provocare gravi disagi per il sollevamento della polvere dovuto allaumento della velocit dei veicoli stessi. Si inizi quindi a pavimentare le strade con il catrame che venne usato per la prima volta nel 1900 su due tratti di una strada provinciale vicino a Lugo di Romagna. Nel 1923 venne modificata la precente classificazione delle strade per la promulgazione del Regio Decreto n.2506 che le suddivise in 5 classi: 1. strade di prima classe, di competenza dello Stato (circa 20000 km di strade di grande comunicazione che nel meridione costituivano lunica via di spostamento). 2. strade di seconda classe, le quali univano i vari capoluoghi di provincia e questi ultimi con i capoluoghi di circondario e le citt portuali. Queste strade erano gestite in collaborazione tra Stato e province. 3. strade di terza classe, le quali collegavano i capoluoghi comunali con quelli provinciali ed erano di competenza delle province. 4. strade di quarta classe, collegavano i vari centri comunali ed erano gestite dagli stessi comuni. 5. strade di quinta classe. 6. strade militari, che erano di esclusiva competenza dello stato.

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Lattuazione di questo decreto non ebbe i suoi frutti tangibili fino al 1939, anno in cui la Cassazione risolse i numerosi conflitti di natura amministrativa che derivavano dal fatto che molti programmi gi in corso allepoca del decreto non rientravano con precisione in nessuna delle categorie sopra elencate. Subito dopo ci fu lo scoppio della guerra che port nuovamente ad una politica riguardante i piani stradali carente e superficiale. Nel frattempo, il 17 maggio del 1928, con una legge fu costituita lA.A.S.S. (Azienda Autonoma delle Strade Statali), seguendo il modello dellAzienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato. Il compito della neonata azienda era quello di occuparsi della manutenzione delle strade pi importanti denominate strade statali e numerate dal numero 1 che corrispondeva alla strada statale Aurelia al numero 137 per un totale di 20622 km. In particolare le principali lavorazioni affidate allA.A.S.S. erano quelle di manutenzione ordinaria, riparazioni straordinarie e sistemazioni generali. Un anno dopo la sua costituzione lA.A.S.S. present un piano di riordinamento e ricostruzione per circa 6000 km di strade della durata di 6 anni e al costo di 180 milioni allanno. Nonostante le difficolt, fino allinizio della guerra, ci furono delle importanti realizzazioni che ancora oggi costituiscono lossatura principale delle strade della penisola salvo alcune nuove importanti realizzazioni introdotte negli anni sessanta su nuovi tracciati.

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Carta schematica raffigurante lintera rete delle strade statali italiane. Le strade segnate col tratto pi spesso sono quelle che formano il gruppo di strade che hanno la priorit di sistemazione.

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2.1.1. La nascita delle autostrade di prima generazione Lintroduzione del concetto di autostrada fu introdotta da Piero Puricelli, ingegnere e noto imprenditore di costruzioni stradali e industriali e consisteva nel voler creare delle grandi strade riservate al solo traffico automobilistico fruibili esclusivamente da veicoli in grado di mantenere unelevata velocit se confrontata con quella delle altre strade. Inoltre, nelle intenzioni del suo ideatore, si doveva applicare un pedaggio a tutti i veicoli che serviva per rimborsare lente costruttore delle spese di costruzione, esercizio e manutenzione. Questa particolare novit si contrapponeva al concetto, fino a quel momento dominante, della strada aperta al transito pubblico senza distinzioni nelle tipologie dei veicoli passanti. Nel 1921 le innovative proposte di Puricelli a cui seguirono i relativi progetti vennero riconosciute di pubblica utilit e quindi fu possibile iniziare fin da subito la costruzione delle nuove infrastrutture viarie. Nel 1924 fu inaugurato il primo tratto di autostrada dItalia, la Milano-Laghi che collegava il capoluogo lombardo con il lago di Como, quello di Varese e quello Maggiore. La tabella seguente riporta le caratteristiche dei primi tratti autostradali di prima generazione costruiti ed entrati in esercizio tra il 1924 e il 1935. Inaugurazione
3 settembre 1925 24 settembre 1927 3 giugno 1929 agosto 1931 ottobre 1932 agosto 1933 ottobre 1933

Denominazione
Milano-Laghi Milano-Bergamo Napoli-Pompei Bergamo-Brescia Torino-Milano Firenze-Mare Padova-Mestre

Lunghezza [km]
84 50 23 47,5 127 81 24,5

Costo in esercizio [milioni di lire]


90 57 42 40,5 110 28

Ad eccezione della Padova-Mestre e della Genova-Serravalle Scrivia, dotate di pavimentazione bituminosa, le altre autostrade della prima generazione vennero pavimentate con dei lastroni di cemento preferiti ai precedenti perch gi diffusi e considerati affidabili. Ci si pose fin da subito anche il problema dellarredo stradale cio tutte quelle strutture disposte lungo il tracciato destinate a fornire assistenza ai viaggiatori. 45

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La prima grande area di servizio fu costruita nei pressi del casello di Genova dove, oltre a un fabbricato dedicato al ristoro per i viaggiatori, erano presenti unarea di rifornimento carburanti e una vasta zona adibita al trasbordo delle merci dai camion alle navi. Inoltre vi era la possibilt di fruire del servizio di posta e della rivendita di giornali; come si pu ben comprendere cera la tendenza in quel periodo di raggruppare tutti i servizi possibili in un unico luogo come anche la riscossione del pedaggio. Per quanto riguarda la segnaletica quella orizzontale si avvicinava gi molto ai criteri moderni mentre quella verticale non era molto diffusa e comunque abbinata ai cartelloni pubblicitari. A livello di sicurezza inizialmente si utilizzavano i tradizionali paracarri che dapprima erano costituiti da semplici blocchi di pietra posti ad intervalli regolari successivamente da strutture a telaio in cemento armato. Ovviamente questi tipi di barriere di sicurezza servivano esclusivamente per impedire ai veicoli di invadere la carreggiata opposta e quindi non erano in grado di assorbire gli urti e garantire quindi maggiore sicurezza per i viaggiatori.

2.2. Evoluzione del sistema stradale dal dopoguerra ad oggi


La scelta politica di privilegiare definitivamente lo sviluppo delle strade avvenne dopo la fine della seconda guerra mondiale con il riconoscimento dellinadeguatezza della rete ferroviaria a fronte delle nuove esigenze e anche degli interessi economici dellindustria automobilistica. Al termine della guerra infatti la situazione infrastrutturale dellItalia era giunta al collasso: mentre lopera di manutenzione era stata interrotta, le devastazioni causate dai bombardamenti aerei e dai combattimenti con lartiglieria pesante avevano reso del tutto impraticabile il sistema dei trasporti su strada e su ferrovia. Per quanto riguarda la rete viaria, in particolare, basti pensare, per avere unidea dei danni subiti dal paese in seguito alla guerra, che sulle sole strade di interesse nazionale erano stati distrutti pi di 1400 ponti ed erano stati danneggiati oltre 14700 chilometri di rete.

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Capitolo 2 Inoltre, per quanto riguarda la capacit produttiva del paese, bisogna sottolineare che durante il conflitto furono distrutti il 60% delle locomotive, la met dei carri adibiti al trasporto delle merci, il 50% delle automobili e il 30% degli autobus. I fondi che vennero immediatamente stanziati dopo la fine della guerra per la ricostruzione che si svolse dal 1945 al 1950 vennero forniti dal piano Marshall messo a punto dalle autorit statunitensi. Alla met degli anni cinquanta, terminato il periodo della ricostruzione, cera lintenzione di dare uno slancio alleconomia del Paese in modo che, un ritmo di sviluppo pi serrato, reso possibile dallammodernamento del sistema produttivo e delle strutture, portasse alleliminazione degli squilibri economici e sociali presenti fra le diverse regioni italiane. Tale volont si espresse nel piano decennale per lo sviluppo del reddito e delloccupazione firmato dal ministro delle Finanze di quel tempo. Il piano, nei suoi punti fondamentali, ebbe un esito positivo grazie al fatto che lItalia si era trovata protagonista di una serie di circostanze favorevoli le quali le permisero di vivere quel periodo florido e di sviluppo noto come boom economico. La qualit media della vita aument, cos come i consumi e le esigenze dei nuclei familiari; gli orizzonti mentali si allargarono e un diffuso clima di ottimismo e di desiderio di evoluzione simpadron dellitaliano medio. Ovviamente anche la voglia di viaggiare e di disporre di un proprio mezzo di trasporto conquistarono un nuovo statuto entrando in maniera definitiva a far parte del costume degli italiani. Il simbolo di tutto ci fu la leggendaria Fiat 600, modello storico dellutilitaria, presentato per la prima volta al Salone dellAutomobile di Ginevra nel marzo del 1955. In un tale periodo di sviluppo economico cos elevato era evidente che la situazione dellinfrastruttura viaria della penisola non fosse rispondente alle esigenze di un traffico in costante espansione per laumento dei redditi e il boom di acquisti di auto private.

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Capitolo 2 LItalia infatti occupava uno degli ultimi posti tra i paesi pi industrializzati dEuropa per quanto riguardava la rete stradale sia come densit stradale sia come larghezza e qualit della pavimentazione. Oltre a ci lItalia non poteva disporre neanche di altre vie di comunicazione: la rete ferroviaria e quella dei canali navigabili, infatti, erano nettamente inferiori a quelle della Germania e della Francia. La tabella seguente illustra chiaramente la situazione di arretratezza in cui versavano le strade della penisola. Stato ITALIA FRANCIA REGNO UNITO OLANDA BELGIO Estensione territoriale [ km 2 ] 301338 543965 244820 41526 30510 Estensione [ km ] 190000 690000 294000 39000 48000 stradale strade[ km] territorio km 2

0,63 1,27 1,20 0,94 1,57

Se poi si passa a valutare qualitativamente la situazione della rete viaria italiana in quel periodo ci si imbatte in una situazione ancor pi grave non solo per lineguale distribuzione sul territorio nazionale ma anche per la sua scarsa qualit. Per quanto riguardava invece il sistema autostradale, orgoglio dellItalia prebellica, la situazione non era certo migliore. Nellimmediato dopoguerra, infatti, lItalia contava complessivamente 311 chilometri di autostrade, in buona parte insufficienti per la gestione di un traffico di persone e merci che si preparava a diventare di dimensioni europee. Per gestire la ricostruzione di tale sistema autostradale e la sua crescita in misura adeguata agli standard internazionali venne costituita nel 1946 lA.N.A.S. (azienda nazionale autonoma delle strade statali).

Complessivamente, nel suo primo decennio di attivit, lAnas ebbe il merito non solo di aver completato la ricostruzione, ma anche di aver dato impulso ad un programma teso al miglioramento e allampliamento della rete viaria nazionale. 48

Capitolo 2

In quello stesso decennio, del resto, il traffico automobilistico era andato ampliandosi sempre pi e proprio per questo motivo erano necessari investimenti di notevoli somme di denaro per poter affrontare le nuove sfide della viabilit, pena lesclusione dellItalia dal contesto economico internazionale. 2.2.1. La nascita delle autostrade di seconda generazione Il vero balzo in avanti per la risistemazione della rete viaria nazionale si ebbe solo a partire dal 1955 anno in cui fu varato il Primo Piano nazionale delle autostrade con lart. 3 della legge n.463 del 21 maggio nota come Legge Romita che avrebbe portato alla realizzazione delle cosidette autostrade di seconda generazione. La legge appena introdotta concepiva il finanziamento dellopera in modo che lo Stato contribuisse economicamente al massimo per il 40% del costo totale, mentre il rimanente sarebbe stato finanziato dal mercato grazie allinserimento delle ditte concessionarie nel gruppo IRI. Nel frattempo, lobbligo da parte degli utenti di pagare un pedaggio avrebbe portato col tempo allammortamento dei capitali investiti. In particolare si prevedeva di costruire nel breve periodo unautostrada di 738 km che collegasse direttamente Napoli a Milano, una da Brescia a Padova passando per Vicenza di 144 km ed una da Napoli a Bari di 255 km. Per la realizzazione di queste opere si scelse la strada della concessione a ditte appaltatrici e, gi nel 1957, erano stati appaltati lavori per oltre 500 km relativi al tratto Milano-Napoli. Fu soprattutto allinizio degli anni 60, tuttavia, che questa strategia conobbe il suo momento di massimo sviluppo. Nel 1961 fu infatti approvata una seconda legge che si affiancava a quella del 1955 allo scopo di finanziare un programma di ben pi vaste proporzioni.

In quel provvedimento fu decisa la costruzione di unautostrada da Salerno a Reggio Calabria a totale carico dello Stato pi altre 6 nuove autostrade. Tra queste doveroso citare lautostrada Bologna Canosa che avrebbe collegato la Puglia con lEmilia Romagna lungo il 49

Capitolo 2 litorale adriatico ma anche la Verona-Brennero e la Savona-Ventimiglia che avrebbero reso pi vicina lItalia col resto dellEuropa. Per tracciare un bilancio complessivo di questi anni, basti pensare che nel 1975 lItalia poteva ormai contare su una rete autostradale di oltre 5000 km, ai quali si dovevano aggiungere i 665 km di autostrade in costruzione e i 1024 km di strade progettate. Sempre negli anni sessanta, inoltre, furono inaugurati i grandi trafori alpini del Gran San Bernardo e del Monte Bianco che contribuirono a risolvere il problema dei collegamenti con Francia e Svizzera durante i mesi invernali, mentre lapertura del Centro Sperimentale Stradale rappresent la creazione di un polo per lo studio delle problematiche connesse con le tecniche di costruzione e manutenzione delle strade. Nel 1968 tale centro fu riconosciuto Laboratorio ufficiale dello Stato e, in quanto tale, abilitato a compiere prove sperimentali e di controllo su tutti i materiali da costruzione, in particolare quelli impiegati in campo stradale. Il 1975 rappresenta, dal punto di vista della costruzione di nuove autostrade, uno spartiacque estremamente importante. Nei primi anni settanta, infatti, la crisi petrolifera seguita alla guerra arabo-israeliana del 1973, aveva permesso al settore autostradale di entrare in una crisi profonda e irreversibile, con alcune delle concessionarie che si erano assunte lonere della costruzione e della gestione delle nuove arterie sullorlo del tracollo e sostenute soltanto da interventi del tesoro. In questa contingenza, lintervento dello stato fu dei pi radicali: la legge 492 del 16 ottobre 1975 decret il blocco della costruzione di nuove autostrade, dei tratti autostradali e dei trafori di cui non fosse ancora stata effettuata lassegnazione dellappalto. Negli anni successivi, tuttavia, non fu possibile mantenere salda una tale politica, non fosse altro perch, fermate le autostrade, non si potevano fermare gli autoveicoli: nel periodo

successivo al blocco, il parco autoveicolare italiano crebbe di quasi il 24% e la circolazione effettiva del 25%.

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Capitolo 2 Alla fine degli anni settanta, pertanto, fu necessario riconsiderare la politica di blocco e favorire investimenti nel settore, al fine di garantire lefficienza del sistema dei trasporti su gomma. Per fare tutto ci, si rese necessario attuare una politica di pianificazione degli investimenti, in modo da razionalizzare la spesa orientandola verso investimenti altamente selezionati, al fine di recuperare in tempi rapidi il ritardo accumulato nellammodernamento della dotazione stradale. Fu proprio per questo motivo che la legge n.843 del 12 dicembre 1978, autorizzando lAnas a contrarre mutui per un importo complessivo di 2500 miliardi di lire, avviava una programmazione triennale da svolgersi negli anni 1979-1981. Il piano avrebbe dovuto concludere lassegnazione degli appalti entro il 1981 e ultimare i lavori nei tre anni successivi; tuttavia esso sub dei ritardi dovuti al mancato reperimento dei mutui necessari e alle inevitabili difficolt burocratiche nelle assegnazioni di appalti che provenivano da procedure anomale di offerta. Nel 1982 venne promulgata la legge n.531 del 12 agosto denominata Piano Decennale della Viabilit di Grande Comunicazione e misure di riassetto del settore autostradale. Lo scopo era quello di redigere un programma di interventi di viabilit per la grande comunicazione strutturato in 3 parti: 1. uno stralcio di programma valido per il periodo dal 1982 al 1987 2. un nuovo criterio di classificazione delle strade di grande comunicazione 3. il piano decennale vero e proprio

La prima parte, gi in gran parte ultimata nel 1988, conflu nel Piano Triennale 1985-87, che aveva come scopo quello di ultimare la realizzazione dei grandi itinerari di confine, i tronchi funzionali dei grandi itinerari longitudinali e trasversali del Paese e chiudere i grandi reticolati 51

Capitolo 2 autostradali esistenti allo scopo di ottimizzare i flussi di traffico e migliorare le condizioni di sicurezza della viabilit nei tracciati esistenti. Lultima parte, relativa al piano decennale vero e proprio, intendeva invece realizzare itinerari che fossero di servizio per infrastrutture portuali e aeroportuali. In ogni caso uno degli aspetti pi interessanti riguardava la seconda parte della legge n.531 del 1982 nella quale si definivano i principi di classificazione delle arterie che costituivano il sistema delle strade di grande comunicazione. Con questa dicitura si intendevano essenzialmente le autostrade, i trafori alpini e i raccordi autostradali, ma anche le strade di grande traffico e di comunicazione con gli Stati confinanti: infrastrutture, quindi, capaci pienamente di servire elevatissimi volumi di traffico con un livello di sicurezza sufficiente e con un confort adeguato per lutenza. I parametri distintivi che servivano a classificare le strade come di grande comunicazione si basavano su due principali condizioni: 1. traffico in grado di sopportare 2. funzione di collegamento svolta dallarteria presa in esame Su questi presupposti, nel 1983, fu emanato il Decreto n.2474 nel quale si divideva il sistema viario nazionale in 2 classi distinte: 1. strade ordinarie 2. strade di grande comunicazione in questa categoria erano comprese 188 arterie per complessivi 22832 km, dei quali 7446 composti da autostrade, raccordi e trafori.

Il Piano Decennale divenne invece esecutivo soltanto nel 1986 e anchesso fu diviso in 2 parti: 1. viabilit di grande comunicazione 52

Capitolo 2

2. autostrade affidate a societ concessionarie Furono previsti 4 stralci, il primo dei quali di durata annuale e gli altri tre di durata triennale. Alla scadenza del secondo stralcio, cio alla fine del 1989, erano stati ultimati i seguenti lavori: indagini geognostiche per un esborso di 996 miliardi di lire, incarichi a liberi professionisti per complessivi 1981 miliardi e affidamenti dei lavori a delle imprese per complessivi 2850 miliardi. Impegni di spese che in totale coprivano circa l80% degli investimenti disponibili nel piano di spesa. Contemporaneamente gli anni ottanta videro la riorganizzazione del presidio delle strade statali, basato in precedenza sui cantoni e capi cantonieri, con il passaggio alla rete dei centri e dei nuclei di manutenzione. Inoltre gli sviluppi tecnologici permisero di automatizzare numerosi processi tra i quali il pagamento dei pedaggi autostradali tramite Viacard e lapertura, nel 1987, della prima strada con caratteristiche di telecontrollo e telecomando facente capo a una centrale operativa. Allinizio degli anni novanta lAnas si trov impegnata in numerosi lavori che culminarono con le iniziative relative allExpo di Genova del 1992; molti di questi interventi, tra laltro, andarono fuori dalle previsioni del Piano Decennale. Intanto il Paese viveva un periodo di particolare tumulto dovuto allesplosione delle tempeste giudiziarie che interessarono in particolare il settore delle opere pubbliche. La conseguenza di tutto ci port al commissariamento dellAnas che, per, nel giro di due anni, sarebbe tornata ad un funzionamento normale. Nel 1994 poi lAnas sarebbe diventato Ente pubblico economico con organi di amministrazione ordinari grazie al Decreto Legislativo n.143 del 26 febbraio.

Negli anni che precedettero linizio del ventunesimo secolo lEnte nazionale per la strade fu impegnato in numerosi lavori di adeguamento e ammodernamento della rete viaria che sfociarono nellammodernamento della rete viaria di Roma in concomitanza del Giubileo.

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Capitolo 2 I principali interventi si concentrarono sul Grande Raccordo Anulare e sullautostrada RomaFiumicino e consistettero nellaggiunta della terza corsia di marcia per permettere cos alle due arterie di poter sopportare un flusso veicolare sempre pi in aumento. Altri lavori di ammodernamento e adeguamento riguardarono invece lautostrada Salerno-Reggio Calabria, la S.S. Ionica e la Cagliari-Porto Torres. Il 19 dicembre 2002 lAnas concludeva il processo di trasformazione in s.p.a. e lassemblea degli azionisti approvava il nuovo statuto rendendola pienamente operativa dal 1 gennaio 2003. Il pi importante degli impegni che la nuova s.p.a. ha preso risale al 28 giugno 2007 giorno in cui la stessa diventata azionista di maggioranza della societ Stretto di Messina, concessionaria per la progettazione, realizzazione e gestione del ponte sullo Stretto di Messina.

2.3. Il Piano Nazionale della Sicurezza Stradale Azioni Prioritarie


Il Piano Nazionale della Sicurezza Stradale ha il fine di ridurre il numero di morti e feriti gravi per incidenti stradali del 40% entro il 2010, assumendo a riferimento le indicazioni e gli obiettivi contenuti nella legge 144/99 che ha accolto le indicazioni della Commissione Europea. Per raggiungere questo risultato il PNSS assume quattro criteri di riferimento: 1. concentrazione degli interventi per il miglioramento della sicurezza stradale sulle situazioni di massimo rischio dove gli incidenti stradali determinano circa il 50% dei morti e dei feriti gravi. 2. estendere il campo di applicazione degli interventi per la sicurezza stradale promuovendo misure di tipo innovativo in settori che, in Italia, sin ora sono stati trascurati o del tutto ignorati.

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Capitolo 2 3. favorire un coordinamento pi stretto tra i diversi livelli e settori della pubblica amministrazione competenti in materia di sicurezza stradale o che possono contribuire al suo miglioramento. 4. promuovere un maggiore coinvolgimento del settore privato nel campo del miglioramento della sicurezza stradale attraverso accordi di partenariato tra soggetti pubblici e privati che prevedano anche un impegno diretto di risorse professionali e finanziarie. Il PNSS investe il decennio 2002-2011 e verr sottoposto a revisione triennale per migliorarne progressivamente lefficacia, tenendo conto dei risultati concretamente conseguiti nellambito delle diverse linee dazione sia da parte dei governi regionali e delle amministrazioni locali, sia da parte dei soggetti privati. Una delle parti pi interessanti del Piano Nazionale della Sicurezza Stradale la sezione denominata Azioni Prioritarie che ha un duplice obiettivo: 1. favorisce e sostiene economicamente la realizzazione degli interventi puntuali di immediata fattibilit sulle situazioni che, attualmente risultano pi gravi e urgenti. 2. tende a costruire un nuovo e pi efficiente sistema di strutture tecniche, di strumenti per lanalisi dei fattori di rischio e per il controllo dellevoluzione della sicurezza stradale e, soprattutto, di metodi, procedure e criteri per il governo della sicurezza stradale.

In questo modo si ritenuto di poter conciliare le esigenze di tempestivit con quelle di impianto delle condizioni e degli strumenti indispensabili per determinare linversione di tendenza dellincidentalit italiana e per passare da una crescita media annua del numero di

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Capitolo 2 morti per incidenti stradali (2,4%) ad una riduzione del 4% e da una crescita media annua dei feriti del 6,9% ad una riduzione del 2%. Infine una delle condizioni essenziali per il conseguimento degli obiettivi del Piano costituita dallampliamento delle risorse finanziarie e professionali dedicate alla sicurezza stradale. Nel 1998 le risorse finanziarie complessivamente impegnate nel settore del trasporto su strada sono state pari a 357100 milioni di Euro e si sono ripartite nel modo seguente: 13000 milioni di Euro nel comparto delle infrastrutture stradali e autostradali 329800 milioni di Euro nel comparto dei servizi e dei mezzi di trasporto 14300 milioni di Euro per risarcimenti e altri oneri da parte del sistema assicurativo In aggiunta, lItalia, nel 2000, ha sopportato un costo sociale di oltre 31000 milioni di Euro a causa dei danni a persone e cose determinati dagli incidenti stradali; il che equivale a dire che lonere procapite annuo per incidenti stradali in Italia pari a 542 Euro. A livello europeo si valuta che il costo degli incidenti stradali sopportato da ogni cittadino degli Stati membri sia pari a 427 Euro e quindi decisamente inferiore rispetto a quello italiano. Dietro le cifre riportate sopra si cela non solo unimportante distruzione di risorse economiche ma anche un enorme danno sociale: nel 2000, gli incidenti stradali localizzati nel territorio dellEU hanno determinato poco meno di 41000 morti e circa 1800000 feriti; mentre in Italia sono stati rilevati 6410 morti e 301559 feriti. Da questi dati possiamo quindi comprendere che il nostro Paese si colloca al di sopra della media europea come daltronde avevamo evidenziato in precedenza parlando della spesa procapite dovuta agli incidenti.

Tuttavia ci che caratterizza il nostro Paese nel quadro europeo non tanto lalto valore del danno economico e sociale degli incidenti stradali quanto la tendenza evolutiva di questi.

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Capitolo 2 Mentre lUnione Europea e la maggior parte dei paesi sviluppati registrano unintensa riduzione del numero e, soprattutto, della gravit degli incidenti, che si traduce anche in una progressiva riduzione del costo sociale da questi determinato, lItalia registra una dinamica in crescita. In particolare, mentre lUE nellultimo quinquennio ha registrato un netto miglioramento della sicurezza stradale, una forte riduzione del numero di morti (-10%) e un leggero aumento del numero dei feriti (+2%), lItalia, nello stesso periodo registra una crescita del numero dei morti (+3%) e un incredibile aumento del numero dei feriti (+14%). I grafici sottostanti sono esemplificativi dellelevata pericolosit che caratterizza la rete stradale del nostro Paese rispetto a quella della maggior parte degli stati dellUE.

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Capitolo 2

La tesi che il PNSS sostiene che un progressivo ampliamento della quota di spesa assegnata in particolare alla sicurezza stradale non solo socialmente doveroso ma anche economicamente conveniente. I benefici generati dal maggior impegno di risorse finanziarie e professionali possono, infatti, tradursi in una riduzione di vittime e di danni materiali che comporta una parallela riduzione dei costi sociali sostenuti dallo Stato, dalle famiglie e dal sistema delle imprese. In particolare, il raggiungimento dellobiettivo fondamentale del Piano determinerebbe una riduzione dei costi sociali sostenuti annualmente di oltre 18 miliardi di Euro. Visto che attualmente levoluzione dellincidentalit indica una crescita tendenziale dei costi sociali che al 2010 dovrebbe generare un onere aggiuntivo di circa 14 miliardi di Euro, il divario tra miglioramento della sicurezza stradale e sua libera evoluzione secondo le tendenze attuali, a fine periodo, varr circa 32000 miliardi/anno.

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Capitolo 2 Si manifesta, dunque, lopportunit di definire una contabilit economica della sicurezza stradale e di individuare, in questo ambito, le condizioni e i requisiti di efficienza e di efficacia affinch gli investimenti in sicurezza stradale siano anche economicamente convenienti. Il problema che, alla luce delle valutazioni svolte dalla Commissione Europea, gli investimenti in sicurezza stradale nellUE e, in particolare, in Italia, si attestano su dimensioni ben pi contenute di quelle economicamente convenienti. 2.3.1. Il piano regionale della sicurezza stradale La legge regionale n.25 del 25 ottobre 2004 sugli interventi a favore della sicurezza e delleducazione stradale istituisce, con lart. 2, il Piano Regionale della Sicurezza Stradale (P.R.S.S.) che consiste in un articolato sistema di indirizzi, misure e interventi finalizzati al miglioramento della sicurezza stradale secondo le linee guida fissate a livello nazionale e comunitario. Il P.R.S.S. viene istituito con lo scopo di promuovere il governo sistematico e coordinato della sicurezza stradale, favorire e sviluppare leducazione alla sicurezza stradale, dando la priorit alla popolazione scolastica giovanile e a particolari categorie di utenti della strada, programmare e realizzare interventi infrastutturali sulla rete stradale regionale, garantire la messa in sicurezza delle zone urbane di massimo rischio e programmare e realizzare interventi volti a ridurre lincidentalit e le sue conseguenze. Se, come avevamo gi discusso in precedenza, la situazione italiana appare critica in confronto agli andamenti del fenomeno nei Paesi europei pi virtuosi per quanto riguarda la sicurezza stradale, il Friuli Venezia Giulia si segnala come una delle regioni italiane che denotano i tassi di mortalit e ferimento maggiori. Osservando gli sviluppi del numero di vittime nella regione nel periodo 2000-2004 riscontrabile una contrazione del fenomeno, in linea con gli andamenti medi italiani, anche se il numero dei decessi ogni 100000 abitanti sia risultato tra i pi alti in Italia, superato solamente da quello dellEmila Romagna e da quello della Valle dAosta.

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Capitolo 2 Anche per quanto riguarda il numero dei feriti il Friuli Venezia Giulia si collocato tra i primi posti a livello nazionale, pi precisamente al settimo posto. Landamento del fenomeno in tale periodo ha comunque mostrato un leggero calo come del resto il dato italiano negli ultimi tre anni. Analizzando il fenomeno dellincidentalit dal punto di vista dei costi sociali a questo correlati, la Terza relazione al Parlamento sullo stato della sicurezza stradale, presentata nel 2005 dal Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, evidenzia tra laltro due aspetti critici relativamente ai territori provinciali del Friuli Venezia Giulia: la provincia di Trieste, nel 2003, risulta tra le 20 province italiane a pi elevato valore del costo sociale procapite dovuto agli incidenti stradali (circa 760 euro per abitante); inoltre la provincia di Udine indicata, per lanno 2003, tra le 22 zone provinciali del Paese dove gli incidenti generano sia il maggior numero di vittime sia le condizioni di rischio pi intense (circa 310 milioni di euro/anno di costo sociale per incidenti stradali con una spesa procapite di circa 620 euro). Considerata la rilevanza del problema, lAmministrazione Regionale del Friuli Venezia Giulia ha individuato, quindi, la necessit di predisporre il presente Piano al fine di evidenziare le priorit sulle quali concentrare le risorse e di coordinare le realt coinvolte nel processo di contrasto allelevato numero di vittime da incidentalit. Perci, affinch i miglioramenti introducibili secondo le linee ispirate dal P.R.S.S. non costituiscano episodi isolati ma lavvio di un processo di miglioramento che si stabilizzi nel medio e lungo termine, fondamentale infatti che lattuazione del Piano coinvolga, oltre agli enti locali, la molteplicit di esperienze competenti nel settore, nonch la popolazione stessa. Attraverso lanalisi dellincidentalit nel Friuli Venezia Giulia e lindividuazione delle criticit emerse nel territorio regionale, il P.R.S.S. si pone lobiettivo di contrastare efficacemente gli elevati livelli dei tassi di mortalit e ferimento e di determinare una forte e stabile inversione di tendenza nellandamento del fenomeno. Lobiettivo del Piano quindi la riduzione del 50% delle vittime, morti e feriti, nel decennio 2004-2013, con un traguardo intermedio di diminuzione del 20% entro lanno 2009.

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Capitolo 2 E fondamentale tuttavia evidenziare che, essendo il Piano qui proposto alla sua prima edizione, esso trarr dalla sua attuazione e dallanalisi dei risultati conseguiti e dellefficacia degli interventi posti in essere, gli elementi stessi per una sua ricalibrazione e aggiornamento ai fini di una programmazione pi mirata. I due grafici sottostanti illustrano i tassi di mortalit e di ferimento ogni 100000 abitanti delle varie regioni italiane evidenziando, con il colore rosso, quelli relativi al Friuli Venezia Giulia.

Tasso di mortalit medio delle regioni nel periodo 2000-2004

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Capitolo 2

Tasso di ferimento medio delle regioni nel periodo 2000-2004

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Capitolo 3

3. CONCETTI GENERALI SULLA VALUTAZIONE DEL RISCHIO


3.1. Introduzione e sue applicazioni
Un metodo strutturato per lanalisi dei rischi nei luoghi di lavoro comprende principalmente 3 passi: 1. valutazione 2. gestione 3. comunicazione del rischio La valutazione del rischio il fondamento da cui traggono origine tutte le problematiche che riguardano le decisioni da adottare nellambito della sicurezza sul lavoro e di rischi ambientali per la collettivit ma risulta essere anche il principale mezzo che permette al datore di lavoro di trovare le misure di prevenzione e protezione e di stabilirne lapplicazione. Il rischio deve essere valutato sia qualitativamente che quantitativamente: il primo punto pi facilmente riscontrabile. Esistono infatti a riguardo, delle metodologie abbastanza efficaci e strutturate adatte a varie situazioni, che possono essere di grande aiuto nella valutazione dei rischi non esclusivamente lavorativi anche se possibile ritrovarsi in gravi difficolt nel caso in cui non si hanno a disposizione sufficienti dati scientifici, statistici ed epidemiologici. In tal caso le informazioni ottenute risulterebbero esigue e renderebbero difficile la realizzazione della fase decisionale. La valutazione quantitativa certamente pi difficile da attuare, in particolare per i rischi per i quali non esiste il richiamo a un qualche tipo di misurazione. Anche in questo caso si prospetta leventualit che una mancata quantificazione possa impedire una corretta valutazione, quindi ci si trova davanti allincapacit di ipotizzare il danno che potrebbe verificarsi. Gli esiti della valutazione dei rischi sono fondamentali per programmare una corretta gestione. Questultimo il momento maggiormente legato alle decisioni politiche; non sempre, infatti, 63

Capitolo 3 possibile misurare esattamente ma soprattutto quantitativamente il rischio e la natura del danno che un evento pericoloso pu determinare, quindi, in certi casi, diventa piuttosto complesso attuare dei provvedimenti di prevenzione e protezione che siano coerenti e soprattutto sufficienti. La valutazione del Rischio , pertanto, unoperazione complessa che richiede, necessariamente, per ogni ambiente o posto di lavoro considerato, una serie di operazioni, successive e conseguenti tra loro, che dovranno prevedere:

1. identificazione delle sorgenti di rischio presenti nel ciclo lavorativo

Descrizione dellattivit lavorativa (procedure sperimentali, processi lavorativi, attrezzature, macchine e impianti) + Analisi delle fasi operative per il rilevamento dei fattori di rischio.
RISCHI PER LA SICUREZZA RISCHI PER LA SALUTE RISCHI TRASVERSALI O

strutture macchine uso di energia elettrica uso di sostanze pericolose incendio, esplosione

agenti chimici agenti fisici agenti biologici materiali radioattivi

ORGANIZZATIVI

organizzazione lavoro fattori psicologici fattori ergonomici condizioni difficili di

del

lavoro

2. individuazione dei conseguenti potenziali rischi di esposizione in relazione allo svolgimento delle lavorazioni

Quadro delle sorgenti di potenziali fattori di rischio + Misure di sicurezza attuate: protezione macchine, processo a ciclo chiuso, piani di lavoro, dispositivi di protezione individuali, controlli sanitari, informazione e formazione.

3. stima dellentit dei rischi di esposizione connessi con le situazioni di interesse prevenzionistico individuate. 64

Capitolo 3

Verifica del rispetto delle norme di legge e/o di buona tecnica prevenzionistica durante il funzionamento delle macchine. Verifica dellaccettabilit delle condizioni igienico-ambientali. Misura dei parametri di rischio e loro quantificazione nel caso di specifiche norme di legge o obiettive situazioni di elevato rischio potenziale.

Risultati della valutazione dei rischi residui Programma di prevenzione e protezione Documento della sicurezza

Tale processo di valutazione pu portare, per ogni ambiente o posto di lavoro considerato ai seguenti risultati: 1. assenza di rischio di esposizione 2. presenza di esposizione controllata entro i limiti di accettabilit previsti dalla normativa 3. presenza di un rischio di esposizione. Nel primo caso non esistono problemi legati allo svolgimento delle lavorazioni. Nel secondo caso la situazione necessita di un controllo periodico per valutare levoluzione dei rischi. Nel terzo caso, infine, si dovranno applicare i necessari interventi di prevenzione e protezione secondo la scala di priorit prevista dallart. 4 del Decreto Legislativo n626/94 relativo agli Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto: comma 1: Il datore di lavoro tenuto allosservanza delle misure generali di tutela previste dallart.3 e, in relazione alla natura dellattivit dellazienda ovvero dellunit produttiva, deve valutare, nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonch nella sistemazione dei luoghi di lavoro, i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti i gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari. 65

Capitolo 3

comma 2: Allesito della valutazione di cui al comma 1, il datore di lavoro elabora un documento contenente: a) una relazione sulla valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro, nella quale sono specificati i criteri adottati per la valutezione stessa; b) lindividuazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate in conseguenza della valutazione di cui alla lettera a), nonch delle attrezzature di protezione utilizzate; c) il programma di attuazione delle misure di cui alla lettera b). Per quanto stato detto, sembra necessario che ladempimento dellintervento volto alla valutazione del rischio sia portato avanti secondo delle Linee Guida che devono contemplare precisi criteri procedurali, tali da permettere un omogeneo svolgimento delle varie fasi operative che costituiscono il processo di valutazione del rischio. In particolare i punti salienti previsti dalle Linee Guida sono: una preliminare e, per quanto possibile, approfondita ricognizione dei rischi lavorativi le indicazioni per lo svolgimento uniforme delle tre fasi operative, che costituiscono il processo di valutazione del rischio una scheda di riepilogo delle fasi operative del processo di valutazione del rischio ricognizione dei rischi presenti in un dato luogo di lavoro gli schemi delle schede di rilevazione dati Sulla base delle informazioni fornite dalla Linea Guida, il datore di lavoro, con lausilio del Servizio di Prevenzione e Protezione, del medico competente, se previsto, e la partecipazione dei lavoratori tramite il rappresentante per la sicurezza, inizier lo svolgimento delle varie fasi di individuazione dei rischi e quindi di compilazione delle schede che entreranno a far parte del Documento come previsto dal comma 2 dellart.4 esposto in precedenza. 66

Capitolo 3

3.2. La valutazione dei rischi a livello normativo


Come gi trattato nel paragrafo precedente, la stesura di un documento di valutazione dei rischi si basava sulle indicazioni fornite dal D.Lgs. 626/94. Il 9 aprile 2008, per, stato approvato il D.Lgs. 81/08 che, in attuazione dellart.1 della legge n.123 del 3 agosto 2007, ha riformato, riunito ed armonizzato, abrogandole, le disposizioni dettate da numerose vecchie normative in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro succedutesi nellarco di quasi sessantanni, al fine di adeguare lintero blocco normativo allevolversi della tecnica e del sistema di organizzazione del lavoro. Le principali normative abrogate dal Testo Unico sono: D.P.R. 27 aprile 1955 n.547 D.P.R. 7 gennaio 1956 n.164 D.P.R. 19 marzo 1956 n.303 (escluso lart.64) D.Lgs. 19 settembre 1994 n.626 D.Lgs. 14 agosto 1996 n.494 Tale decreto formato da 306 articoli suddivisi in 12 titoli che riguardano principalmente i luoghi di lavoro, le attrezzature e i DPI, i cantieri temporanei e mobili, la segnaletica, la movimentazione manuale dei carichi, i videoterminali, gli agenti fisici (rumore, vibrazioni meccaniche, campi elettromagnetici, radiazioni ottiche, ecc.), le sostanze pericolose (agenti chimici, cancerogeni, mutageni, ecc.), gli agenti biologici e le atmosfere esplosive.

Le principali novit introdotte da tale decreto sono molteplici e trattano temi riguardanti diversi campi di applicazione che verranno elencati di seguito: ampliamento del campo di applicazione delle disposizioni in materia di salute e sicurezza, ora riferite a tutti i lavoratori che si inseriscano in un ambiente di lavoro, 67

Capitolo 3 senza alcuna differenziazione di tipo formale ed anche ai lavoratori autonomi ed equiparati, a domicilio e a distanza, a progetto e interinali. rafforzamento delle prerogative delle rappresentanze in azienda, in particolare di quelle dei rappresentanti dei lavoratori territoriali (destinati ad operare, su base territoriale o di comparto, dove non vi siano rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza in azienda) e lintroduzione di un rappresentante di sito produttivo, presente in realt particolarmente complesse e pericolose (ad esempio i porti). rivisitazione e coordinamento delle attivit di vigilanza per migliorare lefficienza degli interventi. A tal proposito verr creato un sistema informativo, pubblico ma al quale partecipano le parti sociali, per la condivisione e la circolazione di notizie sugli infortuni, sulle ispezioni e sulle attivit in materia di salute e sicurezza sul lavoro, utile anche a indirizzare le azioni pubbliche. finanziamento delle azioni promozionali private e pubbliche, con particolare riguardo alle piccole e medie imprese, tra le quali linserimento nei programmi scolastici e universitari della materia della salute e sicurezza sul lavoro. eliminazione o semplificazione degli obblighi formali, attraverso la riduzione del numero e del peso per le aziende degli adempimenti di tipo burocratico, in quanto non incidenti sulle condizioni di salute e sicurezza negli ambienti di lavoro. introduzione del libretto sanitario e di rischio personale per ogni lavoratore.

revisione del sistema delle sanzioni: in base ai criteri indicati dalla legge delega 123/07 stata prevista la pena dellarresto da 6 a 18 mesi per il datore di lavoro che non abbia effettuato la valutazione dei rischi cui possono essere esposti i lavoratori in aziende che svolgano attivit ad elevata pericolosit. Nei casi meno gravi di inadempienza, il decreto legislativo prevede, invece, che al datore di lavoro si applichi 68

Capitolo 3 la sanzione dellarresto alternativo allammenda o della sola ammenda, con unattenta graduazione delle sanzioni in relazione alle singole violazioni. Per favorire ladeguamento alle disposizioni indicate dal decreto legislativo, al datore di lavoro che si metta in regola non applicata la sanzione penale ma una sanzione pecuniaria. Il datore di lavoro che cominci ad eliminare concretamente le conseguenze della violazione o che adempia, pur tardivamente, allobbligo violato ottiene, nel primo caso, una riduzione della pena, nel secondo caso, la sostituzione della pena con una sanzione pecuniaria che va da un minimo di 8000 euro a un massimo di 24000 euro. Ovviamente tale eventualit esclusa nel caso in cui il datore di lavoro sia recidivo o si siano determinate, in conseguenza della mancata valutazione del rischio, infortuni sul lavoro con danni alla salute del lavoratore. Restano invece inalterate le norme del codice penale, estranee alloggetto della delega, per lomicidio e le lesioni colpose (articolo 589 e 590) causate dal mancato rispetto delle norme in materia di sicurezza sul lavoro. In caso di colpa dellazienda in un infortunio con feriti o morti, vengono applicati ai responsabili sanzioni amministrative fino a 1.500.000 euro e la sospensione dellattivit. Scattano, inoltre, linterdizione alle partecipazioni ai pubblici appalti e alle gare dasta, nonch le relative imputazioni penali. Rimangono in vigore le norme gi previste sulla sospensione dellattivit imprenditoriale in caso di violazioni gravi o quando risultino in nero oltre il 20% dei lavoratori. La sospensione termina con la regolarizzazione dei lavoratori in nero e leliminazione delle situazioni di rischio.

Il datore di lavoro che non ottempera al provvedimento di sospensione punito con larresto fino ad un anno. Lapplicazione del Testo Unico ha segnato quindi un grande passo in avanti sia a livello legislativo, per la semplificazione normativa dovuta allaccorpamento di tutti i precedenti decreti relativi alla materia in questione, sia anche a livello di contrasto deciso alla 69

Capitolo 3 preoccupante diffusione degli infortuni sul lavoro tramite linasprimento delle pene nei confronti dei datori di lavoro. Tuttavia, nel primo periodo successivo alla sua introduzione, si constatato che il Testo Unico necessitasse di unintegrazione normativa per colmare alcune lacune. Per questo motivo il 5 agosto 2009 stato pubblicato il Decreto Legislativo n.106 recante Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.81, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro che, successivamente, entrato in vigore il 20 agosto. Oltre a porre rimedio a errori materiali e tecnici, il decreto correttivo tenta di superare le difficolta operative, le criticit e le lacune evidenziate dai primi mesi di applicazione delle nuove regole. Lattuale disciplina, per esempio, equipara il volontario a un vero e proprio lavoratore subordinato, senza considerare le peculiarit della prestazione resa dal volontario e penalizzando oltremodo le associazioni di volontariato che rappresentano una delle manifestazioni pi vitali della nostra societ. Al riguardo, il correttivo garantisce ai volontari non solo in via generale una tutela analoga a quella garantita ai lavoratori autonomi in termini di fornitura di dispositivi di protezione individuale ed attrezzature di lavoro, ma anche una tutela rafforzata ove essi siano chiamati ad operare allinterno di una organizzazione lavorativa (si pensi al volontario che opera allinterno di un ospedale), consistente nella informazione sui rischi presenti nel luogo in cui siano chiamati ad operare e nella eliminazione, da parte dellutilizzatore, dei rischi derivanti dalle interferenze tra le attivit del volontario e quelle dei lavoratori dellutilizzatore.

Ancora a titolo di esempio si consideri lindividuazione, espressamente richiesta dalle parti sociali, dei casi in cui necessario, nei lavori in appalto, che il committente predisponga limportante Documento di Valutazione dei Rischi da Interferenza delle Lavorazioni, tra i quali non vengono inclusi i lavori intellettuali, le mere forniture di merci e attrezzature e i lavori di breve durata (sotto i due giorni).

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Capitolo 3 In pratica, tale documento il quale, va ricordato, si aggiunge ( e non si sostituisce) agli obblighi gi imposti a committente ed appaltatore di coordinarsi tra loro e cooperare per ridurre i rischi del personale dellappalto viene richiesto ove il rischio delle lavorazioni che interferiscono tra loro lo richieda come misura di tutela e non, invece, nelle ipotesi (si pensi alla prestazione di natura intellettuale o alla semplice fornitura di carta o di caff ad un ufficio) di assenza di rischio da interferenza in cui esso diverrebbe un inutile fardello formale. La principale finalit delle misure varate dal Governo resta tuttavia quella di rendere maggiormente effettiva la tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro secondo queste linee di azione: introduzione di un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi in settori a particolare rischio infortunistico in modo che in essi possano operare unicamente aziende o lavoratori autonomi rispettosi delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Tale sistema, in vista della sua estensione in altri ambiti, inizier ad operare nel settore edile per mezzo dellistituzione di una patente, strumento che utilizzer un criterio certo e semplice (i punti patente) per la verifica dellidoneit tecnico-professionale delle imprese o dei lavoratori autonomi edili, la quale verr valutata tenendo conto di elementi quali leffettuazione delle attivit di formazione e lassenza di sanzioni da parte degli organi di vigilanza. Linnovativo strumento operer per mezzo dellattribuzione iniziale in sede, appunto di qualificazione dellimpresa ad ogni azienda o lavoratore autonomo edile di un punteggio che ne misuri lidoneit ed il cui azzeramento determini limpossibilit per limpresa o il lavoratore autonomo di operare nel settore. superamento di un approccio meramente formalistico e burocratico al tema della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro prestando maggiore attenzione ai profili sostanziali (approccio per obiettivi e non solo per regole). Ad esempio, il correttivo ribadisce lassoluta e inderogabile necessit per ogni impresa di valutare tutti i rischi

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Capitolo 3 per la salute e sicurezza dei propri lavoratori ma, al contempo, semplifica la procedura per dare prova della data del medesimo documento. Dunque le imprese, specie se piccole e medie, pur essendo comunque tenute ad elaborare il documento senza sconti quanto alla sua completezza e alla puntualit del suo aggiornamento, possono anche evitare di andare dal Notaio o munirsi di posta certificata (come la norma oggi di fatto impone) perch la data del documento potr anche essere dimostrata dalla firma del medesimo da parte di tutti coloro che, assieme al datore di lavoro, sono coinvolti in materia di salute e sicurezza (rappresentante dei lavoratori, medico competente, responsabile del servizio di prevenzione e protezione). integrazione tra le attivit del Servizio Sanitario Nazionale e dellINAIL finalizzate allassistenza ed alla riabilitazione dei lavoratori vittime di infortuni, in modo da garantirne il migliore e pi rapido recupero dellintegrit psicofisica e della capacit lavorativa. Per avere unidea dellimportanza dellintervento, si consideri come i soli costi sociali da infortuni sul lavoro per sostegno alle famiglie delle vittime e per la riabilitazione dei lavoratori sono stati quantificati (in sede di Rapporto ufficiale INAIL 2007, con riferimento allanno 2005) in oltre 45 miliardi di euro, pari al 3,21% del Prodotto Interno Lordo. rivisitazione del potere di sospensione dellimpresa, in modo da perfezionare tale importante procedura diretta a colpire le imprese che si siano rese responsabili di violazioni che mettano a rischio la salute e la sicurezza rendendo maggiormente certi sia i requisiti che ne legittimano ladozione che i casi nei quali la sospensione possa essere imposta. Ad esempio, per evitare che lapplicazione della norma produca risultati abnormi e vessatori nelle microimprese, in coerenza con quanto esposto nella Direttiva del ministro Sacconi del 18 settembre 2008, viene chiarito che ove limpresa occupi un solo lavoratore si applicano le sole sanzioni ordinarie, senza obbligo di chiusura.

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Capitolo 3 definizione di un corpo normativo coerente anche con la realt e le caratteristiche delle piccole e medie imprese e con le peculiarit delle forme di lavoro atipico e temporaneo; a queste ultime viene attribuita in concreto una particolare tutela, che parte dallobbligo del datore di lavoro di riservare unattenzione specifica a tali lavoratori in sede di valutazione del rischio, con ogni conseguenza in termini di maggiore informazione e formazione nei loro confronti. valorizzazione del ruolo degli enti bilaterali quali strumenti di ausilio alle imprese e ai lavoratori per il corretto adempimento degli obblighi in materia di salute e sicurezza sul lavoro e per linnalzamento dei livelli di tutela negli ambienti di lavoro. In particolare, il correttivo stabilisce che nel settore edile, caratterizzato da alti indici infortunistici, la formazione dei preposti (che rivestono un ruolo fondamentale nel cantiere) in materia di salute e sicurezza vada favorita anche programmandola e realizzandola presso gli enti bilaterali o le casse edili e non solo nelle imprese. Inoltre, sempre a titolo di esempio, viene riservato agli organismi paritetici purch muniti di struttura con competenze specifiche in materia di salute e sicurezza sul lavoro il compito di verificare ladozione e lefficace attuazione in azienda dei modelli di organizzazione e gestione della sicurezza rilasciando apposita asseverazione, della quale gli organi di vigilanza tengono conto nella programmazione delle proprie attivit di vigilanza (in modo che, in linea di massima, gli accessi ispettivi vengano pianificati innanzitutto in aziende ove il controllo sociale della bilateralit non abbia operato). miglioramento dellefficacia dellapparato sanzionatorio, con lobiettivo di assicurare una migliore corrispondenza tra infrazioni e sanzioni. A tale scopo si tiene conto dei compiti effettivamente svolti da ciascun attore della sicurezza, favorendo lutilizzo di procedure di estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi mediante regolarizzazione da parte del soggetto inadempiente. Cos la prescrizione obbligatoria, che permette di mettere in sicurezza gli ambienti di lavoro, viene estesa ai reati puniti con la sola ammenda e un analogo istituto viene introdotto per le violazioni punite con sanzione pecuniaria amministrativa, con la 73

Capitolo 3 chiara finalit, palesata nella legge delega, di puntare alleffettivit della reazione punitiva, mediante ripristino delle condizioni di legalit. Al contempo, si riserva la sanzione penale ai soli casi di violazione delle disposizioni sostanziali e non di quelle unicamente formali (trasmissione di documentazione, notifiche, ecc). Si interviene, poi, con apposite previsioni normative per evitare leffetto di eccessiva e ridondante penalizzazione nelle ipotesi di concorso di reati omogenei ed anche di concorso di reati tout court, nel rispetto delle previsioni contenute nel Codice Penale. Inoltre, si provvede alla complessiva rivisitazione dellentit delle sanzioni in modo da rendere le pene detentive eque rispetto alla gravit delle infrazioni e le ammende e le sanzioni pecuniarie proporzionate, oltre che alle violazioni, allaumento dei prezzi al consumo, verificato su base ISTAT, dal 1994 (anno in cui venne emanato il Decreto Legislativo n.626) ad oggi. A titolo di esempio, si consideri che la pi grave delle omissioni previste dal Decreto Legislativo 626/94 (omessa valutazione dei rischi) era sanzionata con larresto da tre a sei mesi o con lammenda da 1549 a 4131 euro mentre ora viene punita, nel correttivo, con la sanzione dellarresto da tre a sei mesi o con lammenda da 2500 a 6400 euro. In ogni caso, nel pieno rispetto del criterio di delega sulle sanzioni, viene mantenuto il solo arresto (e non anche lammenda) per lomessa valutazione del rischio nelle aziende a rischio incidente rilevante e nei cantieri, in quanto condotta gravemente pericolosa per la salute dei lavoratori.

3.3. Redazione del documento di valutazione dei rischi per unazienda di trasporto pubblico
La valutazione dei rischi, come previsto dalla normativa di riferimento, stata effettuata dal datore di lavoro in collaborazione con il Responsabile del Servizio di Prevenzione e 74

Capitolo 3 Protezione (R.S.P.P.), con il Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e con il Medico Competente. La normativa di riferimento in materia di sicurezza e igene nei luoghi di lavoro, in base alla quale necessario redigere la presente valutazione dopo lavvenuta analisi, la seguente: D.Lgs. 09-04-2008 n.81 Attuazione dellarticolo 1 della Legge 3 agosto 2007, n.123, in materia di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro. D.P.R. 24-07-1996, n.459 Regolamento per lattuazione delle direttive CEE 89/392, 91/368, 93/44, 93/68 concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri relative alle macchine. D.Lgs. 25-11-1996 Recepimento della direttiva 92/85/CEE concernente il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento. D.M.INT. 10-03-1998 Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dellemergenza nei luoghi di lavoro. Art 64, D.P.R. 19-03-1956, n.303 Norme generali per ligiene del lavoro. D.P.R. n.185/64 Radiazioni ionizzanti. D.Lgs. 26-03-2001, n.151 Testo unico delle disposizioni in materia di tutela e sostegno della maternit e della paternit, a norma dellarticolo 15 della legge 8 marzo 2000, n.53. Lo scopo del documento di valutazione dei rischi quello di tutelare la salute dei lavoratori in azienda (compresi quelli di ditte esterne che operano allinterno della ditta considerata), integrando le necessit tecnico produttive con le condizioni organizzative dellambiente di lavoro per raggiungere lottimizzazione globale delle condizioni di lavoro stesse. 75

Capitolo 3 A tal fine la valutazione attuale deve essere considerata in continuo progresso ed aggiornamento poich le condizioni ad oggi definite possono e devono essere suscettibili di ulteriori approfondimenti in relazione alladeguamento tecnologico e cognitivo. Quindi laggiornamento del presente documento verr effettuato ogni volta cambino i livelli di rischio, le sostanze usate, le zone e i tipi di lavorazioni oppure quando ve ne sia la necessit. A questo punto, dopo aver trattato in linee generali il significato e lo scopo del documento di valutazione dei rischi, si passa ad esaminare nel particolare i dati e le caratteristiche fisiche e organizzative dellazienda interessata. Per prima cosa si elencano le attivit relative allazienda (dove viene effettuato il servizio di trasporto pubblico) e le sedi di sua propriet (uffici amministrativi, depositi e officine). Successivamente si iniziano a descrivere le mansioni lavorative ed i loro relativi rischi. Solitamente in unazienda di trasporto pubblico le attivit lavorative analizzate sono quelle svolte presso la sede e larea deposito dove vengono svolti gli interventi di manutenzione e riparazioni meccaniche, il supporto delle attivit di ufficio e, per gli autisti, lo spostamento degli automezzi dal piazzale. Di seguito analizziamo le singole attivit lavorative e i loro relativi rischi. impiegato tecnico: lattivit lavorativa degli impiegati tecnici si estrinseca nellelaborazione di programmi di lavoro e nel controllo operativo presso lofficina e presso le sedi esterne (se presenti) dellazienda. Per il loro lavoro gli addetti utilizzano videoterminali e le normali apparecchiature dufficio; per laccessibilit alle aree esterne utilizzano mezzi di trasporto aziendali. I rischi cui risulta esposto limpiegato tecnico sono principalmente quelli correlati allattivit lavorativa svolta presso lofficina, oltre che il rischio derivante dallutilizzo di autovetture di servizio per lo spostamento sul territorio. autista: lattivit del personale quella della guida dei mezzi per il trasporto di persone sia per il servizio urbano che extraurbano. Gli autisti si occupano anche della pulizia semplice del mezzo mentre gli interventi di lavaggio vero e proprio e le manutenzioni vengono effettuati presso lofficina. 76

Capitolo 3

I rischi cui possono essere esposti gli addetti sono inerenti lattivit di mezzi su strada (rischio di incidente), soprattutto sui percorsi extraurbani, il rischio di investimento durante possibili interventi di riparazione o segnalazione guasto del mezzo, rischi correlati alla postura di guida e alle condizioni climatiche (freddo invernale e caldo estivo); a questi si possono aggiungere quelli inerenti la tipologia di utenti come la possibilit di contrarre patologie infettive e il rumore. elettrauto: le attivit sono quelle di pulizia e sgrassaggio di alcuni pezzi e della loro lubrificazione. Inoltre si occupa della preparazione e della ricarica delle batterie degli autoveicoli utilizzando acido solforico. I rischi a cui esposto sono quindi di tipo chimico. meccanico: lattivit del meccanico prevede tutte le classiche fasi lavorative di unofficina meccanica per automezzi: cambio olio motore, sostituzione filtri motore e riparazioni meccaniche. Le operazioni previste dal ciclo produttivo sono le seguenti: 1. revisione e riparazione dei motori a combustione interna 2. localizzazione guasti e riparazioni 3. riparazione e montaggio degli organi di trasmissione del moto, sterzo, sospensioni e freni 4. riparazione dellequipaggiamento elettrico dellautomezzo 5. messa a punto dei motori 6. revisione iniettori e pompe di alimentazione diesel

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Capitolo 3 Il rischio di infortuni sempre presente in tale attivit. I pericoli maggiori derivano dalla proiezione di schegge e frammenti dovuti agli interventi di smerigliatura e molatura oppure dai traumi da oggetti metallici nei lavori di riparazione, pulizia, montaggio, ecc. Esistono anche altri tipologie di rischio: rischi da postura: per lo svolgimento di alcune attivit lavorative, quali la riparazione dellimpianto elettrico, riparazioni meccaniche, ecc., presente il rischio di assunzione di posture forzate rischio solventi: diluenti o prodotti specifici con rischio di assorbimento tramite le vie cutanee e respiratorie vengono utilizzati per la pulizia delle parti meccaniche e dei carburatori. rischio da olii esausti: negli olii usati per i motori a combustione interna sono presenti idrocarburi, paraffine, composti naftalici, composti aromatici, mononucleati e policleati. Il rischio deriva dal contatto diretto o dal contatto con indumenti sporchi di olio. rischio dovuto a fumi e gas di scappamento: questi gas contengono ossido di carbonio, anidride carbonica, vapori incombusti e polveri di combustione. rischi da saldatura: la saldatura autogena espone a rischi di inalazione di ossido di carbonio, ozono, fumi metallici, radiazioni luminose e proiezione di materiali roventi. rischio elettrico: limpiego di attrezzature alimentate da corrente elettrica espongono gli addetti al rischio di folgorazione ed elettrocuzione nonch al rischio di incendio. I lavoratori hanno in dotazione i seguenti dispositivi di protezione individuale: A. guanti per rischi chimici e meccanici B. scarpe di sicurezza con puntale antischiacciamento C. occhiali e schermi antischeggia 78

Capitolo 3 D. otoprotettori E. tute da lavoro lavoratori addetti a videoterminale: secondo quanto riportato sul testo del D.Lgs. 81/08 si definisce lavoratore addetto al videoterminale colui che utilizza unattrezzatura munita di videoterminale in modo sistematico e abituale per 20 ore settimanali, dedotte dalle pause (di cui allart.173). Il possibile rischio deve essere pertanto valutato in relazione ai problemi per la vista e gli occhi, ai problemi legati alla postura e allaffaticamento fisico e mentale ed ai problemi legati alle condizioni ergonomiche di igiene ambientale (art.174). Il lavoratore addetto al VDT deve effettuare una pausa di 15 minuti ogni 120 minuti di lavoro o un cambio di attivit tale da non affaticare lapparato visivo. La sorveglianza sanitaria per gli addetti ai video terminali prevede: A. visita da parte del medico competente di preassunzione con particolare attenzione allapparato visivo, con invio, se necessario allo specialista B. definizione dei lavoratori come idonei oppure idonei con prescrizione C. definizione dei lavoratori come non idonei D. controllo sanitario biennale per i lavoratori classificati idonei con prescrizione e per i lavoratori con pi di 50 anni di et e controllo sanitario quinquennale negli altri casi (art.176).

In materia di consultazione e partecipazione il Datore di lavoro informa preventivamente i lavoratori ed il Rappresentante per la sicurezza dei cambiamenti tecnologici che comportano mutamenti nellorganizzazione del lavoro (art.177). lavoratori appartenenti a ditte esterne: uno degli aspetti pi significativi della complessa problematica inerente la sicurezza e ligiene nei luoghi di lavoro preso in esame dal D.Lgs. 81/08 quello riguardante i lavori concessi in appalto (art.26). Ci deve essere uno stretto collegamento tra committente ed appaltatore o fornitore

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Capitolo 3 affinch non vengano a crearsi condizioni tali da pregiudicare la sicurezza e lintegrit fisica dei lavoratori. Sar, quindi, compito del committente provvedere affinch: 1. non si creino interferenze tra diverse attivit lavorative, tali da pregiudicare la sicurezza; 2. non si creino condizioni di pericolo a causa della mancata conoscenza di specifiche disposizioni di sicurezza esistenti nellambiente di lavoro; 3. non si creino condizioni di pericolo a causa della mancata conoscenza delle caratteristiche degli ambienti di lavoro, degli impianti e delle strutture, dei prodotti o sostanze presenti; 4. non si creino condizioni di pericolo a causa della mancata conoscenza delle specifiche disposizioni per le situazioni di emergenza; 5. non si creino condizioni di pericolo a causa dellinesperienza dei lavoratori dellappaltatore; 6. non si creino condizioni di pericolo a causa delle attrezzature di lavoro o prodotti dellappaltatore. Come ultimo argomento nel presente documento si descriver la metodologia per la valutazione dei rischi relativi allazienda di trasporto. I rilevamenti effettuati a tale riguardo vengono successivamente analizzati e raccolti in schede che contengono le informazioni sui vari rischi che interessano i diversi luoghi di lavoro e le mansioni svolte. Nel caso in cui il tipo di rischio considerato abbia la necessit di una valutazione con criteri precisi e particolari dettati da determinate disposizioni a riguardo (come per esempio per il rischio rumore, per il rischio chimico, ecc.), la valutazione di quel rischio specifico sar contenuta in una sezione Allegati del presente documento. La quantificazione dei rischi avviene tramite un metodo abbastanza semplice e conosciuto che quello della definizione dellindice di rischio fornita dalla seguente relazione: 80

Capitolo 3

RISCHIO = MAGNITUDO X PROBABILITA ( R = m P ) dove per magnitudo si intende la gravit degli effetti prodotti sulluomo mentre per probabilit si intendono le possibilit che si verifichino le condizioni determinanti per il verificarsi dellevento infortunistico. MAGNITUDO Livello 1 2 Definizione lieve significativo Interpretazione Danno eliminabile o guaribile in pochi giorni (<7gg.) senza conseguenze future. Danno comportante uninvalidit temporanea (<40gg.) o che non limita le capacit vitali o lavorative Infortunio comportante uninvalidit permanente (non totale) o che limita le capacit 3 grave lavorative (infortunio >40gg.). Malattia professionale con invalidit permanente non totale. Infortunio comportante la morte o linvalidit totale del soggetto. 4 molto grave Malattia professionale con totale invalidit permanente.

PROBABILITA Livello 1 possibile 2 Definizione improbabile Interpretazione Non si sono mai verificati casi analoghi Il suo verificarsi susciterebbe incredulit Il suo verificarsi richiede circostanze non comuni e poco probabili. Si sono verificati pochi fatti analoghi Il suo verificarsi susciterebbe modesta sorpresa 3 4 probabile molto probabile Si sono verificati fatti analoghi Si sono verificati casi analoghi Il suo verificarsi dato per scontato 81

Capitolo 3

E opportuno che vengano individuate delle scale quantitative circa lurgenza dei provvedimenti da assumere, formulate tenendo presente lindice di rischio (la priorit sar maggiore quanto lo sar il rischio) e le eventuali inadempienze a precisi obblighi di legge sanciti da vecchie normative. Nella definizione della priorit dintervento, importante tenere presente che, a parit di indice di rischio (e quindi di livello dello stesso), hanno precedenza nel ricevere le misure cautelative i rischi che presentano una probabilit di accadimento maggiore a fronte di un danno pi lieve piuttosto che quelli che comporterebbero un danno pi grave ma che meno probabile che si verifichino. Nella tabella sottostante sono contenute la matrice delle priorit dintervento a seconda dellarea di rischio ed i relativi parametri temporali per attivare le misure di tutela.

PRIORITA DINTERVENTO 4 p-probabilit 3 2 1 1 M-magnitudo 1 priorit bassa 2 priorit medio-bassa 3 priorit medio-alta 4 priorit alta 2 3 4

3 1

4 2

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Capitolo 3
LIVELLO DI PRIORITA

TEMPO DI ATTUAZIONE DELLA MISURA Bassa, da valutare in fase di programmazione Media, entro 8 mesi dalla data del documento Urgente, entro 3 mesi dalla data del documento Indilazionabile, entro 15 giorni dalla data del documento

PRESCRITTA 1 2 3 4

Lultimo passo necessario per il completamento del documento di valutazione dei rischi lanalisi del programma delle misure da attuare nel tempo per il miglioramento delle condizioni di sicurezza. A seguito delle indicazioni, suggerimenti e obblighi evidenziati per leliminazione, la riduzione ed il controllo dei rischi residui individuati nel presente documento, resta a totale discrezione del datore di lavoro effettuare, in base alle possibilit economiche ed in funzione della gravit dei rischi stessi, gli interventi di bonifica o di riduzione o di controllo dei rischi, con precedenza per quegli interventi preventivi e/o protettivi legati a situazioni in cui il rischio ritenuto maggiore.

Ci premesso, il servizio di prevenzione e protezione prevede lattuazione, nel tempo, di un piano programmatico generale, per il miglioramento e la sorveglianza delle condizioni di lavoro, a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori. Come ultima cosa, nelle conclusioni e dichiarazioni finali, il datore di lavoro dichiara che il presente documento di valutazione dei rischi frutto di una sua valutazione dei rischi effettuata con la collaborazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante della sicurezza e del medico competente a seguito dei necessari sopralluoghi in stabilimento. Il presente documento dovr essere posto in visione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ed al medico competente.

83

Capitolo 3

84

Capitolo 4

4. VALUTAZIONE DEI RISCHI PER I CONDUCENTI DI AUTOBUS


4.1. Considerazioni generali
Il lavoro degli autisti di autobus urbani si configura principalmente come sedentario, ripetitivo, monotono, ad interazione continua con un macchinario (il veicolo pilotato) spesso esposto a vari tipi di inquinanti urbani. Nello stesso tempo al conducente richiesto un elevato livello di attenzione, la gestione del rapporto con lutenza, il rispetto delle tabelle di marcia ed il coinvolgimento in eventi occasionali di tipo accidentale o criminoso a bordo dei veicoli. Pertanto se si vuole effettuare unanalisi esatta dei rischi bisogna presupporre che linterazione uomo-macchina venga considerata tanto per gli aspetti fisici come posture e movimenti, quanto per gli aspetti psicosociali intesi come variazioni nella prestazione cognitiva e psicomotoria attribuibili sia ad agenti chimici, sia allinsorgenza di stress ed affaticamento mentale dovuti alle molteplici richieste attentive che caratterizzano le mansioni dei conducenti di autobus.

4.2. Il rischio posturale


Nel caso dei conducenti di mezzi pubblici di trasporto urbano, la postura di lavoro sostanzialmente quella seduta e i movimenti, seppur non lineari come quelli di una catena di montaggio, sono continui anche se compiuti con poco sforzo. Per quanto riguarda la valutazione del rischio risulta conveniente utilizzare un approccio a stadi per stabilire posture e movimenti, considerandolo come parte integrante della fase di progettazione del macchinario mobile. Lapproccio utilizzato opera una distinzione tra: valutazione senza gli operatori valutazione con gli operatori

85

Capitolo 4 Ovviamente per largomento in oggetto si far riferimento esclusivamente al secondo caso perch, superate le fasi di progettazione e design, necessario focalizzare lattenzione su veicoli gi in servizio. Nella figura seguente vengono illustrati i cinque stadi principali di approccio alla valutazione dei rischi.

Per lo scopo di questa ricerca risulta utile considerare nel dettaglio lo stadio dedicato alla valutazione con gli operatori e soprattutto quello conseguente di valutazione del rischio riservato alla raccolta dei dati e alla verifica dei requisiti ergonomici riguardo alla

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Capitolo 4 postura e ai movimenti. Questultimo passaggio consente di far emergere gli aspetti pi critici riguardo al rapporto tra postura, movimenti e condizioni psicofisiche degli operatori. Ovviamente necessario verificare anche le condizioni dei precedenti stadi dalle quali si possono trarre indicazioni di tipo metodologico circa: il campionamento dei soggetti che dovrebbe coprire lintera gamma delle possibili dimensioni corporali presenti nella popolazione di riferimento lanalisi del compito per identificare le operazioni elementari che i soggetti devono portare a termine, valutando per ognuna di queste la domanda alloperatore in termini di impegno visivo, di controllo richiesto (a livello di arti superiori e inferiori), di stabilit durante le operazioni e di forza richiesta. Questi dati sono necessari perch definiscono i principali parametri ergonomici di riferimento per la progettazione, cio postura lavorativa principale e dimensioni dello spazio di lavoro che sono influenzati da: richieste posturali dovute a problemi di visibilit, ad esempio ostruzioni nel campo visivo o inadeguata illuminazione richieste posturali dovute al posizionamento dei controlli del veicolo (ad es. sterzo e pedali) richieste posturali dovute a necessit di supporti per la stabilit del corpo o parti di esso durante linterazione col mezzo. Per valutare nel dettaglio postura e movimenti, il documento europeo prEN 1005-4 Final Draft (Ottobre 2004) considera il corpo umano a zone o a segmenti. Gli esiti della valutazione possono essere di tre tipi: 1. accettabile quando il rischio per la salute considerato basso o trascurabile per quasi tutta la popolazione adulta in salute

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Capitolo 4 2. accettabile con riserva quando presente un certo livello di rischio per la salute a carico di tutta o parte della popolazione di riferimento. In questo caso il rischio deve essere analizzato considerando tutti i fattori presenti nel contesto lavorativo e successivamente ridotto. Nel caso in cui tale riduzione risulti impossibile necessario intraprendere altre azioni idonee come, ad esempio, iniziative di formazione e informazione agli operatori finalizzate ad uninterazione pi sicura con la macchina 3. non accettabile quando i rischi per la salute non possono essere accettati da alcun soggetto della popolazione di riferimento ed necessaria una riprogettazione per migliorare la postura di lavoro. Nelle tabelle da 1 a 5 proposte in seguito, pi di una postura e di una condizione dei movimenti sono considerate accettabili anche se occorre notare che la conoscenza attuale consente di dare indicazioni quantitative solo parziali. Ad esempio ci possono essere delle combinazioni non accettabili di condizioni singolarmente accettabili. Nelle stesse sezioni delle tavole sopra indicate, la procedura di valutazione costituita da un primo passo di valutazione a cui ne fa seguito un secondo passo se la postura o i movimenti osservati vengono giudicati accettabili con riserva. Per alcune posture particolari, laccettabilit dipende dalla natura e dalla durata di queste, nonch dal tempo di recupero necessario. Inoltre, per altre posture o movimenti, laccettabilit pu dipendere dalla frequenza dei movimenti o dalla presenza o assenza di supporti per il corpo.

4.2.1. Il rischio legato a postura incongrua del tronco


La postura del tronco deve essere valutata considerandone la flessione in avanti o allindietro, la flessione laterale e la torsione. Tale procedura si applica sia a posture sedute che in piedi. tronco in flessione in avanti o allindietro: nel passo 1 la flessione del tronco in avanti o indietro andr determinata e classificata in una delle zone della figura sottostante

88

Capitolo 4

Per posture statiche, la tabella 1 indica la valutazione di accettabilit o meno per ogni zona del corpo, a seconda che i movimenti siano poco frequenti o molto frequenti. Se il risultato della valutazione sar accettabile con riserva, si proceder con il passo 2 (A, B o C) che pone ulteriori condizioni finalizzate ad un giudizio definitivo sulla corretta postura del tronco.

Zona
1 2 3 4

Postura statica
Accettabile Accettabile con riserva (passo 2A) Non accettabile Accettabile con riserva (passo 2B)

Movimenti poco frequenti (<2/min.)


Accettabile Accettabile Accettabile con riserva (passo 2C) Accettabile con riserva (passo 2C)

Movimenti molto frequenti (>2/min.)


Accettabile Non accettabile Non accettabile Non accettabile

Tabella 1 Valutazione della flessione del tronco in avanti o indietro.

passo 2

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Capitolo 4 A. La situazione considerata accettabile se vi un supporto completo del tronco; in caso contrario, la condizione di accettabilit dipende dalla durata della postura e dal periodo di recupero. Il supporto completo del tronco durante la flessione in avanti considerato inaccettabile, a meno che non sia dimostrato che il rischio per la salute trascurabile per la maggior parte dei soggetti che utilizzano il macchinario e in considerazione della durata delluso di questultimo. B. Accettabile in presenza di supporto dellintero tronco. C. Non accettabile, se il mezzo utilizzato dalla stessa persona per lunghi periodi di tempo. Eccezione: accettabile in caso di movimenti poco frequenti nella zona 4 in presenza di supporto completo del tronco. Il supporto completo del tronco durante la flessione in avanti considerato

inaccettabile, a meno che non sia dimostrato che il rischio per la salute trascurabile per la maggior parte dei soggetti che utilizzano il macchinario ed in considerazione della durata delluso di questultimo. tronco in flessione laterale o in torsione: nel passo 1 indicato nel seguito, la flessione laterale del tronco, come anche la torsione di questo, andranno determinate e classificate in una delle zone indicate nella figura sottostante. Per posture statiche, bassa e alta frequenza di movimenti, la tabella 2 indica le possibili conseguenze della valutazione per ogni zona.

Suddivisione delle zone del tronco in flessione laterale (A) e in torsione (B). Passo 1 90

Capitolo 4

La linea continua centrale rappresenta il tronco eretto e non in torsione. Flessione laterale del tronco o torsione non chiaramente percepibili (circa 10 o meno) Flessione laterale del tronco o torsione chiaramente percepibili (circa 10 o pi)

Zona
1

Postura statica
Accettabile Non accettabile

Movimenti poco frequenti (<2/min.)


Accettabile Accettabile con riserva (passo 2A)

Movimenti molto frequenti (>2/min.)


Accettabile Non accettabile

Tabella 2 Valutazione della flessione laterale e della torsione del tronco.

passo 2 A. Non accettabile se il mezzo utilizzato dalla stessa persona per lunghi periodi di tempo.

4.2.2. Il rischio legato a postura incongrua degli arti superiori


91

Capitolo 4 Nel passo 1 la postura degli arti superiori del corpo sar determinata e classificata in una delle zone della figura sottostante. Per posture statiche, bassa e alta frequenza di movimenti, la tabella 3 indica le possibili conseguenze della valutazione per ogni zona. Se il risultato della valutazione sar accettabile con riserva, si proceder col passo 2 che indica le condizioni supplementari atte a caratterizzare in modo definitivo la specifica situazione come accettabile o non accettabile. La procedura si applica sia a posture sedute che in piedi.

Suddivisione delle zone posturali per gli arti superiori. Passo 1.

Zona
1 2 3 4

Postura statica
Accettabile Accettabile con riserva (passo 2A) Non accettabile Non accettabile

Movimenti poco frequenti (<2/min.)


Accettabile Accettabile Accettabile con riserva (passo 2B) Accettabile con riserva (passo 2B)

Movimenti molto frequenti (>2/min.)


Accettabile Accettabile con riserva (passo 2C) Non accettabile Non accettabile

Tabella 3 Valutazione dellassetto posturale degli arti superiori.

passo 2 92

Capitolo 4 A. La situazione considerata accettabile se vi un supporto completo dellarto. In caso contrario, la condizione di accettabilit dipende dalla durata della postura e dal periodo di recupero. B. Non accettabile se il mezzo utilizzato dalla stessa persona per lunghi periodi di tempo. C. Non accettabile se la frequenza dei movimenti 10 / min oppure se il mezzo utilizzato dalla stessa persona per lunghi periodi di tempo.

4.2.3. Il rischio legato allassetto posturale di testa e collo


Lassetto posturale di testa e collo da valutare in considerazione della linea visuale ascendente/discendente (la direzione dello sguardo), della flessione laterale del collo e della sua torsione. La postura si applica sia a posture sedute che in piedi. linea visuale ascendente/discendente (la direzione dello sguardo): raccomandato valutare la flessione anteriore/posteriore del collo, prendendo come parametro di riferimento linclinazione ascendente/discendente della linea visuale, ovvero del punto verso cui si fissa lo sguardo pi frequentemente durante linterazione con lo strumento, ad esempio il centro del campo visivo. La procedura descritta valida nella condizione di assetto diritto ed eretto del tronco. Nel passo 1 la direzione della linea visuale verr determinata e classificata in una delle zone della figura sottostante. Per posture statiche, bassa e alta frequenza di movimenti, la tabella 4 indica le possibili conseguenze della valutazione per ogni zona.

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Capitolo 4

Suddivisione in zone della direzione ascendente/discendente della linea visuale. Passo1.

a = piano orizzontale Zona


1 (a) 2

Postura statica
Accettabile Non accettabile

Movimenti poco frequenti (<2/min.)


Accettabile Accettabile con riserva (passo 2A)

Movimenti molto frequenti (>2/min.)


Accettabile Non accettabile

Tabella 4 Valutazione della direzione della linea visuale (la direzione dello sguardo).

Nota bene: (a) si raccomanda di progettare i macchinari in modo tale che la direzione usuale dello sguardo del lavoratore, in caso di assetto diritto del tronco, risulti piuttosto inferiore al piano orizzontale particolarmente se il macchinario viene usato per un tempo prolungato dallo stesso individuo richiede una postura statica senza un adeguato periodo di recupero o sono previsti dei supporti per il corpo o nel caso di movimenti altamente frequenti. passo 2 A. Non accettabile, se il mezzo utilizzato dalla stessa persona per lunghi periodi di tempo

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Capitolo 4

flessione laterale o torsione del collo: nel passo 1, sia la flessione laterale che la torsione del collo andranno valutate e classificate secondo le zone indicate nella figura sottostante; la parte A per la flessione laterale e la parte B per la torsione rispettivamente. Per posture statiche, bassa e alta frequenza dei movimenti la tabella 5 indica le possibili conseguenze della valutazione per ogni zona.

Zone di suddivisione circa flessione laterale (A) e torsione (B) del collo. Passo 1.

La linea continua centrale rappresenta il collo in una postura o un movimento non flessi lateralmente (A) oppure il collo in assenza di torsione (B). 1. Flessione o torsione non chiaramente percepibili (10 o meno). 2. Flessione o torsione chiaramente percepibili (10 o pi).

Zona
1 2

Postura statica
Accettabile Non accettabile

Movimenti poco frequenti (<2/min.)


Accettabile Accettabile con riserva (passo 2A)

Movimenti molto frequenti (>2/min.)


Accettabile Non accettabile

Tabella 5 Valutazione della flessione laterale e torsione del collo.

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Capitolo 4

passo 2 A. Non accettabile, se il mezzo utilizzato dalla stessa persona per lunghi periodi di tempo. Anche in questo caso si propone una condizione estremamente variabile riguardo alla frequenza dei movimenti e i cambiamenti a carico della torsione del collo. Considerando la frequenza con cui lautista di autobus, nel traffico cittadino, costretto a modificare la direzione dello sguardo plausibile che lelevata frequenza di tali movimenti possa avere delle ricadute sulla sua salute. Interventi in grado di ridurre tale necessit come, ad esempio, una configurazione alternativa dei dispositivi utili a tenere sotto controllo le varie zone del veicolo, potrebbe condurre ad una riduzione di questi fattori di rischio.

4.2.4. Il rischio posturale legato ad altre parti del corpo


Per quello che riguarda le altre parti del corpo, considerando sempre posture statiche, movimenti poco frequenti e molto frequenti, la figura sottostante e la conseguente tabella 6 risultano utili per la valutazione dellaccettabilit o meno di possibili assetti. Zone di valutazione per le estremit superiori (A) e per la parte lombo-sacrale ed estremit inferiori (B).

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Capitolo 4

1. Spalla 2. Parte superiore del braccio 3. Gomito 4. Avambraccio 5. Polso a. Movimento del dorso della mano verso lavambraccio b. Movimento del palmo della mano verso lavambraccio c. Movimento del pollice della mano verso lavambraccio d. Movimento del mignolo della mano verso lavambraccio Postura statica Ad avere esempio, la alcuni Movimenti

1. Zona lombo-sacrale 2. Anca 3. Caviglia 4. Ginocchio

problemi Come per il ginocchio flesso (posizione in piedi),

derivano da posture scomode come: braccia sollevate e articolazioni vicine ai limiti della zona lombosacrale possibilit di movimento a (per gli esempi vedere la convessa mentre si seduti; tenere figura sopra parte A e B). il ginocchio allungato e/o sollevato Poco frequenti (<2/min) Molto frequenti (>2/min) senza tenere il tronco inclinato allindietro tenere (posizione il seduta); ginocchio piegato

(posizione in piedi); tenere le braccia sollevate: distribuzione non uniforme del peso sui due piedi (posizione in piedi) e posizioni articolari ai limiti della possibilit di movimento
a

Non accettabile
a

Accettabile

Non accettabile

Per le posizioni delle articolazioni, si raccomanda di evitare la necessit di movimenti poco

frequenti ai limiti della possibilit di movimento delloperatore. La norma ISO 11226/2000 descrive una procedura per determinare le posizioni delle articolazioni da considerare ai limiti della possibilit di movimento. Tabella 6 Valutazione delle altre parti del corpo.

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Capitolo 4

4.3. Inquinanti da traffico ed effetti sulla salute degli autisti di autobus


La qualit dellaria presente nei centri urbani fin dai tempi dellantica Roma non veniva considerata ottimale. Tale degrado atmosferico sub un notevole peggioramento con lavvento della rivoluzione industriale che apport nellaria sostanze alquanto nocive dovute al largo consumo di carbone e alla presenza di fonderie e raffinerie nei pressi dei centri abitati. In ogni caso il problema dellinquinamento atmosferico non venne affrontato seriamente dalle autorit finch gravi episodi di aumento della morbosit e della mortalit dovuti alla presenza di altissime concentrazioni inquinanti nellaria non iniziarono a moltiplicarsi. In tutte le circostanze questi gravi episodi di inquinamento atmosferico avvennero in seguito ad una combinazione di eventi sfavorevoli: temperatura molto bassa con conseguente aumento del consumo di combustibili, inversione termica con ristagno degli inquinanti negli strati pi bassi dellatmosfera e nebbia.

4.3.1. Il danno alla salute della popolazione generale


Laria presente nellatmosfera dei centri urbani composta prevalentemente da azoto (78%), ossigeno (21%), anidride carbonica (0,2%), argon, elio, neon e cripton. A tali sostanze vanno aggiunte quelle derivanti dal riscaldamento invernale, dal flusso veicolare e dagli impianti industriali tra le quali si ricorda il benzene e gli idrocarburi policiclici aromatici. Questo tipo di inquinanti, stazionando nellatmosfera, possono penetrare nellorganismo umano tramite inalazione, assorbimento cutaneo oppure indirettamente attraverso il consumo di cibi e bevande contaminati incrementando notevolmente la possibilit per la popolazione di contrarre malattie respiratorie, cardiovascolari e tumori. Tali sostanze a cui la popolazione esposta non sono mai presenti singolarmente per cui impossibile scinderne completamente gli effetti; inoltre vi pu essere uninterazione di tipo additivo o sinergico per cui linsieme delle sostanze presenti pu dare una risposta maggiore della somma dei suoi effetti.

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Capitolo 4 Tra gli inquinanti, oltre al benzene e agli idrocarburi aromatici sopracitati, ricordiamo gli ossidi di azoto (NOx), lanidride solforosa ( SO2 ), il monossido di carbonio (CO) e le frazioni di particolato (PM10 e PM2,5). Numerosi studi hanno evidenziato infatti lesistenza di una relazione lineare fra lesposizione alle frazioni di particolato e gli effetti sulla salute. Lorganizzazione mondiale della sanit (OMS), per esempio, stima che per ogni incremento unitario in g / m 3 giornaliero di PM10 vi sia un incremento della mortalit nello stesso giorno pari allo 0,07% (grafico).

Grafico Incremento della mortalit relativo alle concentrazioni di PM10 nellaria (fonte OMS) Gli effetti degli inquinanti atmosferici sulla salute umana possono essere di due tipi: 1) a breve termine: (osservabili a pochi giorni di distanza dai picchi di inquinamento). Questo tipo di effetti sono usualmente rappresentati da sintomi a carico delle vie respiratorie e dellapparato cardiocircolatorio che comportano un aumento dei ricoveri e, in alcuni casi, per persone gi soggette a malattie respiratorie, la morte.

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Capitolo 4 2) a lungo termine: (osservabili dopo esposizioni di lunga durata e a distanza di anni dallinizio dellesposizione). Questo tipo di effetti hanno un andamento cronicizzante e progressivo; in particolare rientrano tra in questo caso le bronchiti croniche, lasma, lenfisema, le malattie cardiocircolatorie e le neoplasie. Il problema pi rilevante in questo caso la difficolt nellindividuare il nesso tra gli effetti dellinquinamento a lungo termine e le patologie tumorali. Anche se la maggior parte degli inquinanti che vengono inalati dalla popolazione sono considerati cancerogeni, le esposizioni passive ad agenti chimici cancerogeni sono molteplici e risulta quindi difficile capire quale sia il vero peso di ogni singola esposizione e in particolare la quota attribuibile allinquinamento atmosferico.

4.3.2. Emissione, diffusione e tipologia degli inquinanti


Le diverse fonti di emissione inquinante come il traffico veicolare, i sistemi di riscaldamento, le centrali elettriche e le combustioni industriali contribuiscono in maniera diversa alla quantit e alla qualit degli inquinanti immessi nellatmosfera. I mezzi di trasporto, per esempio, determinano un incremento del monossido di carbonio (CO), dei composti aromatici volatili (VOC), del benzene, degli ossidi di azoto e del particolato solido. Gli impianti di combustione contribuiscono allemissione di biossido di zolfo e degli ossidi di azoto anche se tali concentrazioni nellatmosfera si stanno riducendo grazie allutilizzo del metano negli impianti di riscaldamento e alla riduzione del contenuto di zolfo nei combustibili per i mezzi di trasporto. Le industrie sono invece responsabili dellimmissione nellaria di idrocarburi incombusti, polveri sottili e ossidi di zolfo e azoto. Gli inquinanti si possono dividere in due grandi categorie:

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Capitolo 4 1. inquinanti primari: sono le sostanze emesse direttamente dalle sorgenti come gli idrocarburi incombusti, il monossido di carbonio, gli ossidi di azoto, lanidride solforosa e il particolato. A seguito dellemissione in atmosfera gli inquinanti primari subiscono dei processi di trasformazione chimico-fisica che portano alla formazione degli inquinanti secondari 2. inquinanti secondari: sono delle sostanze come, ad esempio, lacido solforico che si formano dallinterazione chimico-fisica tra gli inquinanti primari e i componenti chimici presenti nellatmosfera. Nella maggior parte dei casi, tali sostanze risultano essere pi tossiche e con un raggio dazione molto pi grande rispetto a quelle primarie. In presenza poi di luce solare e di alte temperature si formano composti che costituiscono il cosiddetto smog fotochimico. Tra i fattori dai quali dipende la concentrazione degli inquinanti nellatmosfera sono sicuramente da menzionare le condizioni meteorologiche. Infatti i principali fattori atmosferici che determinano la concentrazione di inquinanti sono due: la velocit del vento e le condizioni di stabilit dellatmosfera. Quando laria nella quale vengono immessi gli inquinanti instabile e c vento, tali sostanze si mescolano con laria pulita, vengono trascinati dalle correnti ascensionali e dispersi ad alta quota. Quando, invece, il vento debole o del tutto assente laria immobile e di conseguenza risulta impossibile disperdere gli inquinanti che col passare delle ore e dei giorni si accumulano nei bassi strati. Se poi a ci si aggiunge la presenza di inversione termica le condizioni di inquinamento tendono a diventare particolarmente critiche. Infatti le citt poste in aree soggette a radiazione solare intensa e temperature elevate sono pi a rischio di episodi di inquinamento fotochimico soprattutto nella stagione estiva.

101

Capitolo 4

4.3.3. Caratteristiche dei principali inquinanti ambientali


Gli inquinanti ambientali si possono dividere in due ulteriori categorie: 1. inquinanti non convenzionali: sono detti non convenzionali perch la misura della loro concentrazione nei centri urbani stata effettuata per la prima volta negli anni pi recenti. Il Decreto Ministeriale del 15 Aprile 1994 ha, infatti, per la prima volta imposto alle citt con pi di 150000 abitanti di misurare oltre agli inquinanti convenzionali anche: PM10 piombo composti organici volatili (metano) composti organici volatili non metanici (benzene e idrocarburi policiclici aromatici) 2. inquinanti convenzionali: si intendono solitamente gli inquinanti solitamente indicati dal legislatore in materia di monitoraggio della qualit dellaria e sono: biossido di zolfo ( SO2 ): un gas incolore, dallodore pungente e irritante, non infiammabile e solubile in acqua. Si produce nel processo di combustione che avviene nelle centrali termiche, nelle caldaie oppure nei motori automobilistici dove si utilizzano combustili fossili non molto raffinati che contengono zolfo che si combina con lossigeno presente nellatmosfera. Nellesposizione a breve termine l SO2 esercita i suoi effetti nocivi prevalentemente su occhi e tratto superiore delle vie respiratorie. A causa della sua alta idrosolubilit, l85% dell SO2 si scioglie nel muco trasformandosi in acido solforico H 2 SO4 che ha anchesso un effetto irritante. I pi esposti agli effetti nocivi del biossido di zolfo sono gli anziani e coloro che soffrono di patologie respiratorie croniche. Si sperimentato che concentrazioni di 30-100 ppm possono comportare linsorgere di faringiti, alterazioni del senso del gusto e dellolfatto, alta acidit urinaria e senso di stanchezza. Al giorno doggi, fortunatamente, le 102

Capitolo 4 concentrazioni di tale gas in atmosfera, si stanno riducendo grazie al crescente utilizzo del metano come combustibile per il riscaldamento domestico. monossido di carbonio (CO): un gas incolore e inodore che si forma dalla combustione incompleta (in difetto di ossigeno) di sostanze organiche contenenti carbonio. La principale fonte di immissione del monossido di carbonio in atmosfera data dai gas di scarico degli autoveicoli a benzina, soprattutto nei grandi centri urbani dove, a causa della ridotta velocit, i consumi di CO aumentano sensibilmente. La tossicit di tale gas data dal fatto che altamente affine con lemoglobina e, combinandosi con la stessa, d luogo alla carbossiemoglobina (COHb), un composto che impedisce il trasferimento dellossigeno dai polmoni alle cellule. Gli effetti variano in relazione alla percentuale di COHb presente nel sangue e vanno dalla diminuzione della vigilanza e della capacit visiva, ai deficit respiratori fino ad arrivare al coma e al decesso. ozono ( O3 ): un gas inodore di colore azzurro chiaro che si forma principalmente nella stratosfera tra i 15 e i 50km di altezza per lazione delle radiazioni ultraviolette sulle molecole di ossigeno. Attraverso una reazione a catena nella quale viene prodotto, consumato e rigenerato lozono svolge la sua funzione di schermo protettivo impedendo il passaggio delle radiazioni ultraviolette dannose per le specie viventi. In tale reazione viene prodotta una certa quantit di calore che riscalda la stratosfera creando il fenomeno dellinversione termica. Al livello del terreno lozono un inquinante secondario costituente lo smog fotochimico i cui valori massimi vengono raggiunti nelle ore pi calde della giornata specialmente destate.

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Capitolo 4 Tale gas si forma a partire dagli ossidi di azoto ( NO x ) che si decompongono, reagiscono con i composti organici volatili (idrocarburi incombusti) liberando ossigeno atomico che, a sua volta, reagisce con lossigeno molecolare ( O2 ) producendo O3 . La tossicit dellozono nei confronti delluomo data dal fatto che in grado di potenziare gli effetti nocivi di altri inquinanti come gli idrocarburi, il piombo e il biossido di azoto provocando irritazione delle mucose, secchezza di naso e gola, bronchiti e dolori toracici a seguito di profondi respiri. I principali soggetti a rischio sono coloro che praticano attivit sportiva nei mesi estivi specialmente nelle ore centrali della giornata quando lirraggiamento solare pi intenso. idrocarburi non metanici: includono diversi gruppi di sostanze che, esposte allaria, passano repentinamente dallo stato liquido a quello gassoso. I principali composti sono gli idrocarburi aromatici (benzene, toluene e xileni) e ossigenati (aldeidi e chetoni) che derivano da fenomeni di evaporazione delle benzine e dai gas di scarico degli autoveicoli. Nei centri urbani quindi la loro concentrazione direttamente proporzionale al numero di veicoli a motore circolanti. Gli effetti sulluomo sono nettamente differenziati in base al tipo di composto. Il benzene, per esempio, risulta essere cancerogeno. idrocarburi policiclici aromatici: sono rappresentati da una classe numerosa di composti organici caratterizzati da una struttura ad anelli aromatici condensati. In relazione al numero degli anelli aromatici contenuti, possono essere presenti a temperatura ambiente sia in forma gassosa che in forma solida. Gli IPA si trovano nel carbone e nel petrolio e derivano da processi incompleti di combustione di numerose sostanze organiche.

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Capitolo 4 Le principali sorgenti di emissione di tali sostanze sono individuabili nei gas di scarico degli autoveicoli principalmente alimentati da motori diesel ma anche nelle centrali termiche che utilizzano combustibili solidi e liquidi pesanti. Il rischio per luomo dato dallassorbimento per inalazione facilitato dalladesione degli IPA al particolato fine per mezzo del quale riesce a raggiungere direttamente gli alveoli. Il composto pi studiato e rilevato il Benzo(a)Pirene che ha una struttura con 5 anelli condensati che pu portare limmunotossicit, la carcinogenicit e la tossicit riproduttiva.

4.3.4. Effetti degli inquinanti da traffico sulla salute degli autisti di autobus
Gli effetti maggiormente ricercati negli studi epidemiologici sono quelli di tipo tumorale. In letteratura sono presenti diversi studi che indagano landamento di mortalit e contagio di malattie per grandi gruppi di cause, correlate alla professione svolta, che osservano negli autisti di autobus un aumento di mortalit e morbilit per cause cardiovascolari. Nella probabile comparsa di effetti tumorali per i conducenti di autobus bisogna considerare diversi inquinanti ad azione cancerogena come il benzene, gli idrocarburi policiclici aromatici ed i relativi derivati dellazoto molti dei quali vengono emessi da veicoli con motore diesel e che hanno come primo bersaglio il polmone. In realt anche altri organi, in base alla quantit di IPA e nitroderivati contenuta al loro interno, potrebbero essere soggetti a trasformazioni neoplastiche. Quelli pi a rischio sono: la vescica, la laringe, il rene e il pancreas. Diversi studi, per, sostengono che non sia rilevabile un aumento di patologie tumorali per la categoria degli autisti di autobus. Come nel caso di varie associazioni ristrette di lavoratori, gli strumenti epidemiologici attuali possono non essere adeguati per cogliere un piccolo aumento dellincidenza della malattia tra i diversi sottogruppi di soggetti che sono pi esposti rispetto alla popolazione generale. Quindi sullassenza di ununivoca teoria a riguardo giocano un ruolo importante le dimensioni degli

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Capitolo 4 studi, il fattore equivoco rappresentato dallabitudine al fumo e la definizione di esposizione.

4.4. Lo stress da lavoro correlato


La particolare attenzione a riguardo delle condizioni di salute e sicurezza nel trasporto pubblico deriva da un persistente primato del settore per quanto riguarda gli incidenti sul territorio nazionale. Dai dati forniti dallISTAT relativi allanno 2003, infatti possibile notare come, escludendo il settore delle costruzioni, il settore dei trasporti detiene il maggior numero di infortuni denunciati in Italia. Bisogna dire che quasi sempre le ricerche svolte sin ora in Italia e in Europa si sono concentrate soprattutto sullergonomia intesa nella sua accezione tecnicosanitaria. Invece risultata pi difficoltosa la ricerca di materiale che aiutasse a studiare in maniera dettagliata il fenomeno dello stress nel settore dei trasporti e su come lorganizzazione del lavoro possa condizionare e interagire con il sistema salute e sicurezza. A riguardo si voluto trattare anche di quanto i fattori riguardanti lo stress stiano assumendo una connotazione sempre pi dannosa per i lavoratori in particolare per i conducenti di autobus non solo nel territorio nazionale ma anche a livello europeo.

4.4.1. Il problema dello stress a livello normativo


Larticolo 28, comma 1, del decreto legislativo n 81 del 2008, prevede che la valutazione dei rischi coinvolga tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, compresi quelli collegati allo stress da lavoro correlato.

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Capitolo 4 Questo sicuramente un passo in avanti rispetto alla precedente legislazione in materia di salute e sicurezza nella quale i rischi legati allo stress non erano citati. Larticolo 4 del decreto legislativo 626/94 abbastanza generico a riguardo: tale articolo, infatti, prevede lobbligo da parte del datore di lavoro di valutare tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori. Quindi comprenderebbe teoricamente anche la salute psichica dello stesso anche se questultimo concetto non era mai stato trattato in materia. Per definire i rischi collegati allo stress lavorativo, il testo unico trae spunto direttamente dallAccordo Europeo sullo stress sul lavoro dell8 Ottobre 2004 siglato dalle 4 pi grandi organizzazioni europee dei lavoratori e degli imprenditori. Laccordo ha il pregio di puntare su misure preventive e di definire lo stress come uno stato che si accompagna a malessere e disfunzioni fisiche, psicologiche e sociali e che deriva dal fatto che i lavoratori non si sentono in grado di superare i divari rispetto alle richieste o alle attese nei loro confronti. Lo stress, cos individuato, pu influire negativamente sulle condizioni di salute e provocare anche infortuni. Per meglio comprendere la gravit e la diffusione di tale fenomeno sufficiente constatare che lo stress il secondo problema sanitario legato allattivit lavorativa segnalato pi di frequente in Europa. I dati confermano che tale fenomeno colpisce circa il 22% di tutti i lavoratori dellUE (2005) e che circa il 55% delle giornate di lavoro perse sono riconducibili allo stress.

Nel 2002 si calcolato che il costo economico dello stress relativo alle attivit lavorative nellUE pari a circa 20 miliardi di euro; si pu capire bene quindi come questo problema

psico-sociale non influisca solamente sulla salute della singola persona ma anche su quella delle aziende e delle economie nazionali. Le cause dello stress non si manifestano allo stesso modo su persone diverse ma vanno ricercate ed analizzate adottando un approccio di intervento soggettivo cos come prevede lAccordo stesso. Viene infatti posto laccento su forme di gestione e di comunicazione 107

Capitolo 4 incentrate sulla trasparenza degli obiettivi aziendali e del ruolo che ogni lavoratore deve avere in funzione del raggiungimento di tali obiettivi. Gli strumenti di prevenzione ed eliminazione dei problemi di stress da lavoro consistono inoltre in un sistema aziendale pi attento ad una funzione consultiva e informativa verso i lavoratori e capace di avviare processi di cambiamento dellorganizzazione del lavoro. Bisogna per ricordare che non tutte le manifestazioni di stress sul lavoro sono da considerarsi causate dal lavoro stesso. In questi casi, infatti, il datore non pu fare nulla che vada al di fuori dellorganizzazione del lavoro e dellambiente lavorativo.

4.4.2. La valutazione del rischio collegato allo stress lavorativo


La valutazione del rischio riguardante lo stress necessita delladozione degli stessi principi e procedure di base di altri pericoli presenti sul luogo di lavoro: identificare le fonti di stress, decidere gli interventi da attuare, comunicare i risultati della valutazione e revisionarli ad intervalli ben definiti. Le fonti di stress derivano, secondo gli studi affrontati a riguardo, da 2 tipologie di rischi: quelli ambientali e quelli psicosociali. La tabella seguente illustra sinteticamente i rischi pi comuni che possono condurre a situazioni stressogene per i lavoratori.

Rischi ambientali

1.

rumorosit vibrazioni variazioni di temperatura, ventilazione umidit carenze nelligiene ambientale contesto di lavoro: funzione e cultura organizzativa ruolo nellorganizzazione sviluppo di carriera

108

Capitolo 4
modalit di presa di decisione relazioni interpersonali mobilit e trasferimenti scarso equilibrio tra lavoro e vita privata contenuto del lavoro: tipo di compito carico, ritmi e orari di lavoro

Rischi psicosociali
2.

A questi rischi si devono per aggiungere quelli legati alla sempre maggior difusione del lavoro precario. Bisogna infatti notare che i lavoratori con contratti precari, spesso a reddito basso e con poche possibilit di formazione e miglioramento della carriera, tendono a svolgere i lavori pi pericolosi in condizioni peggiori e a ricevere meno informazioni relative alla sicurezza e alla salute sul lavoro. Oltre a ci, lincertezza sul proprio futuro lavorativo contribuisce in maniera determinante al sorgere dello stress sul luogo di lavoro. Quindi se il problema dello stress da lavoro viene identificato, necessario agire per prevenirlo, eliminarlo o ridurlo con misure attuate con la partecipazione degli stessi lavoratori e dei loro rappresentanti. Risulta pertanto di primaria importanza contenere gli agenti stressanti in ambito di lavoro e condurre cos a un progressivo miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza.

E stato infatti dimostrato che i lavoratori sottoposti a stress non solo avvertono reazioni emotive dansia, depressione, inquietudine e fatica ma il disagio protratto nel tempo pu anche indurre a delle modificazioni del comportamento (disturbi alimentari, fumo, alcol, droga e scarsa percezione del rischio) e causare delle patologie: aumento della pressione arteriosa, tachicardia, irrigidimento muscolare con conseguenti dolori muscolari a collo, testa e spalle.

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Capitolo 4 Il fenomeno dello stress da lavoro correlato si pu affrontare facendo riferimento a 4 diversi livelli dimensionali: 1. il livello del singolo lavoratore 2. il livello dellorganizzazione del lavoro 3. il livello nazionale 4. il livello dellUnione Europea Quello su cui si preferisce porre maggiore attenzione il livello dellorganizzazione del lavoro in quanto si ritiene possa essere il campo di applicazione diretta degli interventi normativi europei e nazionali e uno dei principali strumenti di miglioramento delle condizioni lavorative. Mentre infatti gli interventi riguardo lo stress al livello del singolo lavoratore possono portare ad un arginamento complesso. A seconda della fonte del fenomeno stressogeno si individuano diverse modalit di azione che devono andare ad incidere sullorganizzazione del lavoro con particolare attenzione agli elementi visualizzati nella tabella seguente. dei sintomi fisici e psicologici, gli interventi nellambito dellorganizzazione del lavoro portano a trasformazioni del sistema azienda nel suo

Orario di lavoro Partecipazione e controllo Quantit di lavoro assegnato

va organizzato in modo da evitare conflitti con esigenze e responsabilit extralavorative. gli orari dei turni a rotazione devono essere stabili e prevedibili, con rotazione in avanti (mattino-pomeriggio-notte). occorre consentire ai lavoratori di partecipare alle decisione o alle misure che hanno ripercussioni sul loro lavoro gli incarichi affidati devono essere compatibili con le capacit e risorse del lavoratore e consentire la possibilit di recupero dopo lesecuzione di compiti particolarmente impegnativi sul piano fisico o mentale.

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Capitolo 4 Contenuto delle mansioni


le mansioni vanno stabilite in modo che il lavoro risulti dotato di significato, stimolante, compiuto e fornisca lopportunit di esercitare le proprie competenze. i ruoli e le responsabilit di lavoro vanno definiti con chiarezza bisogna offrire la possibilit di interazione sociale, incluso il sostegno emotivo e sociale fra i collaboratori necessario evitare ambiguit per quanto riguarda la sicurezza del posto di lavoro e le prospettive di sviluppo professionale; bisogna, inoltre, promuovere la formazione permanente e la capacit di inserimento professionale.

Ruoli Ambiente sociale Prospettive future

Una volta definite, le misure anti-stress devono essere riesaminate regolarmente per valutarne lefficacia e stabilire se utilizzano in modo ottimale le risorse disponibili e se sono ancora appropriate o necessarie.

4.4.3. Il fattore stress tra i conducenti di autobus


Avendo in precedenza parlato in generale del problema dello stress da lavoro correlato si vuole ora trattare nello specifico in che misura i fattori stressanti possano incidere sullo stato di salute e sicurezza dei conducenti di mezzi pubblici di trasporto urbano. Come fonte di riferimento per questa ricerca stato consultato un manuale per la prevenzione da stress ricavato da vari studi a riguardo effettuati negli ultimi trentanni in vari paesi del mondo e che lOIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) ha adottato come strumento ufficiale. Bisogna dire fin da subito che la maggior parte degli studi a riguardo comparano i conducenti di autobus ad altri dipendenti come impiegati o autisti di taxi in modo da poter rintracciare pi facilmente eventuali divergenze o convergenze. I risultati di queste ricerche hanno sottolineato come lassenteismo per malattia dei conducenti di autobus decisamente pi alto se si confronta con altri gruppi lavorativi. Anche per quanto riguarda linvalidit si potuto constatare che gli autisti abbandonano il loro lavoro ad unet inferiore rispetto ad altri gruppi professionali.

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Capitolo 4 Passando a trattare pi nello specifico il fattore stressogeno tra i conducenti di autobus stata dimostrato che tale mansione risulta mentalmente impegnativa in quanto implica il dovere di affrontare richieste conflittuali. Lazienda fortemente interessata a fare in modo che il conducente mantenga buoni rapporti con i passeggeri fornendo informazioni su orari, percorsi, fermate ecc. Tuttavia la necessit di dover fornire un servizio al singolo passeggero entra in conflitto con lesigenza di rispettare la tabella di marcia. Un altro fattore che favorisce un aumento della tensione nervosa e psicologica dellautista la necessit di guidare in sicurezza in ogni condizione di traffico che, se associato al rispetto della tabella di marcia e al rendersi disponibile verso i passeggeri, pu portare a situazioni particolarmente stressanti. In relazione ai turni lavorativi i vari studi effettuati a tal proposito ritengono che la loro articolazione o la velocit con cui vengono modificati possano essere delle fonti di stress per i conducenti. Per garantire, infatti, un servizio efficiente alla cittadinanza consuetudine lavorare anche in orari insoliti rendendo quindi difficoltosa la conciliazione tra tempo di lavoro e tempo sociale. Per avere pi chiaro il quadro dei problemi che possono portare alla comparsa di situazioni stressogene di seguito si riporta un diagramma illustrativo a riguardo.

112

Capitolo 4 Descrizione manuale OIL.

4.4.4. Prevenzione e interventi


I programmi tesi alla prevenzione e allintervento sullo stress possono essere suddivisi in quelli destinati al cambiamento dellambiente lavorativo oppure quelli destinati ad insegnare ai lavoratori le abilit per gestire o ridurre lo stress. Per quanto riguarda la prevenzione pu essere fatta unulteriore distinzione: prevenzione primaria: riguarda gli interventi volti ad eliminare o ridurre gli elementi di stress. prevenzione secondaria: riguarda gli approcci designati a far si che i lavoratori che gi manifestano segni di stress non si ammalino e allo stesso tempo accrescano la loro capacit a far fronte allo stress. prevenzione terziaria: consiste in azioni dirette ai lavoratori che mostrano reazioni di grande stress e riabilitazione dopo la malattia. A livello europeo la ricerca mette in evidenza lesistenza di tre diverse strategie dazione per combattere il fenomeno dello stress da lavoro correlato: eliminare o modificare le situazioni stressogene interventi nellorganizzazione del lavoro e la postazione di lavoro per adattarla alle caratteristiche del lavoratore rafforzare la resistenza allo stress, per esempio attraverso esercizi fisici, tecniche di meditazione e di rilassamento e sostegno sociale. Le prime due strategie sono dirette alla situazione di lavoro mentre la terza orientata alla persona. Il manuale dellOIL fornisce anchesso diverse raccomandazioni inerenti a tre diverse aree di intervento: 1. il carattere ergonomico della cabina di guida con particolare riferimento alla posizione e adattabilit del sedile, del volante, dei pedali e della visibilit. Inoltre si 113

Capitolo 4 raccomandano particolari corsi di aggiornamento nel caso in cui venissero installati nel veicolo nuovi dispositivi. 2. la seconda area di intervento riguarda la tabella di marcia, larticolazione dei turni e la qualit dei periodi di riposo. A tal riguardo si insiste affinch si permetta una conciliazione tra tempo lavorativo e tempo libero e affinch vi sia una rotazione dei turni che permetta un accettabile recupero psicofisico 3. la terza area di intervento sottolinea limportanza dellaspetto sociale dellambiente di lavoro e dello stile manageriale. Molti dei suggerimenti di intervento relativi a questarea prevedono la suddivisione del personale in gruppi di lavoro composti da circa 10-20 autisti coordinati da un supervisore ed in cui si attivi un rapporto consultivo tra i partecipanti.

4.5. Il consumo di alcolici e sostanze stupefacenti nei luoghi di lavoro


Il consumo di alcolici e droghe non assolutamente un problema nuovo. In diversi momenti nel corso della storia si cercato di affrontare il problema dellabuso di sostanze alcoliche e stupefacenti dapprima col proibizionismo negli Stati Uniti, la messa al bando dellassenzio, le varie campagne contro i produttori e i trafficanti di droga e le misure sempre pi repressive che attualmente vengono adottate contro la guida sotto leffetto di sostanze stupefacenti o alcoliche. Tale abuso risulta piuttosto diffuso tra la popolazione anche se risulta difficile avere una stima esatta dei reali consumatori soprattutto per il fatto che, trattandosi spesso di sostanze illegali, gli stessi provano un certo imbarazzo nel parlarne riferendosi a s. Una delle fonti pi attendibili il National Household on Drug Abuse che calcola in circa l8% luso di droghe illecite ed in circa il 4,5% labuso alcolico nei cittadini americani di et compresa tra i 18 e i 65 anni ovvero nella popolazione lavorativa. Negli anni pi recenti, infatti, andata sempre pi sviluppandosi la consapevolezza che nei vari paesi il consumo di droga e alcol un importante problema relativo al posto di lavoro che, oltre a danneggiare fisicamente lindividuo, penalizza notevolmente le stesse imprese e la competitivit di uno 114

Capitolo 4 stato. Sempre recentemente vari studi hanno dimostrato che questo grave problema non colpisce esclusivamente le prestazioni lavorative in senso stretto ma la causa principale degli alti tassi di assenteismo, di incidenti, di malattie e mortalit con i loro relativi costi. In particolare si pu affermare che: lassenteismo da due a tre volte pi alto tra i consumatori di droghe e alcol rispetto agli altri lavoratori tra i lavoratori con problemi di dipendenza vengono richieste il triplo delle indennit di malattia rispetto ai lavoratori normali.

in molti posti di lavoro circa il 20-25% degli incidenti coinvolge lavoratori tossicodipendenti che feriscono se stessi e anche lavoratori innocenti Il problema della dipendenza da alcol e droga si diffuso sempre pi negli ultimi anni ma, soprattutto per alcune classi lavorative. Recenti studi infatti sono stati fondamentali per individuare non soltanto i settori in cui la forza lavoro particolarmente soggetta allassunzione di sostanze stupefacenti ma anche i motivi per cui tali problemi accadono pi frequentemente in alcune industrie o professioni. I settori ritenuti a maggior rischio sono lindustria del cibo e della ristorazione, i trasporti, le costruzioni, le catene di montaggio e il personale militare. Allinterno di queste categorie gli uomini di et giovane impiegati in lavori di basso livello sembrano particolarmente propensi al consumo di alcol e droghe. Comunque il problema non esclusivamente confinato allinterno di queste categorie ma diffuso anche tra dirigenti dazienda, avvocati, dottori e ufficiali di polizia. Inoltre alcuni aspetti del lavoro stesso possono contribuire al consumo sempre pi elevato di queste sostanze. In particolare abbiamo: stress lavorativo problemi occupazionali o con i colleghi di lavoro lunghi periodi trascorsi lontano dallambiente familiare 115

Capitolo 4 disponibilit di alcol e droga sul luogo di lavoro

4.5.1. I numeri dellalcol in Italia


Consumi: i dati dellISTAT indicano che il 75% degli italiani consuma alcol (87% degli uomini e il 63% delle donne). LItalia detiene anche il triste primato dellet pi bassa nellUnione Europea alla quale ci si avvicina per la prima volta agli alcolici (11- 12 anni) mentre la media UE di 14,5 anni. Nella penisola i bevitori considerati a rischio sono 3 milioni mentre gli alcolisti sono circa un terzo. Nel 2000, secondo alcuni dati, 817.000 giovani con meno di 17 anni hanno consumato bevande alcoliche e circa 400.000 bevono in modo sistematico. Il 7% dei giovani dichiara di ubriacarsi almeno tre volte alla settimana ed in costante crescita il numero di adolescenti che consuma alcol al di fuori dei pasti. Infortuni: in Italia, ogni anno, vengono denunciati allINAIL circa 940.000 infortuni sul lavoro con durata di inabilit superiore alle tre giornate. Di questi, circa il 20% pu essere imputabile al consumo eccessivo di alcol. Quindi lassunzione di bevande alcoliche rappresenta sempre un rischio aggiuntivo rispetto a un rischio lavorativo preesistente che deve essere sempre ridotto al minimo. Proprio per questo motivo indispensabile che venga effettuata una corretta valutazione anche di tale rischio come previsto allart.4 del D.Lgs. 626/94. Malattie: ogni anno sono attribuibili, direttamente o indirettamente, al consumo di alcol: il 10% di tutte le malattie il 10% di tutti i tumori il 63% di tutte le cirrosi epatiche il 41% degli omicidi il 45% di tutti gli incidenti il 9% delle invalidit o malattie croniche.

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Capitolo 4 Inoltre bisogna dire che il consumo di bavande alcoliche determina il potenziamento degli effetti allesposizione professionale ad agenti chimici (solventi in particolare) e neurotossici (piombo, ecc.). Ricoveri: secondo dati del Ministero della Salute, complessivamente il 10% dei ricoveri attribuibile allalcol. Nellanno 2000 tale numero stato stimato in 326.000, di cui 100.000 con diagnosi totalmente attribuibile allalcol. Decessi: ogni anno in Italia circa 40.000 persone muoiono a causa dellalcol per cirrosi epatica, tumori, infarto del miocardio, suicidi, omicidi, incidenti stradali, domestici o in ambito lavorativo. Costi: lOrganizzazione Mondiale della Sanit stima che i costi annuali sociali e sanitari, sostenuti a causa di problemi collegati allalcol sono pari al 2-5% del PIL. Fanno parte di questi costi quelli sostenuti dalle famiglie per il licenziamento o il declassamento in mansioni lavorative meno qualificate o di minor responsabilit.

4.5.2. Lalcol e i suoi effetti sullorganismo


4.5.2.1. Caratteristiche generali e propriet chimico-fisiche Lalcol etilico, detto anche etanolo, il pi importante composto della famiglia degli alcoli la cui formula bruta CH 3 CH 2 OH . Spesso viene indicato soltanto con il nome alcool, che, in realt, si riferisce allintera famiglia di sostanze organiche derivanti dagli idrocarburi per sostituzione di un atomo di idrogeno con un ossidrile OH. Lalcol un liquido incolore, di odore gradevole e caratteristico che possiede le seguenti caratteristiche:

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Capitolo 4 punto di fusione 158,8 K punto di ebollizione 351,5 K


3 densit 20 C 0,7893 g / cm

tensione di vapore ( 292,75 K ) 5730 Pa Questa sostanza risulta completamente miscibile con lacqua in tutte le proporzioni, ed essa stessa un buon solvente per molti composti organici polari; per tale propriet viene largamente utilizzato nellindustria. In questo campo la sua produzione si pu realizzare attraverso processi chimici o per fermentazione di sostanze naturali ad elevato tenore zuccherino. Commercialmente, in tutti i Paesi, lalcol venduto sotto due regimi: 1. per uso alimentare 2. per uso industriale Nel primo caso tale sostanza si ottiene per condensazione della miscela azeotropica con lacqua. La miscela ottenuta contiene circa il 95% di alcol etilico e il 5% di acqua (alcol a 95). Molto meno usato lalcool assoluto (cio privo di acqua) poich risulta molto difficile eliminare il residuo 5% di acqua. Lalcol per uso alimentare ovunque gravato da pesanti imposte fiscali che ne aumentano esponenzialmente il prezzo di vendita. Per usi industriali invece, per i quali non prevista una particolare imposizione fiscale, lalcol viene venduto a prezzi molto pi bassi e, quindi, per evitare frodi fiscali, viene denaturato, cio trattato con sostanze di sapore disgustoso, difficilmente eliminabili, che ne impediscono luso alimentare. Le sostanze denaturanti sono di natura diversa a seconda delluso cui dovr servire lalcol, poich esse devono rispondere a diversi requisiti: essere stabili, non rendere lalcol inadatto alle lavorazioni successive, ecc. Come denaturanti si usano basi piridiniche, coloranti organici, miscele di chetoni e di idrocarburi, ecc. In Italia il denaturante ufficiale fornito dallo stato, che esegue la denaturazione attraverso i competenti uffici dellUTIF.

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Capitolo 4 Gli usi industriali dellalcol sono molteplici; la maggior quantit usata come intermedio per altri prodotti chimici (aldeide acetica, acido acetico, etere etilico, etilammine, esteri etilici, ecc.), ma ha anche numerosi impieghi come solvente. Tale sostanza viene utilizzata in altri campi dellindustria tra i quali spiccano per diffusione e sviluppo quello alimentare e quello cosmetico. Negli ultimi anni, inoltre, stato proposto e sperimentato con successo luso dellalcol etilico come carburante per motori a scoppio, da solo o in miscela con le benzine. In questo caso si sfrutta lalto potere antidetonante di tale sostanza che permette di eliminare dalle benzine il piombo tetraetile. Non da ultimo bisogna affermare che la combustione dellalcol risulta essere facile e completa permettendo, quindi, di evitare la formazione di prodotti secondari tossici (incombusti e prodotti solforati) con evidenti vantaggi per la qualit dellaria atmosferica. Lunico, ma non trascurabile svantaggio, lelevato costo dellalcol rispetto ai carburanti tradizionali per motori, che ne rende luso antieconomico. Tuttavia in alcuni Paesi con larghe risorse agricole (per esempio il Brasile) gi di uso comune la cosiddetta benzina verde a base di alcol etilico.

4.5.2.2. Metabolismo ed effetti dellalcol etilico Dal punto di vista metabolico lalcol etilico, una volta ingerito, viene assorbito nel tratto duodenale e digiunale del tubo digerente, entra quindi nel torrente circolatorio e viene metabolizzato dal fegato che dotato di uno specifico corredo enzimatico che consente la sua trasformazione dapprima in aldeide acetica, poi in acido acetico ed infine in anidride carbonica ed acqua. Sul metabolismo dellalcol etilico interferiscono le condizioni fisiche generali del soggetto. In situazioni di deficit nutrizionali e vitaminici, il metabolismo viene rallentato, con conseguente aumento della quota libera di alcol etilico nellorganismo. Tale aumento riscontrabile anche nel caso di assunzione rapida di alcol etilico come conseguenza della saturazione delle vie 119

Capitolo 4 metaboliche; allinverso lassunzione diluita nel tempo consente unadeguata

metabolizzazione. Sullassorbimento dellalcol etilico interferiscono in modo notevole anche gli alimenti: infatti se esso viene ingerito miscelato con del cibo, la velocit di assorbimento ridotta; al contrario molto rapida a stomaco vuoto. Anche lassunzione simultanea di alcol e farmaci determina alterazioni metaboliche, parallelamente a gravi situazioni patologiche. Effetti sinergici si hanno con i barbiturici e le benzodiazepine con turbe della vigilanza, profonda sedazione e spiccata ipnoinduzione. Altri eventi dannosi provocati dallassunzione di alcol sono il potenziamento degli effetti degli anticoagulanti orali e degli antiaggreganti piastrinici (acido acetilsalicidico) con possibilit di emorragie. Alla base della tossicit dellalcol ci sono le sue sostanze metaboliche intermedie; in primo luogo laldeide acetica. Questa molecola oltre a possedere specifiche attivit (effetto vasodilatatore), interagisce con le cosiddette ammine endogene (catecolamine) formando molecole di nuova sintesi ad elevata attivit biologica. Queste possono interferire con i normali processi biochimici cerebrali (endorfine, falsi neurotrasmettitori) determinando quel complesso corteo di manifestazioni psichiche legate allingestione di alcol etilico.

Infatti gli effetti principali dellalcol etilico si espilcano a livello del sistema nervoso centrale e sono per lo pi di tipo inibitorio; anche la fase iniziale di transitorio eccitamento dovuta al blocco delle sinapsi inibitorie con sbrigliamento dellattivit psichica a tipo espansivo. Si attenuano cos i blocchi emozionali con diminuzione dello stato di ansia e di tensione, moderato senso di euforia e rilassatezza. Successivamente si ha una depressione generale dellattivit nervosa. Sulla sfera sessuale lalcol etilico ha effetti contraddittori che si riassumono in un aumento del desiderio sessuale ma riduzione della potenza sessuale e spesso eiaculazione precoce.

120

Capitolo 4 Numerosi studi concordano poi nel segnalare un importante ruolo dellalcol etilico nellaumento dellaggressivit individuale e una stretta interrelazione tra alcolismo e criminalit e suicidi, oltre ad essere una delle pi frequenti cause di gravi incidenti stradali.

4.5.2.3 Intossicazione acuta La forma pi comune lubriachezza semplice che si manifesta attraverso un torpore che riguarda tutti i processi psichici superiori, con perdita dellautocontrollo, del senso del pudore, dei sentimenti di critica relativi al proprio agire. Il soggetto di regola euforico, tachilalico, scurrile, esuberante, arrogante e rumoroso; larticolazione della parola imperfetta e le frasi sono spesso sconnesse. A volte il tono dellumore depresso e lindividuo diventa malinconico, patetico e lacrimevole; altre volte la componente aggressiva predominante con scoppi dira e azioni violente. Oltre a ci si affiancano fenomeni di incoordinazione motoria e turbe del senso dellequilibrio che impediscono al soggetto di stare in piedi agevolmente. Dal punto di vista propriamente sintomatico lindividuo pu andare incontro a nausea, vomito, disturbi della vista, perdita di coscienza e collasso cardiocircolatorio.

4.5.2.4. Intossicazione cronica Lintossicazione cronica la condizione in cui si ritrovano tutti i soggetti che per lungo tempo hanno assunto forti quantitativi di alcol. I danni maggiori sono a carico del sistema nervoso e dellapparato digerente, ma in fondo tutti gli organi possono risentire degli effetti deleteri dellabuso di alcol. A livello psichico si verifica la cosiddetta psicosi fondamentale tossietilica con profonde alterazioni intellettive e perdita di ogni senso etico. Unaltra grave manifestazione a carico del sistema nervoso il delirium tremens caratterizzato da allucinazioni di tipo microzooptico e 121

Capitolo 4 stato di profonda perturbazione dellumore e della coscienza, tremore a scosse grossolane e irregolari a carico delle mani e delle braccia. A livello somatico e viscerale la manifestazione pi importante la cirrosi epatica etilica cui si arriva attraverso stadi intermedi di sofferenza dellepatocita che vanno dalla semplice steatosi, alla steatofibrosi fino alla cirrosi e alle sue complicanze (emorragia digestiva, encefalopatia portosistemica, sindrome epatorenale) che costituiscono le pi frequenti cause di morte dellalcolista cronico. Come per tutte le tossicomanie anche la brusca astensione provoca nei soggetti affetti da alcolismo cronico una sindrome da astinenza con irritabilit, ipereccitabilit, turbe del sonno, nausea, vomito e spesso linsorgenza di sindromi psicotiche acute riconducibili per molti aspetti al delirium tremens.

4.5.3. Il problema dal punto di vista normativo italiano


I primi interventi legislativi atti ad arginare la diffusione e il consumo di sostanze stupefacenti si ebbero in Italia a partire dagli anni novanta. Il 9 ottobre 1990 infatti venne promulgato il DPR n.309 denominato Testo Unico delle Leggi in materia di stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza il quale, allarticolo 125, fa riferimento ad una normativa da adottarsi nei luoghi di lavoro e ad un elenco di mansioni lavorative per le quali dovrebbe accertarsi lassenza di tossicodipendenza prima dellassunzione e, successivamente, durante lespletamento delle mansioni stesse.

Tale elenco, per, non stato pubblicato lasciando quindi la situazione inalterata senza alterare le responsabilit di lavoratori, datori di lavoro e medici del lavoro. Allo stesso modo, nel marzo 2001, il Parlamento approv la Legge Quadro n.125 in materia di alcol e di problemi alcol-correlati che, allarticolo 15, si occupava del consumo di sostanze alcoliche sul posto di lavoro facendone divieto per una serie di attivit lavorative che, per, anche in questo caso, non venivano elencate. Finalmente nel marzo del 2006 venne pubblicato il provvedimento di individuazione delle attivit lavorative per cui si vietava lutilizzo di bevande alcoliche e nellottobre 2007 si introdusse lelenco delle attivit lavorative che ricadevano sotto la competenza del DPR n.309. 122

Capitolo 4 In entrambi i casi veniva richiesta la sorveglianza dei Medici Competenti (aziende) e dei Servizi di Medicina del Lavoro delle varie ASL. Nelle successive tabelle 1 e 2 si riportano gli elenchi precedentemente accennati dal cui confronto emerge subito una singolare particolarit: lelenco delle mansioni relativo alla prima tabella non corrisponde esattamente a quello della seconda. Ossia, ragionando per assurdo, un lavoratore nel campo sanitario non pu assumere alcolici durante il lavoro ma, paradossalmente, potrebbe fare un modico uso di sostanze stupefacenti.

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Tabella 1 Attivit lavorative a rischio con divieto di assunzione e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche.

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Tabella 2 Attivit lavorative a rischio per le quali obbligatoria la sorveglianza sanitaria ai fini dellaccertamento di uneventuale tossicodipendenza.

La pubblicazione degli elenchi port ovviamente ad un acceso dibattito sia dal punto di vista medico-legale che etico. Dal punto di vista medico legale i dubbi sorti a riguardo, seguendo quanto indicato in passato dal lavoro di Chiaravalli e coll. (Alcol e lavoro: un commento etico-deontologico-giuridico della recente normativa, Med. Lav. 2007), sono: 1. non chiaro da cosa derivi la decisione di effettuare controlli solo su alcune categorie e non su altre; 2. poco o nulla i riferimenti legislativi esplicitano in termini di procedure, tempistiche e modalit di esecuzione degli accertamenti, nonch sui criteri di valutazione dei medesimi con la conseguente formulazione di un giudizio di idoneit o non idoneit alla mansione;

3. poco o nulla viene detto sul comportamento da tenere di fronte ad un rifiuto del lavoratore a sottoporsi ai test. 125

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Dal punto di vista etico, invece, bisogna dire che negli ultimi decenni lattenzione della Medicina e della Psicologia del lavoro si progressivamente incentrata su problemi sorti dal connubio attivit lavorativa vita privata del lavoratore come lo stress lavorativo, le malattie psicosomatiche e il mobbing. Ad esempio negli USA e successivamente negli altri paesi anglosassoni sono stati istituiti gli EAPs (Employee Assistance Programs) cio dei programmi di assistenza ai lavoratori in tutti i campi: dallo stress ai conflitti familiari; anche se uno dei servizi maggiormente utilizzati risulta essere il supporto a soggetti alcolisti o tossicodipendenti. Infatti, sempre negli USA, a met degli anni novanta, questi programmi erano pi di 12000 e, nel 2005, il 66% delle maggiori industrie private avevano programmi EAP per droga e alcol. Tornando alla situazione italiana possiamo affermare che la normativa nazionale, malgrado i problemi organizzativi e legali, dovrebbe portare alcuni benefici tangibili ma modesti. Il pi immediato quello che costringer lavoratori, datori di lavoro e medici competenti a constatare lesistenza netta e fondamentale del problema anche se necessario sottolineare che, in Italia, fra le malattie professionali indennizate dallINAIL nel 2006, le patologie legate al consumo di alcolici e droghe sono praticamente inesistenti. In ogni caso rimane irrisolto il problema degli infortuni sul lavoro che gi da diversi anni affligge la nostra societ e che causa circa 1300 decessi allanno. Secondo alcuni studi a riguardo si stima che circa il 47% di questi infortuni dovuto al consumo di alcol e droghe nei luoghi di lavoro. In questa situazione si potrebbe ottenere molto di pi dalle indicazioni normative a patto che si parta da alcuni presupposti. Il presupposto principale la constatazione che la societ in cui viviamo votata alliperconsumo e al soddisfacimento immediato anche dei desideri pi banali. A tal proposito vi un dibattito in merito alluso di alcuni farmaci utili a migliorare per un certo periodo di tempo la memoria e la concentrazione in individui sani.

Alcuni sostengono che lutilizzo di questi farmaci possa trattarsi di una nuova forma di doping mentre altri lo ritengono addirittura conveniente per migliorare le prestazioni in ambito 126

Capitolo 4 lavorativo. Ci si trova quindi a dover contrastare il consumo di droga in modo meccanico in una realt che considera sempre pi lassunzione di sostanze stupefacenti unazione necessaria. Per concludere possiamo dire che le restrizioni e i controlli indicati dalla legge aprono nonostante tutto la via a due grandi opportunit: luso di una prevenzione mirata e la nascita dei gruppi di auto-mutuo aiuto. Per quanto riguarda la prima opportunit lambiente lavorativo italiano si trova in una situazione privilegiata in quanto dispone del D. Lgs. 626/94 che come principale obiettivo ha la prevenzione. Quindi uninformazione chiara e unadeguata presentazione di azioni e comportamenti alternativi un obiettivo difficile ma non impossibile. Per quanto riguarda la seconda, la diffusione dellapproccio paritario (persone che hanno problemi ne aiutano a loro volta altre scambiandosi consigli ed esperienze personali) e solidaristico potrebbero portare a dei risultati efficaci ma, soprattutto, ad un iniziale, esiguo ma importante sforzo per cambiare il comportamento attuale.

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Conclusioni

Il lavoro svolto ha voluto evidenziare innanzitutto la particolare situazione lavorativa del conducente di autobus dovuta principalmente al luogo in cui egli opera. A differenza di altri luoghi di lavoro come, ad esempio, loperaio che lavora in una fabbrica, il conducente di un mezzo di trasporto pubblico soggetto a rischi variabili dovuti essenzialmente alla mobilit che la catatteristica principale di questo tipo di lavoro. Lautista quindi soggetto al rischio di incidente che risulta essere quello che comporta il maggior numero di infortuni gravi ma anche i problemi legati alla postura di guida non devono essere sottovalutati. A tal proposito si notato che la stragrande maggioranza dei conducenti soggetta a problemi fisici soprattutto alla schiena e al collo che contribuiscono in maniera determinante agli alti tassi di assenteismo da lavoro per malattia e allabbandono dello stesso ad unet chiaramente inferiore rispetto agli altri lavoratori. Si successivamente passati ad analizzare due tipologie di rischio che, negli ultimi anni, stanno assumendo unimportanza sempre pi grande: lo stress da lavoro correlato e il consumo di alcolici e droghe. Lo stress stato sempre presente come patologia tra i lavoratori in generale ma, solamente da alcuni anni, viene riconosciuto a livello normativo come correlato al lavoro svolto. Grazie allintroduzione del Testo Unico si finalmente chiarito con lart.28 comma 1, che nella valutazione dei rischi bisogna appunto considerare tutti i rischi legati alla salute dei lavoratori compresi quelli relativi allo stress da lavoro correlato. Ci segna un notevole passo in avanti a livello legislativo visto che nelle precedenti norme tale rischio non era citato oppure, come nel caso dellart.4 del D.Lgs 626/94, non era espresso chiaramente. Per definire i rischi collegati allo stress lavorativo, il testo unico trae spunto direttamente dallAccordo Europeo sullo stress sul lavoro dell8 Ottobre 2004 siglato dalle 4 pi grandi organizzazioni europee dei lavoratori e degli imprenditori.

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Conclusioni

Laccordo ha il pregio di puntare su misure preventive e di definire lo stress come uno stato che si accompagna a malessere e disfunzioni fisiche, psicologiche e sociali e che deriva dal fatto che i lavoratori non si sentono in grado di superare i divari rispetto alle richieste o alle attese nei loro confronti. Lo stress, cos individuato, pu influire negativamente sulle condizioni di salute e provocare anche infortuni. In particolare per quanto riguarda il problema dello stress tra i conducenti di autobus si potuto constatare che lassenteismo per malattia di questa categoria di lavoratori decisamente pi alto se si confronta con altri gruppi lavorativi. Anche per quanto riguarda linvalidit, come gi affermato precedentemente, si potuto constatare che gli autisti abbandonano il loro lavoro ad unet inferiore rispetto ad altri gruppi professionali. Per quanto riguarda il consumo di sostanze stupefacenti e di bevande alcoliche il lavoro svolto ha potuto evidenziare leccessiva diffusione di tale problema sottolineando in particolare la correlazione esistente tra vita privata del lavoratore e attivit lavorative ma anche la sempre pi pressante necessit di ridurre il numero degli infortuni sul lavoro dovuti allassunzione di tali sostanze che, secondo alcune ricerche, pari al 47% di tutti gli infortuni avvenuti. Per concludere possiamo dire che le restrizioni e i controlli indicati dalla legge aprono nonostante tutto la via a due grandi opportunit: luso di una prevenzione mirata e la nascita dei gruppi di auto-mutuo aiuto. Per quanto riguarda la prima opportunit lambiente lavorativo italiano si trova in una situazione privilegiata in quanto dispone del D. Lgs. 81/08 e successive modifiche che ha accorpato tutta la normativa riguardante la sicurezza aggiornandola agli standard tecnologici attuali e definendo in maniera chiara le responsabilit dei vari soggetti interessati. Quindi uninformazione chiara e unadeguata presentazione di azioni e comportamenti alternativi un obiettivo difficile ma non impossibile.

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Conclusioni Per quanto riguarda la seconda, la diffusione dellapproccio paritario (persone che hanno problemi ne aiutano a loro volta altre scambiandosi consigli ed esperienze personali) e solidaristico potrebbero portare a dei risultati efficaci ma, soprattutto, ad un iniziale, esiguo ma importante sforzo per cambiare il comportamento attuale.

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